Pineview Drive – House of Horror – Recensione

Sviluppatore: Visual Imagination Software Publisher: UIG Entertainment GmbH Piattaforma: PS4 Genere: Horror Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 29,99 € Italiano:

“E’ molto più difficile uccidere un fantasma che una realtà”.
Virginia Woolf

I nostri lettori più assidui non si saranno persi, a inizio anno, la recensione di quello che potrebbe tranquillamente candidarsi come uno dei titoli più trash dell’anno: Joe’s Diner, survival horror (se così vogliamo chiamarlo) che ci porta in un ristorante americano tutto fuorché spaventoso. Il team responsabile del gioco però ha scelto di riprovare l’impresa con Pineview Drive, altro horror esplorativo decisamente particolare.

Mogli e buoi dei paesi tuoi

Mattino presto. I primi raggi del sole rischiarano quello che una volta era uno splendido cancello in ferro battuto e che ora è solo un ammasso di ruggine sorretto da vecchi cardini scricchiolanti.

Nulla però ci fermerà, nemmeno l’inquietante aspetto della vecchia casa diroccata in cui 20 anni fa nostra moglie, Linda, scomparve senza lasciare tracce. Siamo determinati a indagare all’interno dell’abitazione per scoprire la verità sulla sorte toccata alla nostra consorte e possibilmente sopravvivere in quella che è stata definita “la casa degli orrori”, in cui nessun individuo può sopravvivere per più di 30 giorni.

Le premesse per un horror con i cosiddetti ci sono tutte, nonostante siano una serie di cliché del genere che non portano nessuna vera novità. La magione di Pineview Drive si presenta infatti fin da subito come il palcoscenico perfetto per apparizioni spettrali e molto altro ancora, con il suo giardino decadente e i suoi corridoi angusti che portano in stanze buie e malandate.

I primi passi all’interno dell’abitazione, mossi rigorosamente con visuale in prima persona, sono quindi decisamente cauti, con gli occhi guizzanti a destra e a sinistra per scorgere eventuali pericoli, e le orecchie ben tese così da captare qualsiasi strano suono, abituati ai famosi scarejump che questo genere di titoli offre.

Con questo spirito misto di curiosità e paura quindi ci addentriamo nel primo corridoio e iniziamo l’esplorazione della spettrale abitazione di Pineview Drive, sperando di non cadere vittima delle sue malvagie entità.

Tappezzerie pregiate

Il primo impatto con l’ambiente di gioco offerto dal titolo di Visual Imagination Software fa decisamente pensare a qualcosa legato alla scorsa generazione di console. Come avvenuto per il già citato Joe’s Diner, quello che abbiamo tra le mani altro non è che un porting della versione PC del gioco, pubblicata nel lontano 2014 e arrivata su PlayStation 4 senza particolari modifiche.

Nonostante la grafica, che potremmo definire spartana, l’ambientazione è sufficientemente cupa da stuzzicare la nostra curiosità e spingerci a girare per i due piani e la zona esterna del maniero alla ricerca di indizi, scoprendo così che la maggior parte delle stanze sono chiuse a chiave.

Il concetto alla base di Pineview Drive è infatti molto semplice: esplorare, trovare le chiavi e aprire le porte chiuse all’interno delle quali troveremo indizi e (probabilmente) altre chiavi. Nulla più nulla meno, fattore che renderebbe di per sé il gioco decisamente banale se non si mettessero di mezzo una serie di eventi paranormali che turberanno il nostro protagonista.

L’HUD di gioco infatti non presenta nessun elemento come punti ferita o altro, ma mostrerà semplicemente la disponibilità di batteria nella torcia che recupereremo nelle prime fasi di gioco e una barra del panico che rivelerà lo stato psicofisico del nostro eroe che, se sottoposto a eccessivo stress, potrebbe andare incontro alla morte.

In verità le situazioni limite che porteranno a un game over saranno decisamente rare, tanto che nel corso delle 30 notti di cui è composta la campagna saranno forse un paio (se non addirittura nemmeno quelle) le volte in cui perirete mentre saranno molto più frequenti momenti in cui voi, giocatori, vi ritroverete con il battito cardiaco accelerato.

