La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra – Recensione

Sviluppatore: Monolith Productions Publisher: Warner Bros. Interactive Entertainment Piattaforma: PS4 Genere: Azione/Avventura Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 69,99 € Italiano:

Avevamo lasciato i nostri cari Talion e Celebrimbor in sospeso nel finale dell’Ombra di Mordor, ma dopo tre anni quasi esatti li ritroviamo nell’Ombra della Guerra. In un gioco che non mira a sistemare problemi e limare verso l’alto la qualità (anche perché da limare c’era ben poco), ma ad ampliare i contenuti aprendo nuovi orizzonti al videogiocatore.

Niente sarà dimenticato

Una delle critiche che avevamo mosso al precedente capitolo era stata non una trama scadente, bensì doti narrative piuttosto scarse. Badate bene, il genere open world deve necessariamente scendere a compromessi con un ritmo sincopato, poiché è a discrezione di chi gioca andare dritto per dritto con le missioni principali, oppure perdersi nelle millemila attività di contorno, così da vedere cutscene a ore e ore di distanza dalla precedente.

Certo è che margini di miglioramento c’erano, e i ragazzi di Monolith Productions devono essersene accorti, poiché nell’Ombra della Guerra è più piacevole seguire le vicende del ramingo di Gondor e dell’elfo che forgiò l’Anello. Giusto per mettere chiarezza: le vicende a cui assisteremo si pongono a metà strada tra Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien. Vestiremo i panni di Talion, ramingo sfuggito alla morte e unito all’elfo Celebrimbor da un comune destino, quello di essere stato ucciso insieme ai propri cari. All’inizio dell’Ombra della Guerra vedremo il dinamico duo (che è poi, nella maggior parte dei casi, un solo ente) provare a formare una copia dell’Anello per sconfiggere Sauron, ma qualcosa andrà storto, così i due vivono una sorta di reset, dal momento che vengono scissi e sono chiamati a scendere a patti con il ragno Shelob, sotto forma di seducente donna, interessato al prezioso oggetto. Dopo poco le cose si rimetteranno sui binari a cui eravamo abituati, e partirà qui la nostra impresa, ossia sconfiggere il signore oscuro passando per gli striscianti e quasi incorporei Nazgûl fino al ben più massiccio, e iconico, Balrog.

Come detto, le peripezie, se non più interessanti, risultano certamente meglio collegate tra loro che in passato, anche se le vette rappresentate da un qualsiasi buon titolo che vanti una struttura più lineare sono distanti – forse inarrivabili. Nessun comprimario o antagonista, fatte le dovute eccezioni e per quanto questi siano presenti in discreto numero e suggeriti da un’altra opera di Tolkien nota come Il Silmarillion, riesce inoltre a bucare veramente lo schermo e a farci interessare alla sua vicenda. Fatto sta che la matrice open world dell’Ombra della Guerra permetta a quest’ultimo di brillare di luce propria in termini di gameplay. Torna il Nemesis System, e non potrebbe essere altrimenti, vista l’importanza capitale avuta in passato – e gli enormi sforzi fatti per crearlo da parte degli sviluppatori. Questo, però, si arricchisce, e non poco, con nuove feature e sfumature strategiche.

Il nostro compito, necessario per arrivare al faccia a faccia con Sauron, infatti, sarà conquistare una delle fortezze presenti in ogni regione, una manciata, in questo caso, a differenza dell’Ombra di Mordor in cui erano “solamente” un paio. Per farlo, saremo chiamati a prendere, per primi, i pesci piccoli, ossia i semplici comandanti, e renderli nostri servi grazie al potere dell’Anello. Poi potremo puntare ai comandanti e infine al reggente.

Step by step

In questi semplici tre passaggi esistono una mezza infinità di variabili che scongiurano, fino a un certo punto, la monotonia, grazie al fatto che i numerosi orchi presenti nel mondo di gioco hanno caratteristiche specifiche (sia di forza che di debolezza: immunità ai colpi furtivi o al fuoco, ma anche paura delle bestie o l’essere cagionevole al veleno). Ma se questo non bastasse, ciò in cui risiede il Nemesis System è soprattutto un cervello pensante dietro a ogni figura orchesca che incontrerete; i capitani potranno litigare tra loro, tenderci un’imboscata, sottoporsi a un’inutile (e spesso mortifera) ordalia, e chi più ne ha più ne metta, per un mondo di gioco che si conferma tra i più ricchi del panorama videoludico. Date assolutamente ai due trailer alla fine di questa pagina, che già da soli meriterebbero l’acquisto del gioco.

