N.E.R.O.: Nothing Ever Remains Obscure – Recensione

Sviluppatore: Publisher: Piattaforma: Genere: Giocatori: PEGI: Prezzo: Italiano:

Publisher: SOEDESCO Developer: Storm in a Teacup
Piattaforma: PS4 Genere: Camminata con atmosfera Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 19,99 €

Parlavamo giusto ieri di Gone Home, uscito per PlayStation 4 a distanza di qualche tempo rispetto alla release per PC, e che abbiamo trovato ampiamente sopravvalutato. Gone Home è considerato un po’ il capostipite dei cosiddetti walking simulator, così eccoci qua ad esaminarne un altro, quest’oggi. Si tratta di N.E.R.O.: Nothing Ever Remains Obscure, sviluppato dai ragazzi di Storm in a Teacup, studio di sviluppo italiano con sede a Roma.

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Ti ho già visto, ma anche no

Il genere di appartenenza è lo stesso, si diceva: in questo N.E.R.O. in linea di massima si cammina, soprattutto. Anche la longevità molto scarsa accomuna i due titoli da cui abbiamo preso le mosse (forse è addirittura superiore in Gone Home, cronometro alla mano), così come una centralità della narrazione non indifferente. Una narrazione che però, in N.E.R.O., risulta essere più sfumata ed onirica che nel titolo Fullbright Company, visto che ben presto ci ritroveremo in un’atmosfera assolutamente surreale, distorta, fantastica. Siamo dunque ben lontani dal visitare una semplice casa per scoprire le turbe adolescenziali della nostra sorellina, come deducibile dalle immagini poste a corredo dell’articolo (anche se questo non è assolutamente sinonimo di qualità, come vedremo in seguito). Avremo piuttosto a che fare con luminescenti meduse e bruchi illuminati, con stagni incantati e occludenti ospedali, che dovrebbero in qualche modo riflettere lo stato d’animo del protagonista, raccontandoci i drammatici fatti che hanno per tema, in via del tutto generale, la famiglia. Non stiamo esagerando quando diciamo che l’ambiente “racconta”, poichè sparse per il mondo di gioco troveremo con una certa frequenza delle frasi luminose “sospese” a mezz’aria, che porteranno avanti il discorso in maniera parallela alla voce fuori campo.

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La storia, in sè, non è assolutamente niente di eccezionale, ma gioca soprattutto con le emozioni, i sentimenti, le passioni e in questo senso si può dire che il lavoro svolto dagli sviluppatori sia stato soddisfacente, sia per il lato dedicato a David, sia per quello più strettamente ambientale. Idem per il lavoro svolto sotto il profilo del gameplay, che è lontanissimo dal farci gridare al miracolo, ma che almeno pone le basi per un’evoluzione di tutto un genere. Le meccaniche di gioco vantano la presenza di una visuale in prima persona, e di enigmi e puzzle (Soul Axiom docet), non sempre obbligatoriamente da risolvere,  grazie a dei poteri che acquisiremo nelle primissime fasi di gioco. Sostanzialmente potremo scagliare una sfera di energia luminosa, e questa sortirà effetti diversi in base all’enigma che il gioco ci metterà davanti, senza però che ci sia spiegato il perchè e il per come siamo entrati in possesso di quest6o privilegio. Si parla soprattutto di elementi da spostare, di allineamenti di luce da effettuare, di interruttori da attivare – chiamando in causa il nostro compagno di viaggio, le poche volte che sarà richiesto – e simili; quasi mai sarete sorpresi dalla brillantezza di questo o quel passaggio, per ciò che concerne il game design, ma la varietà ne ha comunque leggermente beneficiato.

Ti sento ma non ti vedo

Anche in questo caso non mancano dei collezionabili, dodici per ciascuno dei quattro capitoli del gioco, che insieme offriranno quattro instantanee di un ricordo sopito; si tratta di immagini statiche, comunque, che non approfondiscono in nessun modo la storia principale, già di per sè piuttosto nebulosa e con troppe domande irrisolte per convincere anche il più bendisposto dei videogiocatori.

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Quello che ci verrà proposto davanti agli occhi non migliora il quadro generale, tantomeno l’atmosfera, una delle potenziali colonne portanti dell’intera produzione. Dicevamo, non migliora il quadro generale una grafica assolutamente non all’altezza di PlayStation 4, con texture spesso sgranate e inspiegabili, almeno considerato il livello di complessità tecnico del titolo, bug, che nei casi più estremi potrebbero portare al freeze della console – nei casi più soft, invece, vi strapperanno una risata, con il protagonista che continuerà ad interagire a vuoto con un elemento dello scenario, ad esempio. Molto migliore il lato sonoro, che convince sia per il doppiaggio, in inglese ma con sottotitoli in italiano, per fortuna, sia per i brani che ci accompagneranno durante il titolo, molto evocativi ed ispirati.

Trofeisticamente parlando: platino mon amour

L’abilità e il tempo richiesti per ottenere il 100% sono molto simili a quelli di Gone Home, dunque molto pochi. La buona notizia, per certi versi sorprendente, è che N.E.R.O. a differenza del “collega” vanta pure un trofeo di platino, conquistabile in un paio d’ore senza alcuno sforzo! Vi basterà infatti terminare il gioco scovando tutti i collezionabili e gli enigmi, e giocando di giovedì il capitolo tre, interagendo con un piatto di gnocchi, come espressamente richiesto da un trofeo.

VERDETTO

N.E.R.O.: Nothing Ever Remains Obscure è sicuramente qualcosa di molto particolare nel mondo videoludico, e anche solo per questo merita di essere trattato "con le pinze". Il genere dei "simulatori di passeggiate" continua la sua crescita, e i ragazzi di Storm in a Teacup sono riusciti a fare qualche piccolo passo in avanti in questo senso; rimane però il fatto che una longevità ridicola e svariati problemi di gioventù non ci permettano di essere troppe generosi con il voto, nonostante qualche scribacchino videoludico abbia gridato al miracolo proprio di fronte a N.E.R.O.: non dategli retta. Consigliato solo a chi crede che l'atmosfera in un gioco sia tutto.

Guida ai Voti

Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.