RubricheBit ChroniclesKillzone Redemption - Capitolo 11 - Bit Chronicles

Killzone Redemption – Capitolo 11 – Bit Chronicles

Salve, ragazzi del Bit! Colgo l’occasione per augurare a tutti un buon anno (sono un po’ in ritardo, lo so) e spero che questo 2013 sarà pieno di novità per il Bit e anche per tutti voi! Parlando un po’ della rubrica, ora, Killzone Redemption sta andando avanti (dire che si stia avvicinando alla fine è un po’ azzardato, ma comunque non durerà ancora tantissimo), perciò sono ben accetti tutti i consigli su cosa scrivere dopo! Su quali giochi vorreste che si basino le prossime storie! Un po’ di voi me l’hanno già fatto sapere, ma se c’è qualcun altro che vuole dire la sua, mi contatti tranquillamente! 😀

Buona lettura!

Capitolo precedente: http://www.playstationbit.com/primo-piano/killzone-redemption-capitolo-10-bit-chronicles

11
Una giornata decisamente fuori dal comune

Dopo essersi stretto la fascia improvvisata attorno alla gamba, Zoran riprese a camminare, seppur zoppicando, con una sola chiara intenzione. In mano aveva soltanto una StA-18 con pochi colpi, ma gli sarebbe bastata. Svoltò un angolo e si trovò faccia a faccia con un soldato dell’HSA. Questo fece per colpirlo con un pugno, ma il giovane Helghast scansò l’attacco con una mano, mentre con l’altra estraeva il coltello. Pochi rapidi movimenti, poi l’HSA si accasciò a terra grondando sangue dal collo. Zoran ripose la StA-18 e si abbassò, con fatica, a raccogliere l’arma che quel soldato morto portava sulla schiena. Un lanciagranate M327. Zoran sorrise tra sé; gli sarebbe servito più in là.

-Non vuoi parlare, eh?- fece il capitano dell’HSA, continuando a girare intorno all’Hig dal mantello nero e alla sedia alla quale era legato. Manny osservava la scena divertita, camminando a sua volta, mentre Sam e Kab erano come fantasmi.
-Questa è l’ultima occasione. Poi dovrò passare alla violenza.
Ancora nessuna risposta. L’Hig era completamente immobile e teneva il capo chino, gli occhi rossi coperti dal cappuccio.
-Bene. Vediamo chi si nasconde sotto a questo cappuccio nero- allungò la mano ed afferrò il bordo del cappuccio dell’Hig, ma in quello stesso istante Zoran si fiondò nella stanza, calciando la porta.
Loro erano quattro, e lui era uno e ferito. Ma in quel momento era l’unico a tenere un’arma (la StA-18) tra le mani. I tre membri della squadra HSA alzarono le mani, mentre il capitano mantenne la calma.
-Arrivi giusto in tempo, stavo per smascherare il tuo amico- si portò alle spalle dell’Hig, cosicché se Zoran avesse sparato, avrebbe probabilmente colpito il compagno anziché il capitano.
La mano sporca e coperta di graffi dell’uomo afferrò di nuovo il cappuccio e lo tirò via. L’ultima cosa che si aspettava era che lunghe ciocche di capelli biondi gli ricadessero di fronte. Dall’altra parte della stanza, Zoran rimase senza parole. Nonostante avesse ancora la maschera a coprirle metà del volto, quella era chiaramente una ragazza.

