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Bit Focus #1 – Indiemaniaci

“Venghino signori, venghino”. Il sottoscritto vi dà il benvenuto alla prima puntata della sua nuova (e prima) rubrica dedicata a tutti coloro che hanno voglia di esprimere la propria idea sugli argomenti riguardanti tutta l’attualità videoludica che andrò, di puntata in puntata, a proporvi: benvenuti a Bit Focus!
Permettetemi un doverosa premessa per introdurre un po’ gli intenti della rubrica. L’idea di base è quella di avere un contatto diretto con gli utenti, scegliendo un argomento attuale e rompere il ghiaccio esprimendo le mie idee sulla questione durante tutto l’articolo (tentando, nel frattempo, di non annoiarvi, che, da solo, sarebbe comunque un ottimo risultato). Al termine dell’articolo, toccherà a voi! Potrete esprimere, infatti, senza remora alcuna, le vostre idee, sia tra i commenti del sito che nell’apposito post sul forum. In queste occasioni potrete appoggiarmi, confutarmi, insultarmi (no, magari questo no) e dare vita ad una discussione di cui l’articolo sarà solo lo spunto da cui partire.
Io, che come voi bazzico nella “giungla internettiana” ormai da anni ed ho imparato ad apprezzarla nei suoi pregi e, allo stesso tempo, riconoscerne i limiti, so perfettamente che dire la propria idea in rete è sempre un rischio: già so che non potrò mai essere d’accordo con tutti e nessuno potrà avere la stessa visione delle cose, ognuna di queste influenzate da troppe variabili. Nello scrivere questa rubrica, però, spero di avere risposte positive. Positive non in termini di visualizzazioni (con un pizzico di orgoglio posso dire che quelle non ci mancano di certo e la nostra fan-base non dipenderà di certo da questi articoli che di mese in mese andrò a pubblicare) ma in termini di qualità, con discussioni dai toni pacati e pacifiche, senza alimentare inutili flame, e, soprattutto, costruttive.
Permettetemi un’ultima cosa ancora e poi iniziamo, giuro. Ci tengo particolarmente a precisare che dietro lo scritto che state leggendo non si nasconde alcun guru dell’industria videoludica o chissà cos’altro ma semplicemente un videogiocatore appassionato proprio come voi e che, da circa due anni, magari avete imparato a conoscere tramite le sue news e recensioni per PlayStation Bit. Lungi da me, dunque, salire su un trono virtuale per insegnarvi qualcosa: la rubrica, come detto, si basa sulla discussione con voi utenti e come io posso, ipoteticamente, aprirvi “nuovi orizzonti” anche voi potreste tranquillamente farlo con me e con gli altri utenti che si uniranno alla discussione, non esistendo, nella maggior parte dei casi, una sola, unica e vera visione delle cose.
Dopo questa enorme premessa, forse, sarete già in pochi fedelissimi ad essere arrivati a leggere fin qui. Sinceramente? Peggio per chi se n’è andato. Vedrete, ci divertiremo. Il primo argomento da me scelto è uno a cui tengo molto, gli indie. Non starò qui, però, a fare il solito elogio dell’unica fonte di novità dell’industria moderna. Mio intento sarà, invece, trattare questo argomento in maniera differente e leggendo l’articolo capirete il perché. A questo punto: iniziamo!

Bit Focus

Dalle stalle alle stelle

Come sicuramente voi accaniti videogiocatori saprete, alcune delle più belle realtà nell’industria videoludica moderna sono sicuramente i titoli indipendenti o indie, se preferite. In un periodo in cui le richieste dei fan vengono sempre più disattese e snobbate dalle grandi software house, gli indie si sono imposti, negli anni, come vera e propria oasi di salvezza per chiunque sia alla ricerca di una ventata d’aria fresca, di idee originali e brillanti. Ciò che sorprende di più, però, è che la maggior parte di questi titoli vengono sviluppati dagli stessi fan di cui sopra che, con tanta passione ed un minimo di competenza in materia di programmazione, si cimentano, con uno staff composto da pochissimi membri, meglio se amici, nell’oscurità della loro stanza o del loro garage nella creazione della loro opera e, senza alcuna aspettativa, ritrovarsi nel giro di poco tempo ai vertici delle classifiche di vendita delle diverse piattaforme.

