Q.U.B.E. 2 – Recensione

Sviluppatore: Toxic Games Publisher: Toxic Games Piattaforma: PS4 Genere: Puzzle Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 24,99 € Italiano:

Il mondo dei videogiochi indipendenti ha sempre recitato la parte del fratello in ombra rispetto a quello delle grandi produzioni, rivestendo tuttavia un fascino particolare. Liberi spesso dalla pressione del pubblico e dei produttori e in mancanza degli stessi fondi di cui godono prodotti più pubblicizzati, singoli individui o esigui gruppi di ragazzi, accomunati da una stessa passione, si organizzano per creare qualcosa insieme. Un’idea astratta che viene plasmata in un coro di voci, programmatori. Certamente sarebbe sbagliato generalizzare, idealizzando un ambiente di lavoro costellato da molte esperienze differenti, tuttavia il nostro caso rientra di diritto in quell’insieme di storie romantiche che caratterizzano il mondo videoludico.

Un po’ di storia

Daniel Da Rocha, Dave Hall e Jonathan Savery sono un terzetto di amici conosciutisi a scuola, accomunati da una preparazione in game design e dalla volontà di mettere in pratica le loro conoscenze e la loro creatività. Siamo nel 2009 e vede la luce Q.U.B.E., un progetto scolastico, più che un videogioco, da pubblicizzare e da cui trarre profitto, ma che rappresentò il trampolino di lancio ideale per mostrare al pubblico le potenzialità di questi ragazzi come creatori di videogiochi indipendenti. Da allora la crescita è stata esponenziale; dopo aver rilasciato il loro primo prodotto nel 2011, con l’inserimento di nuovi elementi nella società riuscirono a sviluppare un secondo capitolo, Q.U.B.E: Director’s Cut, uscito nel 2014.

Torniamo ora al presente, dove un trio di compagni di università ha lasciato i banchi di scuola per dedicarsi alla propria passione, investendo ogni risorsa nella creazione di un’opera sfaccettata, che consta di musicisti, programmatori, designer, scrittori: il videogioco.
Q.U.B.E. 2 vuole essere la consacrazione di questo gruppo di ragazzi, i Toxic Games, nella schiera degli sviluppatori indipendenti apprezzati, e della formula videoludica che li contraddistingue, quella del puzzle game.

Misteri incastonati

A distanza di sette anni dal primo capitolo, Q.U.B.E. 2 ripropone lo stesso genere di meccaniche interattive ma in una maniera più pulita, coinvolgente, che denota il lavoro certosino svolto da Toxic Games per migliorarsi. Anche qui siamo di fronte a un puzzle game in prima persona, ma mentre nel primo eravamo chiamati a interpretare un astronauta, ora vestiamo i panni di un’archeologa, la dottoressa Amelia Cross, che si risveglia in un pianeta sconosciuto.

La confusione è palese e la domanda che si rivolge la protagonista è la stessa del giocatore: dove mi trovo? Una tempesta minaccia il pianeta alieno, ma non ci viene concesso il tempo di fare una manciata di passi che la visuale si oscura di nuovo. Ci risvegliamo in un ambiente totalmente diverso, un edificio tinto di un bianco spento in cui dominano delle forme geometriche: pavimento, soffitto, pareti, miriadi di cubi incastonati fra loro.

In nostro aiuto giunge via radio la voce di un’altra donna, Emma Sutcliffe, una superstite come noi in possesso però di alcune conoscenze riguardo la planimetria dell’edificio alieno. Tutta la narrazione del gioco si articola attraverso i dialoghi, in lingua originale inglese, fra i due personaggi, svelando stanza per stanza, enigma dopo enigma alcuni indizi sui fatti avvenuti e sull’origine del luogo in cui ci troviamo. Emma rivela così che per trarci in salvo dovremo raggiungere la cima dell’edificio. Un alone di mistero soggiace l’intera avventura e si insinua anche fra le conversazioni, sempre relativamente brevi. Rispetto al precedente capitolo, Q.U.B.E. 2 mostra un copione narrativo ben più profondo. Forte anche di una visuale in prima persona, è decisamente più immediato calarsi nei panni di Amelia, un personaggio ben congegnato che alterna momenti di ansia e incertezza a sana ironia.

Colori al quadrato

Cosa rende efficace un videogioco a enigmi? Non si tratta di combattimento, di scalate o sparatorie; la parte eccitante sta nel riuscire a comprenderlo. Una delle sue peculiarità sono le meccaniche: un insieme di regole e limiti che concernono il giocatore, aumentando a poco a poco la difficoltà. Esse vengono mescolate per creare nuove possibilità. Infatti un primo indizio sulle regole di gioco ci viene dato dal titolo stesso. Q.U.B.E. è l’acronimo di Quick Understanding of Block Extrusion, letteralmente: rapida comprensione dell’espulsione dei blocchi.