Negli istanti successivi accadde tutto talmente in fretta che Zoran riuscì a malapena a capire la situazione. La ragazza si era data una spinta con i piedi, facendo cadere la sedia (e se stessa) addosso al capitano dell’HSA. Un sigaro era volato via da un angolo buio della stanza e ora la figura correva verso il fucile da cecchino appoggiato al muro. Dall’altra parte, l’uomo di colore tirava su la mitragliatrice leggera e la ragazzina (la stessa che gli aveva procurato tutte quelle ferite poco prima) correva verso uno StA-11 appoggiato su una sorta di scrivania. Zoran fu più veloce di tutti loro; puntò e sparò. Ferì il mitragliere alla spalla, che si accasciò e si lasciò cadere la pesantissima arma dalle mani, poi sparò allo StA-11, molto più vicino a lui che a Manny, e l’arma schizzò via rotolando nell’aria. Il cecchino non poteva fare molto, da quella distanza, così gli corse incontro (sempre per quanto potessero permetterglielo le ferite). Nel frattempo, la ragazza Hig (al momento praticamente a testa in giù) sfilava il coltello dalla cintura del capitano dell’HSA. Lo ferì al braccio con questo, poi lo utilizzò per tagliare le corde che la tenevano legata e ricadde a terra. Zoran era giunto di fronte a Kab. Il VC-32 sparò, ma il proiettile calibro 50 andò a conficcarsi nella parete alle spalle di Zoran. Il ragazzo colpì il cecchino sul volto, ma questo contrattaccò immediatamente, facendo piegare l’Helghast con una ginocchiata nel petto. Poi strappò la pistola di mano al ragazzo e gliela puntò contro. Sparò, ma Zoran era ancora lì.
-Non soltanto i cecchini sono abituati a contare i colpi che sparano- disse il ragazzo mentre colpiva ripetutamente Kab allo stomaco con i suoi pugni. Poi si riprese la pistola scarica e la lanciò contro Sam, distraendolo quanto bastò per permettere alla sua compagna di sottrargli la sua arma da sotto il naso e puntargliela contro. L’uomo di colore alzò le mani e rimase in ginocchio, e mentre Kab cadeva al suolo stremato dai pugni di Zoran, quest’ ultimo afferrò Manny alle spalle e calciò via lo StA-11 che la ragazzina aveva quasi raggiunto.
Tutto si fermò, finché il capitano dall’HSA non riemerse da dietro la sedia con le mani alzate, una delle braccia coperta dal taglio infertogli dalla ragazza Hig. Aprì la bocca per dire qualcosa, più di una volta, ma non trovò nulla da dire. La ragazza dai lunghi capelli biondi puntò la mitragliatrice leggera verso di lui. A quel punto, l’uomo bendato si decise a parlare.
-Sappiate solo che uccidermi non fermerà il mio progetto- disse con voce roca, poi si esibì in un’insana risata.
Alcuni spari, poi l’uomo cadde a terra, in una pozza di sangue.
Kab si rialzò e camminò verso il centro della stanza, le mani alzate -ascoltatemi, voi due. Complimenti davvero per quanto siete riusciti a fare. Ma noi tre siamo solo dei mercenari, non c’entriamo niente con questa storia. Eravamo qui solo perché volevamo i nostri soldi.
Zoran lanciò uno sguardo alla compagna; lei annuì. Lasciarono stare i tre mercenari e si avvicinarono alla porta per andarsene dall’Accademia distrutta. La ragazza mise una mano sulla maniglia per aprirla, ma l’avvertimento di Sam la fermò.
-Fossi in te non lo farei- disse. -Sono sicuramente tutti là fuori con le armi puntate.
-Allora spostatevi dalla traiettoria- disse bruscamente Zoran, mettendo mano all’M327. Caricò la granata in canna, poi fece un cenno alla ragazza e lei aprì la porta.
Come previsto, una miriade di proiettili sfrecciarono all’interno della stanza, lungo una traiettoria sgombra. Non appena ci fu un attimo di pausa, Zoran si sporse col lanciagranate imbracciato e sparò. Senza perdersi in saluti o roba del genere, corse tra le fiamme dell’esplosione, seguito dalla sua compagna.

Erano fuori. Il mantello della ragazza bruciava, così se lo strappò dal collo e lo gettò a terra. Indossava un’armatura leggera da donna. I due rimasero lì fuori a fissarsi per interi minuti, poi lei si portò le mani dietro la nuca e si tolse la maschera. Zoran rimase subito colpito dal suo volto e dai suoi grandi occhi verdi. Dopo qualche altro momento di silenzio, decise che forse non era una scelta saggia rimanere lì a vita. Ma c’era comunque qualcosa che dovevano dirsi, prima di andare.
-Almeno vuoi dirmelo come devo chiamarti?- domandò il ragazzo, questa volta quasi imbarazzato.
Lei allungò la mano guantata verso di lui e gli sorrise. -Sono Sarah- disse, e sentire la sua voce colpì Zoran quasi più che vedere il suo aspetto. Le strinse la mano continuando a fissarla negli occhi.
-Io direi di muoverci- aggiunse lei dopo qualche secondo, visto che il ragazzo sembrava essersi dimenticato di essere in territorio ostile.

Jatran, Dorx e Vaqen fecero ritorno alla sede della Stahl Arms. La missione era andata, tutto sommato, a buon fine. Radec aveva i codici e Jan Templar era morto, ma come ultimo atto della sua vita aveva condannato centinaia di Helghast. Tra l’altro, uno di quei figli di puttana aveva abbattuto qualche decina di navi Hig dalla sua postazione anti-aerea. Ma l’importante erano i codici. Ora Red Dust poteva esplodere. In realtà, non era una cosa tanto felice, per gli Helghast, sapere che una carica nucleare sarebbe potuta esplodere sulla loro capitale in qualsiasi momento, per ordine del loro stesso Autarca. Pyrrhus era condannata, in ogni caso.
Ad ogni modo, ben presto ogni membro del Team Echo tornò ai propri piccoli problemi, primo tra tutti il dannatissimo freddo che caratterizzava perennemente quella zona innevata di Helghan. Il giorno seguente ricominciarono anche gli addestramenti, ma tutti e tre continuavano a chiedersi dove fosse andato a finire Zoran.
Jatran sperò solo che non fosse tornato a Tharsis, magari per vendicarsi degli ISA che avevano ucciso la sua famiglia.

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