RubricheBit ChroniclesKillzone Redemption - Capitolo 1 - Bit Chronicles

Killzone Redemption – Capitolo 1 – Bit Chronicles

Sono ancora io, il vostro Editor-in-Chief di fiducia, che si permette di fare una piccola invasione nella rubrica del nostro Francesco Audino. Questa volta non voglio perdermi nelle solite frasi di rito: voglio solo rinnovare i miei complimenti a Pietro Cardaci, nel forum Pe7er, che ha creato il (fighissimo) logo che vedete qui sotto, proprio in onore di questo appuntamento settimanale, che cade il martedì. Benvenuti nella seconda puntata di Killzone Redemption, in esclusiva su Bit Chronicles!

D. C.

1

Movimenti a Tharsis

Il padre di Zoran si sbatté la porta alle spalle. Ancora una volta era tornato ubriaco. Era persino più tardi del solito, tra l’altro. La moglie non lo guardò neanche, mentre continuava a sbrigare le sue faccende. L’uomo barcollò accanto al ragazzo, appena diciottenne, e si diresse nella sua camera da letto. In quella baracca che loro chiamavano “casa” c’erano soltanto quattro misere stanze. Vivevano lì in quattro: il ragazzo, suo padre, sua madre e la sua sorellina, Kara, che in quel momento dormiva profondamente.
-Esco- si limitò a dire Zoran alla madre, che neanche gli rispose, prendendo la sua maschera e mettendosela sul volto, coprendosi i lunghi e sporchi capelli neri che facevano risaltare il verde acceso dei suoi occhi. Aspirò aria un paio di volte, poi uscì dalla baracca di metallo.
Doveva uscire di lì. Non poteva sopportare quella vita, quella famiglia, quella… casa. Il padre del ragazzo voleva mandarlo a tutti i costi all’Accademia militare, a Salamun. Ma lui non voleva. Però sapeva che il giorno seguente si sarebbe comunque diretto lì, poiché non aveva altra scelta. Perché non era nato su Vekta? Perché non era un Vektan come molti altri? Gli sarebbe bastato anche essere un terrestre, in fondo. Ma no, lui era nato su Helghan, il pianeta ormai più povero tra le colonie della Terra.
In realtà non era affatto povero, ma si era trasformato in un enorme accampamento militare. Tutto ciò che non riguardava la guerra, veniva trascurato. Anche le persone.
Zoran camminò qualche minuto fino a raggiungere il deposito. Era vicino a Tharsis. Andava spesso lì: era un luogo abbandonato, perciò tranquillo, soprattutto di notte. Ogni tanto incappava in qualche guardia, ma al massimo veniva rimproverato. Scavalcò un recinto e si addentrò nel deposito. Ad un tratto udì dei rumori in avvicinamento. Rumori forti, fin troppo. Dopo appena qualche secondo, una sentinella sfrecciò sopra di lui.
No, aspetta. Quello era un ATAC. Cosa diavolo ci faceva lì, uno di quelli?
Poi udì dei passi. Qualcuno si avvicinava a lui, lentamente. Scorse una scorta di Helghast. Al centro c’era una figura che chiunque avrebbe riconosciuto: Mael Radec, con la sua vistosa uniforme da colonnello. Gli Helghast gli passarono davanti senza accorgersi di lui. Il ragazzo era ben nascosto nell’ombra. Ma, proprio quando il pericolo sembrava svanito, l’ATAC “ringhiò” e si portò sopra di lui con un movimento velocissimo. Puntò i mitra contro il ragazzo e lo illuminò con i suoi LED rossi, che avevano tutta l’aria di essere quattro piccoli occhi. Gli Helghast si fermarono e tornarono verso l’ATAC. Scorsero il ragazzo e puntarono gli StA-52.
Radec si fece avanti, tirando via Zoran per il braccio.
-Cosa ci fai qui, ragazzo?- gli chiese, senza mollare la presa, con la sua voce quasi inquietante.
-Facevo solo un giro- fu la risposta.
-Come ti chiami?
-Zoran.
-Non farti più vedere da queste parti. Piuttosto, se cerchi il pericolo, arruolati. Un soldato in più non fa mai male. Le nostre truppe necessitano di rinforzi- nel frattempo l’ATAC era andato a volare da un’altra parte. Radec si voltò e se ne andò. Gli altri Helghast lo seguirono.
Cosa ci faceva lì il colonnello Radec?
Zoran fece per andarsene, ma incappò in un altro individuo. Però, era una notte movimentata. Di fronte a lui, completamente nascosto nell’ombra, c’era qualcuno appoggiato contro la parete. Perdeva sangue ed emetteva deboli gemiti.
-Serve aiuto?- chiese il ragazzo, avvicinandosi all’individuo ferito. Ma quando fu abbastanza vicino da poterlo vedere chiaramente si accorse che si trattava di un soldato ISA.
L’Interplanetary Strategic Alliance a Tharsis?
-Ugh… ti prego, aiutami… Non… non ho ucciso nessuno. Ho dei figli, su Vekta… Sono qui solo in ricognizione, per un fottutissimo ordine!- sputacchiò del sangue. Respirava a fatica. Era comprensibile, per un Vektan. Loro non erano abituati a respirare l’aria di Helghan. In verità neanche gli Hig lo erano: per questo indossavano tutti le maschere.
Zoran lo guardò negli occhi, oltre la visiera trasparente del suo elmo celeste. Soffriva. Era pur sempre un essere umano, come lui. Si protese per prenderlo, ma un attimo dopo il colonnello Radec esplose un colpo con la sua Revolver M4, centrando l’ISA in piena testa. Il corpo del soldato cadde di fronte a Zoran. Il colonnello si fermò accanto a lui, guardando il cadavere col buco in testa.
-Sbaglio o ti avevo detto di andartene? Muoviti!
Non se lo fece ripetere due volte. Corse via e scavalcò nuovamente il recinto, uscendo dal deposito. Decise di tornare a casa e cercare di dormire. L’indomani avrebbe dovuto intraprendere il viaggio verso Salamun. Per quella dannata Accademia. Se non altro, un lato positivo c’era: avrebbe lasciato quella baracca una volta per tutte.

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