RubricheBit ChroniclesKillzone Redemption - Capitolo 8 - Bit Chronicles

Killzone Redemption – Capitolo 8 – Bit Chronicles

Bentornati! Scusate il capitolo un po’ più corto, ma in compenso ho qualcosa da dire. Questa storia dovrebbe avviarsi verso la conclusione verso il quindicesimo capitolo (o giù di lì), perciò volevo chiedere, questa volta, a voi su cosa vorreste che scrivessi la prossima piccola serie (per questo aprirò un topic nel forum). Comunque, vedremo sicuramente nei prossimi giorni. Buona lettura!

Capitolo precedente: http://www.playstationbit.com/primo-piano/killzone-redemption-capitolo-7-bit-chronicles

8
L’ultimo giorno

Sbatté con forza il pugno sul tavolo, digrignando i denti. Il suo occhio sinistro lanciava sguardi maligni, che avrebbero fatto rabbrividire il peggiore dei mercenari; il destro, invece, era coperto da una benda nera. Aveva capelli dello stesso colore, lisci e unti che gli ricadevano a ciocche ben distinte sulla fronte. Afferrò di nuovo il coltello e sferzò l’aria debolmente, per cercare di sfogarsi.
-Come diavolo hanno fatto a non accorgersi che stavano combattendo i loro compatrioti?!- sbraitò, la voce roca ma più giovane di quanto ci si potesse aspettare.
Il soldato davanti a lui lucidava il suo VC-32. Portava un’uniforme HSA. -Non lo chieda a me, Capitano. A quanto pare qualcuno aveva attivato un EMP, e i nostri hanno scambiato quei due Hig per la squadra di ricognizione ISA che doveva trovarsi da quelle parti- spiegò, senza distogliere lo sguardo dal fucile e masticando le parole, esattamente come faceva col suo sigaro. Nonostante fosse un subordinato, sembrava più anziano dell’altro. -Suppongo, comunque, che gli ISA siano stati fatti fuori da quegli altri.
-Già, da quei due che hanno ucciso la nostra intera squadra- aggiunse un terzo individuo, ridacchiando. -Ora si è convinto, spero, che noi siamo i migliori. Noi siamo l’HSA.
Il capitano dell’organizzazione lo guardò torvo. In quel momento il soldato non scherzava più. -Dimostratemelo. Impedite agli ISA di raggiungere il Palazzo. Ma soprattutto, impedite agli Helghast di attaccare gli Incrociatori.
Il cecchino annuì, rivolgendo per la prima volta lo sguardo al suo capitano, il volto ancora diretto verso il VC-32, ormai perfettamente lucido.
-Siete capaci di fare tutto questo.. in tre?- domandò ancora l’uomo con la benda sull’occhio, il capitano dell’HSA, accennando un sorriso di scherno.
Dall’ombra uscì un’altra figura, una ragazza dai capelli a caschetto che reggeva uno StA-11 con una mano, appoggiandolo sulla spalla e puntandolo verso l’alto.
-Prepari le nostre ricompense- disse avidamente. -andiamo a fare fuori quei bastardi.. che siano fratelli o Vektan.

Zoran camminava nei corridoi della Stahl Arms. Lì dentro c’era praticamente solo vetro. Tranne i muri principali e le porte, tutto il resto era trasparente. Non c’erano finestre, ma la luce che proveniva da fuori attraversava comunque tutte le stanze, rimbalzando da una superficie trasparente all’altra. Su ogni sottile lastra c’era il simbolo che Stahl aveva affibbiato agli Helghast: una soltanto delle tre frecce che componevano la Triade.
Un soldato di guardia lo fermò con una mano.
-Dove credi di andare?- chiese, con un tono non molto simpatico.
-Sono della Echo, ho tutti i permessi per girare qui dentro- rispose prontamente il ragazzo, che non era affatto in vena di litigare. Ma non ebbe successo.
-Permessi o no, il tuo compito è addestrarti. O se gli ISA si presenteranno qui, dovrò prenderti a calci in culo.
-O potresti cercare la definizione di “buone maniere”.
Zoran pensò che l’altro si sarebbe arrabbiato sul serio e l’avrebbe colpito, ma la guardia si esibì in una sonora risata. Altri Helghast si avvicinarono a loro. La guardia si voltò per tornare a fare quel che doveva.
-Sì, ignorami, idiota!- esclamò Zoran. -Ma quando gli ISA saranno qui, perché sì, ci arriveranno, io non ti parerò il culo! Né a te, né ai tuoi fottuti colleghi.
La guardia si voltò di nuovo, e questa volta era chiaro che non fosse per ridere. Strinse la mano a pugno e fece per colpire il ragazzo, ma un’altra mano lo bloccò, dalla sua sinistra. Jatran aveva afferrato il braccio della guardia e ora lo spintonava via. Quando gli altri Helghast che si erano riuniti lì intorno capirono che non ci sarebbe stata alcuna rissa tornarono ai propri compiti, sbuffando.
Zoran provò a ringraziare il suo capo, ma questo lo afferrò per le spalle e lo diresse in un luogo isolato, per poi sbatterlo contro una parete.
-Ascoltami bene, ragazzo. Condivido i tuoi principi e soprattutto ti permetto di agire di conseguenza. Ma non tollererò altre scenate del genere- disse, severo.
-Ho afferrato. Scusa, è solo che..
-Non scusarti, non dovevi farlo e basta. Trattieni la tua rabbia per quando dovrai combattere davvero.

Radec era tornato, in un certo senso, sconfitto. Visari, tuttavia, non l’aveva presa troppo male. O almeno, finché non seppe che alcuni ISA avevano messo a ferro e fuoco (letteralmente) Tharsis. Dopo una animata conversazione con Stahl, il Colonnello Helghast si recò dal suo Autarca.
Poteva esserci qualcosa di positivo in tutto ciò? Doveva esserci. Anche una minuscola stupidaggine. O Visari non avrebbe tollerato altri errori.
Red Dust era pronta ad esplodere, mancavano solo i codici.
Niente. Però, si ricordò di quella notte, al deposito di Tharsis. Il ragazzo che aveva scovato quella notte.
Non era forse uno dei sopravvissuti, uno del Team Echo? Sorrise, tra sé. Il suo team era perfetto, o quasi. Quel ragazzo era dotato di grande abilità, ma non era motivato. E se avesse scoperto che la sua famiglia era morta per mano degli ISA che avevano assaltato Tharsis?
Era una storia irrilevante, in fondo, ma era sempre qualcosa in più da dire a Visari, perché alleviasse la rabbia dovuta agli ultimi fallimenti. Era ciò che poteva fare lui, in quel momento. Stahl avrebbe pensato al resto. L’Obelisco era pronto e a breve anche il MAWLR.
La morte della famiglia del ragazzo l’avrebbe motivato.
Anche se era soltanto una storia inventata da Radec.

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