Mi è sembrato di sentire un gatto

Come detto Pineview Drive è un gioco che si basa interamente sull’atmosfera che l’ambiente attorno a noi riuscirà a creare, dato che non ci saranno nemici da eliminare o da cui fuggire a gambe levate ma solo l’illusione, comunque spaventosa, di essere a un passo dalla tragedia.

A svolgere quindi un ruolo fondamentale all’interno del titolo troviamo il comparto audio, con tutta una vasta gamma di scricchiolii e respiri affannosi volti a instillare in noi il dubbio che alle nostre spalle, nell’oscurità, si nasconda qualche terribile creatura.

Innegabile in questo senso che il lavoro svolto dal team sia encomiabile; molto più nella loro precedente opera infatti il comparto audio riesce a tenerci sempre sull’attenti cercando di capire se davvero da un momento all’altro verremo attaccati o ci ritroveremo in una situazione spaventosa.

Come se non bastasse poi la presenza di molti eventi studiati apposta per farci saltare sulla sedia (i già citati scarejump) faranno sì che nelle prime fasi di gioco ci muoveremo in maniera decisamente cauta, guardando tre volte prima di girare un qualsiasi angolo o di aprire una nuova porta e razionando la nostra fedele ma esauribile torcia.

Abbiamo volutamente parlato delle prime fasi perché dopo alcune ore a girovagare per questa villa spettrale inizierà a fare la sua comparsa uno dei difetti che funestano l’esperienza di gioco.

I ain’t afraid of no ghost

Lo stato di tensione che Pineview Drive riesce a creare con la sua atmosfera cupa e con un comparto audio ben studiato viene purtroppo distrutta dall’assenza quasi totale di quel crescendo che servirebbe a tenere il giocatore in costante allerta.

Dopo aver superato con fatica le prime notti infatti il meccanismo “cerca la chiave, usa la chiave” verrà metabolizzato assieme a tutti quei suoni misteriosi che tanto ci avevano scioccato in prima battuta ma che a conti fatti non portano mai a un evento significativamente traumatico.

Se non per un paio di colpi ben riusciti infatti il titolo sembra trascinarsi stancamente fino alla trentesima notte senza neanche offrire la possibilità di raccogliere uno straccio di collezionabile, trovare indizi aggiuntivi oppure dare un senso a un’eventuale seconda partita.

Ancora più dell’assenza di pathos nelle fasi avanzate di gioco Pineview Drive soffre della mancanza di un qualsivoglia fronzolo a quella che è una storia lineare e forse esageratamente banale, che non si evolve mai in nulla più che una semplice esplorazione della casa in cui saremo segregati.

Un vero peccato, soprattutto se si pensa a come il tutto aveva avuto inizio e alla paura iniziale di aprire ogni porta unita a qualche scena veramente d’effetto, ridotta poi a una sfrenata corsa per i corridoi ben consci del fatto che nulla ci potrà essere nonostante gli inquietanti rumori, se non l’ennesima chiave e magari qualche comparsa ormai risibile.

Trofeisticamente parlando: per la fantasia pregasi ripassare

Sono solo 11 i trofei presenti in Pineview Drive, tutti legati alla storia. Portando a termine le 30 notti di cui è composta la campagna, sfruttando magari anche il walkthrough della nostra dettagliata guida trofei, vi porterete a casa 7 bronzi, 3 argenti e 1 oro, senza dover fare alcuna fatica e senza ovviamente nessun obiettivo secondario se non quello di portare a termine l’avventura.

VERDETTO

Ammesso e non concesso che peggio del mitico Joe's Diner non si potesse fare (ma aspettiamo di essere smentiti), non ce la sentiamo proprio di punire con un'insufficienza la seconda opera di Visual Imagination Software. Nonostante le sue evidenti lacune a livello di trama e l'assenza di un motivo valido per giocarlo una seconda volta, Pineview Drive si dimostra essere un titolo horror ben pensato e ricco, almeno nelle prime fasi, di momenti di tensione vera. Qualche colpo di scena nel finale o aggiunta a livello di extra non avrebbero guastato, ma consigliamo sicuramente a tutti i fan del genere di dare una chance a questo titolo che si rivela sicuramente interessante ma che forse, con un po' di impegno in più, avrebbe potuto essere migliore.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.

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