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Killzone Redemption – Capitolo 6 – Bit Chronicles

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6
Il villaggio di Suljeva

Suljeva, una sorta di villaggio nel deserto. Era andato in rovina ormai da molto, ma, secondo alcuni ricognitori Helghast, una squadra ISA era giunta sul posto per cercare qualcosa. Qualcosa che, effettivamente, avrebbero trovato. Perciò Radec li aveva mandati lì: per intercettare ed eliminare la squadra ISA.
Le terre desolate di Helghan non erano un posto molto ospitale per chi non le conosceva. Tra l’altro erano piene di enormi, viscidi insetti, e ultimamente alcuni di questi erano stati irradiati dalla Petrusite. Ma ciò non sarebbe bastato, di certo, a fermare una squadra di fottutissimi ISA.
Come ci era finita la Petrusite lì? Semplice, era proprio da lì che l’avevano estratta. Era proprio per quello che avevano praticamente distrutto il villaggio Suljeva. Era un luogo troppo importante per permettere a tanta gente di abitarci. Ed era anche pericoloso, ma quello passava in secondo piano.
Inizialmente la Petrusite era soltanto un’ottima forma d’energia, ma ultimamente veniva utilizzata anche a scopi militari, sia nella Stahl Arms che nella Visari Corporation.
Quelle lande erano state la riserva d’energia di mezzo universo.

Mentre loro arrivavano dalla lontana sede della Stahl Arms, una seconda squadra, più numerosa ma molto meno addestrata, di Hig iniziò il loro lavoro. Non appena furono sul posto, i quattro soldati della squadra Echo saltarono giù dal loro Incursore e fecero fuoco di soppressione: la battaglia già infuriava. Alcuni Hig erano già caduti, ed altri morirono sotto i loro occhi. I nuovi arrivati erano lontani, e il loro fuoco di soppressione servì a ben poco. Jatran li stoppò con un cenno della mano, poi fece loro cenno di seguirli in un’altra direzione, per aggirare gli ISA.

Quando tornarono sul luogo in cui era avvenuto lo scontro, trovarono soltanto i cadaveri dei loro compagni. Quei soldati ISA erano pochi, tre o quattro, ma nessuno di loro era morto. Per ora. Trovarono anche il loro mezzo, con alcuni M82 agganciati ai lati, ma decisero di proseguire alle spalle dei loro nemici.
Camminavano sulla sabbia, in mezzo ai numerosi resti degli edifici che una volta componevano il villaggio. Sabbia e ferro erano le uniche cose che videro. Nonostante l’ambiente, non faceva poi così tanto caldo. Era notte, dopotutto. Le strutture di ferro erano completamente demolite, ma qualche piccolissimo edificio stava ancora in piedi. Tra corde, contenitori e scale metalliche, finalmente i quattro Hig individuarono i loro nemici, intenti ad entrare in una sorta di cabina di controllo dell’energia.
-Entriamo?- chiese Zoran, lo StA-52 saldo tra le mani.
-No- si limitò a dire Jatran in un primo momento, poi fece un cenno a Dorx.
Il cecchino si mise una mano sull’orecchio (sul cappuccio, in realtà) e comunicò col Comando. Infine fece un cenno d’assenso rivolto all’Infiltratore.
-Spegnete i vostri Hud e smontate i mirini laser- ordinò il Comando, ora sentito da tutti. -EMP in arrivo- chiuse la conversazione.
I soldati obbedirono. Spenti i loro elmi (e i loro occhi rossi), erano figure completamente nere nella notte. Zoran guardò gli altri uno per uno. Dorx era ancora più inquietante senza i tre led rossi al centro del suo volto oscurato dal cappuccio.
-Ok, non avremo l’invisibilità, le torrette o altri vantaggi di cui ci serviamo di solito. Ma quando lì dentro si spegneranno le luci, il nostro unico vantaggio basterà a farci completare la missione. Intesi?- domandò Jatran.
Gli altri annuirono, poi s’incamminarono verso la porta, chiusa poco prima dall’ultimo degli ISA.
Improvvisamente, Vaqen imprecò. Un altro soldato ISA era sbucato da dietro l’angolo, e aveva prontamente puntato il fucile e sparato contro di lui. Dorx lo afferrò dal fianco e lo sbatté contro il muro, dopodiché lo infilzò ripetutamente con il suo coltello da combattimento, imbrattando qualsiasi cosa del sangue di quel soldato.
Dall’interno si udirono dei rumori. Gli altri ISA avevano sentito gli spari del compagno e si erano allarmati. Mentre Dorx si metteva accanto alla porta, pronto a fare irruzione, Jatran si accasciò su Vaqen.
-Tutto bene?- chiese, a bassa voce.
Un rumore quasi assordante, che durò per appena un attimo, poi tutto si spense. Gli ISA all’interno della struttura erano rimasti completamente al buio. Nel frattempo, Vaqen si rialzò.
-Sì, tutto ok- rispose, imbracciando di nuovo il suo LS-13, anche se la ferita sanguinante sul suo petto diceva il contrario. Si mise dall’altro lato della porta, poi, mentre Jatran mirava verso di essa e Zoran copriva loro le spalle, lui e Dorx la aprirono con un calcio.
Lì dentro era tutto completamente buio. Ciò che accadde dopo fu completamente inaspettato. ISA ed Helghast iniziarono a sparare nello strettissimo corridoio, dopodiché i due nemici indietreggiarono e la battaglia si spostò nella piccola stanza. Gli ISA erano quattro, come loro. Erano decisamente troppi, per stare lì dentro. I proiettili rimbalzavano dappertutto, Zoran si sentì colpire più di una volta. Avvertì un forte dolore alla testa, poi più nulla.