L’interazione tra gli orchi potrà anche essere forzata da parte nostra, nel senso che potremo mandare un messaggio di morte (proprio per la serie “ambasciator non porta pena”) a un nemico, che aumenterà il proprio livello dandoci però, al momento della sconfitta, un equipaggiamento migliore. O ancora, potremo mandare a dare supporto un orco controllato a un altro nostro seguace; e ancora, e qui arriva il bello, provare a logorare dall’interno le forze di Sauron, rendendo le guardie del corpo dei comandanti dei traditori, e avere vita facile durante lo scontro contro questi. Quello che però è stato aggiunto ex novo è la necessità di assediare una fortezza per conquistarla; sarà l’ultimo passo per arrivare al reggente, e in queste sequenze, che richiamo alcuni passaggi delle pellicole cinematografiche altamente spettacolari, le impostazioni strategiche sono più presenti che in tutto il resto del gioco. Il tutorial ce lo fornirà, a scaglioni, un tanto colossale quanto burlone orco, insieme a un’altra vecchia conoscenza di cui non sveliamo l’identità.

Dovremo selezionare i leader della squadra possibilmente in base alle loro peculiarità di razza e classe, e dare loro, insieme all’orda di orchi sbandati consegnata in affidamento, un potenziamento che dovrà anche questo essere legato ai nemici che ci troveremo di fronte. Cavalcare caragor, avere il supporto di un graug dotato di catapulta o ancora quello di alcuni orchi “esplosivi” per facilitare l’entrata in territorio nemico. C’è da sbizzarrirsi, anche se le differenze tra una fortezza e l’altra potevano, anzi, dovevano essere molto più profonde. Ci sono le basi, comunque, per potere costituire uno spin-off a sé stante se il tutto sarà dotato della giusta profondità, dunque vi lasciamo immaginare il perché non ci sentiamo di discutere più di tanto il tassello di un imponente mosaico.

Una volta conquistata la fortezza dovremo nominare il nostro nuovo reggente e difenderla, avremo anche accesso a feature aggiuntive con le quali aumentare il livello dei nostri orchi comandanti; si tratta di scontri in cui il giocatore non può fare altro che assistere, senza intervenire, in maniera del tutto analoga a quanto accadrà se proveremo a infiltrare una spia in una fortezza nemica. Se perirà perderemo un alleato, mentre se avrà la meglio guadagneremo una fondamentale pedina nell’esercito opposto. Si potrà arrivare al paradosso, per cui tutti i comandati nella gerarchia subito sotto il reggente saranno nostri alleati (c’è addirittura un trofeo, che lo richiede), e questo farà sì che l’ingresso in territorio ostile sia poco più che una formalità.

Fino ad ora abbiamo parlato della trama, poi di gameplay, è vero, ma solo in maniera strutturale. Non siamo ancora venuti al dunque, a quando Talion deve impugnare effettivamente la spada – o il pugnale, o l’arco. Bene, viene confermato il sistema di combattimento reso celebre dai Batman Arkham, cioè l’attacco semplice assegnato al tasto Quadrato, il contrattacco a quello Triangolo e poi tutte le vari sfumature del caso in base al titolo. Nel caso dell’Ombra della Guerra, il tasto X premuto due volte comporta una schivata, mentre la pressione di Cerchio equivale a uno stordimento (se premuto in maniera prolungata, Talion tenterà di dominare il malcapitato).

Sempre più forte

Il sistema di combattimento è comunque molto più profondo di così, visto che i ragazzi di Monolith Productions hanno predisposto numerose abilità da sbloccare, e anche personalizzare con un potenziamento a scelta. Dall’utilissimo Colpo Ombra, con cui il ramingo che ha sconfitto la morte potrà raggiungere un bersaglio distante e ucciderlo seduta stante, alla possibilità di mirare in slow motion con l’arco in volo, come il miglior Max Payne. Si passa, però, anche per trame molto più sottili, che vedono l’avvelenamento di un barile di grog dalla distanza e il congelare e fissare a terra un nemico. Non potevano però mancare potenziamenti fracassoni e spettacolari, come l’esecuzione istantanea (con Triangolo e Cerchio premuti insieme) e l’esplosione di luce (con Quadrato e X, stavolta, in concomitanza) con l’accrescersi del valore della potenza, mentre invece, quando la barra della collera sarà piena, potremo scatenare la Furia Elfica con la pressione dei due stick analogici, capace di eseguire una vera e propria carneficina di orchi “oneshottati”.