Primo argomento del nostro Focus: gli indie!
Primo argomento del nostro Focus: gli indie!

La “rivoluzione indie”, come alcuni l’hanno definita, prese piede anni fa quando un appassionato giapponese dipendente di ufficio mise online gratuitamente un certo Cave Story, un’avventura a scorrimento laterale che riprendeva lo stile dei giochi di un tempo. Il titolo risultò subito validissimo tanto da approdare, poi, in una versione deluxe a pagamento su Steam anni dopo. Ciò che sorprendeva di più, però, è che il gioco fu sviluppato in cinque anni durante le pause pranzo che il dipendente in questione aveva in ufficio. Da allora iniziò una vera e propria indie-mania, tanto che prima Valve e, recentemente, come saprete, anche PlayStation hanno dedicato intere sezioni dei propri store online a questo genere di giochi tra i quali si annoverano vere e proprie perle come Journey, The Unfinished Swan, Flower, Metrico (sviluppato, ricordiamo, da tre amici) e chissà quanti altri che in questo momento mi sfuggono.

Con la sua interessante trama e il suo stile retrò, Cave Story ebbe un successo tanto immediato quanto inaspettato!
Con la sua interessante trama e il suo stile retrò, Cave Story ebbe un successo tanto immediato quanto inaspettato!

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6 Commenti

  1. D’accordissimo con te, Gennaro, ma credo che non sia nemmeno questa la cosa peggiore. Vedi i ThatGameCompany: Journey (e non ricordo se anche Flower) vengono ricordati come titoli indie perchè la loro SH nasce come indipendente ma in realtà i due titoli appena citati furono finanziati in parte da Sony stessa (e tutti lo sanno). Almeno, però, in quel caso sono usciti due capolavori. Cosa peggiore, a parer mio, è quando, non solo lo sviluppo non è più di tipo indipendente, ma addirittura gli sviluppatori non sono in grado di gestire i soldi degli investitori facendo uscire comunque delle schifezze, spacciate comunque per indie quasi a giustificazione del tutto.

  2. Molto d’accordo con l’articolo. Questa mania dello spacciare l’indie come geniale a prescindere comunque non è “tipica” dei videogiochi. O almeno, non solo. Molto spesso, ad esempio, per quanto riguarda l’arte contemporanea, ad immani stronzate vengono dati mille significati, giusto per il piacere di darsi un tono “filosofico”. Può pure andare a farsi fottere, questa gente. Recensione di OlliOlli docet. XD

  3. Assolutamente d’accordo. Per carità ci sono indie che meritano, come il già citato Cave Story o Mad Father (con una trama veramente fatta bene), ma la moda degli indie sta iniziando a stancare.
    Sinceramente vedere un gioco con grafica scadente (perchè questo sono gli indie, giochi con una grafica più scadente del NES) e, senza niente attorno, venire nominato “capolavoro” solo perchè targato indie, mi fa veramente imbestialire.
    Sia chiaro, sono il primo a dire che la grafica non fa un gioco bello, però ormai sembra che la grafica a pixelloni che nemmeno Dig Dug sul NES aveva, sia marchio di bellezza e poesia (ma io l’arte non la capisco).

  4. Anche io sono completamente d’accordo con te. Ormai il mondo degl’indie manca di obbiettività… Ci sono indie validissimi, come Cave Story, Flower, Jorney ecc… ma non tutti sono poesie, non tutti possono essere definiti opere d’arte. Come nessuno si fa scrupoli nel criticare giochi tripla A se scadenti, così dovrebbe essere anche per il mondo indie… Si è vero che non hanno fondi, che la maggir parte delle volte si tratta di giovani alle prime armi, ma non per questo devono essere esenti da critiche. Un pizzico di oggettività in più potrebbe essere anzi motivo di crescita per tutti gli sviluppatori indipendenti 🙂

    • Quoto pienamente l’ultima frase: le critiche, se fondate, sono SEMPRE motivo di crescita anche, e soprattutto, per evitare un possibile futuro ristagnamento del mondo indie a livello di idee e innovazioni come avvenuto per i titoli tripla A

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