Riaprì gli occhi e vide Jatran sopra di lui. Niente occhi rossi, doveva essere passato appena qualche minuto dalla battaglia. L’EMP era ancora attivo. Sentì delle urla, e parecchi colpi. Non di arma da fuoco, ma di pugni e coltellate. Si rimise in piedi, a fatica, e guardò cosa stava accadendo. L’ISA che Dorx aveva ucciso fuori era stato trascinato di peso all’interno ed impiccato su una trave di ferro. Gli altri quattro erano accasciati, due contro un muro, uno accanto all’impiccato ed uno su una sedia. Ormai erano tutti morti.
L’odore di sangue era fortissimo.
Dopo aver terminato la tortura, Dorx si precipitò di corsa fuori dall’edificio. Anche Vaqen doveva essere fuori.
-Zoran, sei messo male. Stai qui a controllare la situazione, io vado con gli altri, il capitano di questa squadra ISA sta fuggendo, e può servirci vivo- disse, in fretta. Arrivò sulla soglia dell’altra porta, poi si voltò ancora verso di lui. -Stai attento, se arrivano dei nemici contattaci e fuggi. Non farti ammazzare.
Zoran avrebbe voluto rispondergli, ma solo poi si rese conto che era davvero messo molto male. Aveva due ferite sul petto, una sulla spalla. Un proiettile l’aveva preso di striscio su una gamba e.. ed era senza elmo. Per fortuna lì dentro poteva respirare abbastanza bene. La testa gli faceva ancora male. Il suo elmo era saltato, colpito da quel cazzo di proiettile.
Guardò i cinque soldati morti. Nonostante in quel momento li maledicesse, già sapeva benissimo che si sarebbe rimproverato a vita per quello che aveva contribuito a fare. Non se lo meritavano.
Improvvisamente la porta alle sue spalle si aprì. Zoran si voltò di scatto, la Revolver M4 puntata, e la figura che ora era di fronte a lui fece lo stesso.
Non era un ISA, né aveva gli occhi rossi. Ma doveva essere un Hig come lui; dopotutto l’EMP era ancora attivo. Solo dopo lo riconobbe: era l’Helghast dal mantello nero, quello che li aveva salvati e coperti a Visari Square.
Il ragazzo dai lunghi e malmessi capelli abbassò l’arma, sperando che l’altro avrebbe fatto lo stesso.
E così fece.
Zoran tirò un sospiro di sollievo.
-Sono felice che tu sia vivo.. non ti ho ancora ringraziato a dovere- disse, continuando a guardare la sagoma nera e immobile che aveva davanti. Ma non arrivò nessuna risposta. -Cosa c’è? Sei.. muto?- aggiunse, dopo qualche secondo di totale silenzio.
L’Hig davanti a lui fece cenno di no con la testa. Perciò non voleva parlare con lui, era quello che stava dicendo? O forse era sordo e stava cercando di farglielo capire?
Ma a cosa diavolo pensava? Si portò una mano sulla testa, ancora dolorante. In quel momento l’Helghast col mantello riprese a camminare. Esaminò i cadaveri degli ISA, poi guardò ancora Zoran.
Il giovane tattico ipotizzò che quel salvatore avesse più o meno la sua età. Non aveva un gran fisico, almeno in relazione alla sua altezza. Dopotutto era agile e scattante, un po’ come lui, al contrario, per esempio, di Vaqen.
Zoran aprì bocca per parlare di nuovo, ma il tipo misterioso gli fu subito addosso, a coprirgli una bocca con la mano. Si portò l’indice di fronte al volto, per dirgli di fare silenzio, poi uscì con cautela dalla porta sul retro.
Zoran lo seguì. Cosa c’era che non andava? Altri ISA, ovviamente. Non erano previsti. L’Hig col mantello nero gli fece un cenno, poi scattò nella direzione opposta a quella da cui era arrivato il Team Echo. Zoran continuò a stargli dietro, e si rese conto che, dopotutto, stava eseguendo esattamente gli ordini di Jatran. Troppi ISA per loro due da soli, così stavano fuggendo. Ma i loro passi stonarono nell’innaturale silenzio di quella notte, così gli ISA si accorsero quasi immediatamente di loro e li inseguirono. Zoran imprecò, mentre arrivavano ad un buon riparo.
-Ti vuoi decidere a parlare?!- chiese, quasi irritato. -Senza comunicazione siamo fottuti!
L’altro sembrò pensarci un po’ su, poi, infine, scosse la testa varie volte. No, non voleva parlare.

 

 

 

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