All’interno della struttura indosseremo una tuta particolare, capace di farci giocare con le leggi della fisica; un paio di guanti ci consegneranno il potere di comandare alcuni pannelli, sparsi in zone precise di ogni stanza, per ricavarne l’aiuto efficace per proseguire. Con un tocco del tasto dorsale potremo creare da essi oggetti cubici, ognuno dotato di caratteristiche specifiche a seconda del colore: il blu formerà sulla piattaforma un trampolino sfruttabile sia da noi che da oggetti vari; l’arancione consente di allungare una piattaforma parallelepipeda, infine il verde fa apparire dei cubi movibili tramite spinte. La combinazione di queste tre abilità ci porterà alla soluzione di ogni enigma, i quali inizialmente consisteranno nella banale applicazione di un singolo colore, fungendo così da tutorial per consentire al giocatore di prendere dimestichezza con le meccaniche.

La peculiarità dei puzzle game sta pertanto nell’apprendimento, più che nella risoluzione. Ogni enigma che risolviamo consiste nell’assimilazione di soluzioni che saranno utili in altri casi più difficili, creando così una curva d’apprendimento a favore del giocatore che trae soddisfazione e gratificazione. Il parallelismo fra difficoltà crescente e apprendimento è ben equilibrato in Q.U.B.E. 2, poiché avanzando dovremo confrontarci con nuovi tipi di pannelli, come uno magnetico, che aggiungeranno nuovi scenari da calcare per arrivare alla soluzione. Il tutto risulta maggiormente godibile vista l’assenza di enigmi davvero frustranti e impossibili; raramente capiterà di bloccarsi per riflettere sulle azioni da compiere, procedendo spesso, ma non sempre, fra combinazioni già proposte nei livelli precedenti in maniere differenti.

Minimalismo leggero

Realizzazione, soddisfazione, apprendimento, quale altro ingrediente necessita un gioco a enigmi per essere completo? La presentazione. Ogni elemento utile deve essere collocato in un punto specifico, mentre lo scenario attorno non deve concedere distrazioni dal nostro compito. In questo caso esso appare piuttosto monotono, fra decine di stanze e corridoi vuoti che rischiano di annoiare il giocatore e forse anche per questo alcuni scenari risultano più d’impatto; l’apertura di una stanza verso una sorta di terrazza quadrata al cui centro capeggia un enorme albero dalle foglie rosse è incantevole per gli occhi. Il contrasto riesce in modo azzeccato; dopo una totale immersione fra spazi chiusi, grigi e claustrofobici avere la visione di un elemento naturale è ancora più che soddisfacente, diventa una boccata d’aria.

Sul versante grafico l’Unreal Engine 4 compie egregiamente il suo dovere; gli sviluppatori hanno massimizzato l’aspetto minimale estetico del gioco, eppure, anche fra migliaia di cubi spenti o colorati, risulta molto piacevole alla vista. Le musiche, composte da David Houdsen, viaggiano in equilibrio perfetto insieme all’atmosfera misteriosa che sottende l’intera trama. I suoni sono invece quasi impercettibili, a dare la sensazione che ogni cosa avvenga in un ambiente chiuso e muto, dove ogni parola deve essere solo sussurrata, come a voler ubbidire al nostro bisogno di concentrazione mentre tentiamo di proseguire.

Trofeisticamente parlando: trofeo moltiplicato per trofeo uguale trofeo al quadrato

Il raggiungimento del Platino non sarà un’impresa impossibile; i trofei sono appena tredici, ed è difficile mancarne qualcuno già al termine della prima partita. Per la lista completa potete consultare il nostro forum, in cui non poteva mancare il relativo elenco.

VERDETTO

Q.U.B.E. 2 mantiene l'anima del suo predecessore, maturando e migliorando però in ogni dettaglio. A un comparto estetico e grafico di tutto rispetto si accompagna un gameplay a enigmi ottimamente congegnato, mai banale, né tedioso o troppo difficile. Un puzzle game dallo stile minimale che allena la mente, dando ampio respiro visivo e, soprattutto, divertendo.

Guida ai Voti

Maria Enrica
Grata dal 1994 ai videogiochi per sopperire a pigrizia e mancanza di fantasia, è stata svezzata da mamma Nintendo, allevata da Sony fin dalla prima PlayStation, cresciuta con un pad in mano e il Game Boy Advance nell'altra. Laureanda in Lettere classiche, avversa ai videogiochi in digitale, sogna per questo una casa dove custodire una collezione degna di tale nome.