Neverending Nightmares – Recensione

Sviluppatore: Publisher: Piattaforma: Genere: Giocatori: PEGI: Prezzo: Italiano:

Publisher: Infinitap Games Developer: Infinitap Games
Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Survival Horror Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 14,99 €

Neverending Nightmares è un horror dallo stile visivo molto forte e nato a seguito di eventi che hanno segnato la vita del produttore del gioco, Matt Gilgenbach, preda di disturbi ossessivo-compulsivi e depressione a seguito di eventi familiari. Originariamente, Nevernending Nightmares fu proprio pubblicato in concomitanza del Mese della Consapevolezza della Salute Mentale.

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Thomas

Thomas, che originariamente sarebbe dovuto chiamarsi Adam (se siete curiosi date un’occhiata qui), è un ragazzo perseguitato da una serie di incubi che scavano in profondità nella sua psiche e chiamano a gran voce tutti i demoni che la abitano; gli stessi che nella realtà ha vissuto il producer Gilgenbach. Il tutto avviene attraverso una serie continua di eventi non propriamente narrati ma vissuti in un lungo e seriale camminare in corridoi poco illuminati, quadri che sembrano guardarci, luci fioche e bambole intenzionate a perseguitarci. Queste fasi, in cui si avverte la pesantezza del luogo, vengono bruscamente e ciclicamente interrotte da risvegli nel letto di Thomas, che prontamente si alza e ritorna al suo vagare.

La matita di Adam

Lo stile grafico è sicuramente uno dei punti forti di questa esperienza videoludica. Bianco, nero e qualche accenno al rosso sono le tre tinte forti utilizzate da Adam Grabowski, designer che rivede a modo suo i luoghi ciclici e simmetrici di Escher e si ispira all’immaginario di Silent Hill 2, per quanto riguarda l’aspetto delle creature malate e deformi che tormentano la nostra strada. L’artista è riuscito nell’intento di donare una fortissima componente personale al gioco che, probabilmente, senza questa veste grafica avrebbe perso tanto del suo fascino ed unicità. Il bianco e il nero, in forte contrasto, sembrano proprio volerci dire quanto sia stata dura e intermittente l’esperienza della malattia. Il rosso, invece, lo spiraglio di speranza, anche se quando appare a schermo non sempre ha una connotazione positiva.

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La casa e il manicomio

Il gioco presenta due location: la casa di Thomas e un manicomio. Man mano che si procede, in scrolling orizzontale, l’atmosfera diventa sempre più pesante, malata ed enigmatica. Il fatto di non avere un variegato numero di luoghi da esplorare, rende Neverending Nightmares un po’ troppo uguale nel suo evolversi. Il gameplay si risolve in lunghe camminate che creano una atmosfera in divenire, intervallata da parti in stealth e da brevi momenti di azione vera e propria. Anche ciò che riguarda il superamento di puzzle per proseguire l’azione si risolve in una breve interazione col mondo cirostante. A questo, possiamo però dire che l’atmosfera fa già quasi metà del lavoro e quindi si giustifica in parte l’interazione ridotta all’osso. Più che un gioco, lo si potrebbe definire esperienza videoludica, che poi di ludico ha veramente poco; il senso di immobilità mentale viene tradotto con poche interazioni e tanto vagare quasi incontrollato; Gilgenbach sembra riuscire a raccontarci come si è sentito, che cosa stava provando quando stava male.

Ti sento…

Il sound design è ben piantato nella storia e si presenta anch’esso con brevi interventi a supportare gli eventi in atto; gli effetti sonori ci accompagnano durante il nostro incedere e, soprattutto se usiamo delle cuffie, possiamo sentire tutta una serie di voci, sussurri e scricchiolii che mantengono costante il senso di tensione. Il rumore del legno, il suono di un carillon e passi lontani, altro non sono che le voci nella testa di Thomas. In alcune occasioni avvertiamo un’ansia profonda per ciò che accade a schermo e non mancano pochi, ma buoni, salti dalla poltrona. Il gioco dura attorno alle 4 ore, lunghezza ben calibrata che, diluita in altre due ore, avrebbe sfiancato soprattutto per la lentezza delle azioni, seppure a mio avviso giuste; a questo si aggiunge – o si sottrae – una esigua interattività che scenari e oggetti offrono ma alla fine, meglio così. Pur essendo centrato sulla linearità e gli ormai sempre presenti clichè di infiniti loop, di cui anche altri titoli blasonati ne hanno fatto gran uso, Neverending Nightmares presenta tre finali diversi di cui due, però, sembrano un po’ terminare in maniera brusca.

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È proprio questo un aspetto che sembra non appagare o premiare la ripetitività – voluta – degli eventi; la storia non raccontata ma vissuta attraverso brevi cenni scritti sparsi nel gioco, avrebbe potuto risolversi con dello spazio narrativo maggiore, una spiegazione in più, una dimostrazione che potesse far capire a noi, da questa parte, di aver capito realmente gli eventi. Ad ogni modo, i finali sono proprio legati alla curiosità di Thomas di esplorare la propria mente, di avere il coraggio di fare luce negli angoli bui e capire cosa c’è nell’abisso della sua e nostra psiche. In Neverending Nightmares non bisogna avere fretta, bisogna farsi trasportare dalla bellezza delle immagini, dal divenire degli eventi e vivere empaticamente il dolore e il disagio di una persona che sta vivendo un momento difficile.

Trofeisticamente parlando: pochi ma buoni

Elenco trofei misero, almeno a livello quantitativo, quello di Nevernding Nightmares: sono solo quattro le coppe virtuali ottenibili. Se invece spostiamo il discorso sulla qualità, la situazione migliora non poco: troviamo infatti un argento e tre ori, senza nessun platino a “rovinare la festa”, tutti tra l’altro ottenibili con una certa facilità.

VERDETTO

Neverending Nightmares è una esperienza molto selettiva. Se siete in cerca di azione o di momenti concitati, allora non fa per voi. Se, invece, siete alla ricerca di una storia da vivere in maniera empatica con il nostro Thomas e tutti i suoi vissuti mentali, allora potreste sicuramente dargli una possibilità e trascorrere 4 ore in cerca di un senso che la nostra mente, negli incubi più bui, non sempre riesce a dare.

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