RubricheBit ChroniclesDarksiders: The Son of the God - Capitolo 1 - Bit Chronicles

Darksiders: The Son of the God – Capitolo 1 – Bit Chronicles

Salve a tutti voi, utenti e lettori di Playstation Bit! Dopo un breve prologo che ha introdotto a questa nuova storia (e che comunque linko qui sotto al logo della rubrica)  eccoci finalmente al primo capitolo vero e proprio della “seconda stagione” di Bit Chronicles, questa volta dedicata a Darksiders. Non mancherà di certo qualche speciale dedicato ad altre serie (come era stato “Operation Kingfish” di CoD Modern Warfare), perciò invito chiunque a restare sul Playstation Bit per non perdersi queste storie, oltre che, ovviamente, news, recensioni e quant’altro!

Prologo: http://www.playstationbit.com/primo-piano/bit-chronicles-anteprima-seconda-serie-prologo

1
La minaccia dagli Abissi

Il luogo in cui risiedeva l’Arso Consiglio ardeva più intensamente dello stesso Inferno. Nonostante si recasse lì da svariati Eoni, Morte non riusciva ancora a sopportare quel caldo tremendo. Le fiamme che divampavano dalle fessure nella roccia e dal cuore stesso di quel mondo non emanavano un semplice calore, ma qualcosa di più; riuscivano a bruciare in profondità l’anima di chiunque mettesse piede su quel terreno. Ed eccole lì, le rocce, i volti, o qualunque cosa fossero esattamente; che fosse in realtà una sola entità non era da escludere, ma ciò non interessava al Cavaliere, che desiderava soltanto di andarsene da quell’enorme fornace.
Quando la voce del volto di pietra parlò a Morte, dalla fessura posta all’altezza della bocca sprizzarono scintille incandescenti, mentre le cavità oculari, poco più sopra, emettevano fumate rosse. -Eccoti qui, Morte- disse ella, a nome dell’Arso Consiglio, la voce talmente profonda che al Cavaliere sembrò provenire da un punto totalmente indefinito. -Devi svolgere un incarico per noi… e in fretta- aggiunse il volto di pietra.
-Ditemi soltanto cosa devo fare- rispose Morte lanciando un’occhiata all’altro interlocutore attraverso la sua maschera d’osso. Il suo corvo, Polvere, stava poggiato sui suoi spallacci e continuava a gracchiare e a sbattere le ali per via del caldo. Il Cavaliere spostò lo sguardo, torvo, sul pennuto, lasciandogli intendere che non avrebbe esitato a farlo star zitto con le cattive. In quel momento Morte si chiedeva perché l’Arso Consiglio avesse chiamato soltanto lui: sapeva che Furia era in viaggio, ma perché Conflitto e Guerra non erano lì insieme a lui?
-Dovrai recarti alla Città Bianca- spiegò il volto di pietra sulla sinistra, con una voce differente dalla prima ma altrettanto profonda e spaventosa.
-Cosa?- il tono di Morte faceva intendere le sue preoccupazioni; seppure il ruolo dei Cavalieri fosse quello di mantenere l’Equilibrio, non erano affatto ben visti all’interno delle mura della Città Bianca; agli Angeli piaceva crogiolarsi nelle loro felici convinzioni, e l’arrivo di un Cavaliere dell’Apocalisse non poteva, giustamente, significare nulla di buono.
-Ci è giunta voce che Azrael vuole vederti- continuò la voce.
Azrael? Perché mai l’Angelo della Morte voleva incontrare Morte? Perché, poi, proprio lui tra i quattro? Il Cavaliere non rispose, non aveva bisogno di sapere altro, e si rimise in marcia. Nessun’altra parola fu pronunciata.