Personalizzabile anche l’equipaggiamento, che incide sull’estetica e vanta un livello e poteri particolari per ogni sua componente, nello specifico la spada, l’arco, il pugnale, l’armatura, il mantello e l’anello. Tutta questa attrezzatura è a sua volta equipaggiabile con speciali gemme di tre tipi diversi, contraddistinte dai colori rosso, verde e bianco, e che incidono sulla quantità di danni arrecati, sull’esperienza guadagnata, la salute rubata o ancora i livelli che avrà un orco appena dominato. Ad ogni pezzo minimamente potente è anche collegata una missione da portare a termine; in caso di esito positivo, potremo sbloccare un potenziamento extra.

Di carne al fuoco, ve ne sarete resi conto, ce n’è davvero un’infinità, contando anche la lore che si sviluppa e i numerosi collezionabili e sfide extra. Si parte, d’altra parte, dalle ottime basi del primo capitolo, che ancora oggi costituisce un ottimo esempio di complessità e ricchezza in un videogioco. Quello che gli sviluppatori hanno fatto è migliorare il prodotto e arricchirlo con tutta una serie di dettagli che sarebbe impossibile raccontare in una recensione senza arrivare a scrivere migliaia e migliaia di parole. Tra le altre ci permettiamo di segnalare quella di cavalcare un draco, con un sistema di controllo di volo con parecchie lacune, per la verità; rimane il fatto che si tratta di un valore aggiunto non da poco, considerato l’estendersi delle battaglie anche in cielo.

Ci sarebbe ancora altro da dire, ma ci fermiamo qui, un po’ perché certamente preferirete giocarvi L’Ombra della Guerra piuttosto che leggerla, e un po’ perché altri dettagli è preferibile li scopriate da soli. Facciamo un ultimo cenno alla possibilità di conquistare le fortezze di altri giocatori online, una funzione per la verità certamente marginale rispetto a tutto il resto (e menomale che sia così), e alla longevità, che, tra una cosa e l’altra, nel caso puntiate al 100%, vi porterà via più di trenta, quaranta ore.

Molto buono il lato sonoro che, pur non offrendo gli stessi brani delle pellicole, offre un doppiaggio convincente ed effetti e melodie d’atmosfera. Lo sviluppo su console solamente di attuale generazione ha permesso un bel passo in avanti anche al comparto visivo, fluido, ispirato e potente. Peccato, veramente, per un lato strategico ben fatto ma non performante come avrebbe potuto essere; avrebbe scongiurato una certa ripetività di fondo e dato varietà. Che Monolith abbia conservato alcune cartucce per uno specifico spin-off o espansione, come abbiamo anticipato in precedenza?

Trofeisticamente parlando: la vendetta è un piatto che va servito freddo

Ottenere il Platino di La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra non sarà una passeggiata, ma nemmeno qualcosa di eccessivamente complicato. Certamente sarà molto lungo ottenere i requisiti necessari per la coppa azzurra, tra missioni della storia principale da portare a termine, numerose azioni in-game – alcune piuttosto antipatiche – e collezionabili da scovare (ma di facile reperibilità, grazie alla purificazione in-game degli haedir). Per fortuna abbiamo già pubblicato la guida ai trofei, che vi darà una grossa mano.

VERDETTO

L'evoluzione dall'Ombra di Mordor all'Ombra della Guerra ci sembra che sia direttamente proporzionale al tempo trascorso, dunque riconfermiamo il voto dato al precedente capitolo. Si tratta di un titolo mastodontico, divertente e ben realizzato, che ha qualche lacuna nelle inedite sezioni strategiche e in una certa ripetitività di fondo. Ma è comunque un acquisto obbligato per qualsiasi videogiocatore, sia esso amante o meno dell'universo tolkeniano.

Guida ai Voti

Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.

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