Dopo aver tagliato a metà il piccolo demone che aveva davanti, Guerra fece roteare Divoracaos, piantando la lama nel cranio dell’altro demone. Con quello, i cadaveri erano sei.
Il Cavaliere dell’Apocalisse rinfoderò la fidata arma assetata di distruzione e riprese lentamente a camminare. Si trovava in un paesaggio infernale, sotto un cielo rosso scuro e in mezzo a costruzioni a dir poco da brividi. Tutto era in metallo, e ogni cosa era appuntita; persino l’orizzonte sembrava una linea a zig-zag. Quel luogo pullulava di piccoli demoni, che stupidamente continuavano ad attaccare il Cavaliere.
Guerra non era lì per uccidere demoni: una donna di nome Nalya lo aveva espressamente invitato a recarsi lì, nel mondo in cui lei, evidentemente, abitava. Se la cosa vi suona strana, è normale; inizialmente a Guerra era sembrata quasi un’umana. Ovviamente era impossibile che un umano si trovasse in un mondo che non fosse la Terra, e i due si erano incontrati da tutt’altra parte. Il compito del Cavaliere era quello di distruggere una legione di costrutti impazziti che minacciavano una piccola colonia del Paradiso. Proteggere degli insulsi angeli non era di certo ciò che lo spadaccino preferiva fare, ma era pur sempre ordine dell’Arso Consiglio.
In effetti, Guerra non aveva ben capito cosa ci facesse quella Nalya in un territorio del Paradiso. Abitando all’Inferno, lei, non poteva che essere un demone. Il Cavaliere iniziò a credere di essere stato vittima di qualche sorta di incantesimo: ciò che stava facendo aveva ben poco senso: non era interessato nell’aiutare i demoni.
Eppure eccolo lì, di fronte a una piccola struttura in metallo (come tutto il resto, d’altronde) a bussare col pugno su una piccola porta nera. Passarono pochi secondi, quindi la seducente figura del demone dalle parvenze di donna umana (più o meno) aprì al Cavaliere. Era appena più alta di lui (non che ci volesse tanto ad essere più alti di Guerra) e indossava un lungo abito grigio. Era snella, dalla pelle di un colore chiaro e con lunghi capelli castani che scendevano intrecciandosi lungo quasi tutta la schiena. Indossava anche un particolare guanto nero con alcune piccole gemme incastonate, ma soltanto alla mano destra; Guerra lo trovò alquanto curioso.
-Cavaliere!- lo accolse la donna-demone. -Sapevo che sareste venuto.
Guerra grugnì con poca convinzione, quindi mosse alcuni passi all’interno dell’abitazione. L’interno era sicuramente molto meglio dell’esterno: il locale era tutt’altro che spoglio, completamente differente da come l’ospite se l’era immaginato.
-Vi ho chiesto di venire per parlarvi di una questione importante, mi serve il vostro aiuto!
-Il mio aiuto?- chiese Guerra, scrutando Nalya nei suoi grandi occhi verdi.
-L’aiuto dei quattro Cavalieri- precisò la donna.
Guerrà non poté trattenersi dal ridere. -Che la fortuna ci aiuti se mai arriverà tale disgrazia da dover riunire i quattro Cavalieri per sventarla!
-Non prendetemi in giro, vi prego- era alquanto bizzarro che quel demone desse del “voi” a Guerra. Di solito, quando andava all’Inferno, si aspettava di sentirsi chiamare “schifoso verme”, o di sentire direttamente gli artigli nella pelle. Anzi, nell’armatura.
-Allora dimmi cosa c’è- rispose Guerra. -e dammi pure del “tu”.
-Oh, grazie- Nalya accennò un inchino. -Il fatto è che c’è un’armata di demoni pronta ad attaccare gli Angeli! Loro vogliono la guerra!
Di nuovo, il Cavaliere prese la cosa molto alla leggera. -Non è raro che ciò accada.
-Ma sto parlando di un esercito molto potente. C’è un demone che ha ottenuto un potere spropositato, ed ora ha intenzione di usarlo contro il Paradiso.
-La Città Bianca è molto ben difesa… fidati. Esperienza personale.
-Questo demone non è stupido, non attaccherà la Città Bianca. Ha una strategia!
-Inoltre, un esercito di demoni non passerà di certo inosservato- Guerra stava a malapena ascoltando Nalya mentre questa continuava a parlare, finché non disse qualcosa che catturò davvero l’attenzione del Cavaliere.
-Si è impossessato della Pietra Nera!
Guerra si voltò verso di lei. -Stai parlando di Samael?- domandò, tornando subito serio.
-Samael non è riuscito a difendersi. Ha potuto soltanto ritirarsi.
Il Cavaliere dell’Apocalisse non poteva credere a quelle parole. Inizialmente ebbe la certezza che quella donna stesse mentendo; ciò che affermava era impossibile: nessun demone poteva spodestare Samael dalla Pietra Nera. Guerra dubitava persino che alcun demone potesse penetrare, da solo, in quella fortezza infernale. Ma se tali parole erano vere, allora forse il suo viaggio non era stato inutile.
Come poteva verificare?

In groppa a Disperazione, Morte non impiegò più di qualche ora per giungere ai confini della Città Bianca, dal punto in cui era giunto tramite il portale. Polvere, quel dannato corvo, era da qualche parte nel cielo sopra di lui, stanco come al solito di dover aspettare il suo padrone. Morte avrebbe tanto voluto fargli entrare in quella piccola testa che Disperazione non poteva superare gli ostacoli semplicemente volando, come invece faceva quello sfacciato corvo. In compenso, però, Disperazione poteva tornare tutt’uno col terreno. Il destriero di Morte era completamente magro: le ossa si vedevano senza problemi attraverso il poco di pelle che c’era, e questa era spesso coperta di graffi e cicatrici. La criniera e la coda di Disperazione brillavano di un verde inquietante, proprio come la scia che il cavallo si lasciava alle spalle.
Morte era sicuramente molto più legato a Disperazione che a Polvere, anche se doveva ammettere, almeno a se stesso, che con il tempo si stava quasi affezionando a quel corvo.
Arrivato di fronte all’enorme cancello dorato, il Cavaliere saltò giù dal suo destriero, che scomparve poco più avanti tornando nel terreno, e attese. Due angeli erano di guardia al cancello; indossavano armature pesanti, bianche e dorate, e impugnavano lance altrettanto pregiate. Entrambe si avvicinarono a Morte e fecero per interrogarlo, ma il cancello della Città Bianca si aprì alle loro spalle.
Morte non conosceva così bene gli angeli, ma se Azrael si era scomodato ad arrivare fino alle mura, doveva davvero trattarsi di una cosa importante.

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