The Inpatient – Recensione

Sviluppatore: Supermassive Games Publisher: Sony Interactive Entertainment Europe Piattaforma: PS4 Genere: Horror Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 39,99 € Italiano:

The Inpatient, attesissimo titolo della software house inglese Supermassive Games, narra i fatti di cronaca accaduti 60 anni prima rispetto agli eventi occorsi ai ragazzi protagonisti di Until Dawn. L’obiettivo proposto è quello di riportare al vertice il nome della periferica dedicata alla realtà virtuale di PlayStation, trasmettendo sensazioni forti in tantissime occasioni. L’asticella è stata posizionata davvero molto in alto; riuscire a rilanciare le sorti di PlayStation VR non è affar semplice per un solo titolo. Eppure, non crederete a quello che sono riusciti a realizzare gli sviluppatori e al terrore che proverete sulla vostra pelle. E se ci dovessero essere dubbi riguardo il percorso seguito dal visore di casa nipponica, abbiamo la sicurezza che si stia seguendo la direzione corretta.

Bentornati a Blackwood Pines

Una buia sala medica, una sagoma cupa in lontananza, una vecchia sedia in legno ed entrambi i polsi legati; questo è l’inizio della nostra avventura. Siamo nelle mani di un anziano medico alle prese con una terapia che vuole, a tutti i costi, farci seguire. Il suo intento è farci ricordare le nostre memorie andate perdute. Non sappiamo nulla, le nostre reminiscenze sono andate perse per motivi a noi sconosciuti. Grazie alla cura, poco alla volta, i ricordi ritornano a tratti, sbiaditi e confusi. Meglio procedere con calma, secondo il professore, le siringhe non sono piacevoli. Dopo un’ultima, potente iniezione, il vecchio dottore ci farà accompagnare nella nostra stanza da Abe. Grazie a questo suo collaboratore, scopriremo di essere nel vecchio sanatorio di Blackwood. E’ risaputo, i manicomi non sono ambienti amichevoli per definizione.

Arrivati in stanza scopriremo che l’anno è il 1952, il calendario non mente. Avremo bisogno di tempo per capire cosa sta succedendo. Dalle dicerie che vagano tra i presenti, sappiamo che alcuni minatori sono stati trasportati nell’edificio per incidenti nelle cave limitrofe.

Si spengono le luci, l’unica cosa che ci resta da fare è dormire, ma non passeremo nottate tranquille. I sogni che faremo saranno disturbati incubi in cui dovremmo decidere il nostro percorso meta-psicologico. Questa scelta è intraprendente, definisce il nostro io più profondo e cambierà radicalmente la nostra storia.

Durante una delle tante giornate passate nella fatiscente stanza, faremo la conoscenza del nostro compagno di stanza e, in sua compagnia, saremo testimoni di alcune stranezze che accadranno nei corridoi della casa di cura. Una fuga inaspettata di un paziente e si genera il panico tra le fila dei cooperatori della struttura. Dopo una settimana da questo evento, nessuno si farà più vivo e gli incubi e le visioni saranno sempre più frequenti. La follia si fa reale e, senza spiegarci come, ci ritroveremo in stanza da soli, con solo una torcia elettrica da raccogliere e da tenere in mano.

Il nostro compito principale sarà fuggire da questi turbati avvenimenti, rammentare il nostro passato e, in primis, comprendere chi eravamo e perché stiamo vivendo questa visione mostruosa a occhi aperti.

Il mattino ha l’oro in bocca

Il gameplay di The Inpatient, come il suo predecessore in termini di anzianità, è completamente incentrato sulle scelte che faremo durante la storia e al cosiddetto effetto farfalla. Per chi non conoscesse questo fenomeno, si tratta di un concetto teorico in cui le condizioni iniziali producono grandi variazioni a lungo termine. Codificando questo lemma in argomento videoludico, le scelte che faremo durante la partita cambieranno l’esito e la trama dell’intera avventura.

Il corso degli eventi, di per sé, lascia un po’ il tempo che trova e non va a chiudere perfettamente il cerchio lasciato aperto in Until Dawn. Buchi di trama e poca linearità negli eventi danno spazio all’immaginazione, portando il giocatore in un limbo tra confusione e chiarezza. Non tutto è come sembra e solo durante le fasi finali del gioco riusciremo a capire, a pizzichi e bocconi, chi siamo, da dove veniamo e perché siamo lì. Se qualche nostro lettore avesse voluto investigare sul triste destino toccato ai minatori, spiacenti per voi, ma non troverete risposte in questo racconto.

Entriamo a bomba nel dettaglio della caratteristica primaria di questo titolo, la realtà virtuale. L’esperienza, pur trattandosi di un walking simulator, è coinvolgente, trascinante e cattiva al punto giusto. Talvolta sopra le righe, i forti spaventi saranno all’ordine del giorno; le imprevedibili posizioni degli innumerevoli jump scare, sia visivi che a livello sonoro, ci faranno strizzare sotto dalla paura. La pressione psicologica di questo titolo può giocare dei brutti tiri mancini, soprattutto se a dare man forte ci saranno questi eventi improvvisi e inaspettati. Questo approccio iniziale con la paura andrà via via scemando, lasciando che la trama si racconti da sola. Spesso e volentieri anche il solo camminare tra le varie ambientazioni diventerà pesante mentalmente. Il cervello rimane sempre all’erta per ricevere immagini terrorizzanti e il frustrante senso di paranoia si protrae nello spazio e nel tempo. Non usciremo mai da questo vertiginoso circolo vizioso, fino alla fine della partita. Un’altra piccola, bella trovata è l’impiego di pause completamente buie, dove sentiremo il consueto vociferare distintivo degli psicopatici, che faranno da cuscinetto per riposare gli occhi e la mente del giocatore e non fare soffrire il regolare mal di mare provocato dal visore.

Un grande passo avanti nello sviluppo dei videogiochi in realtà virtuale sarà la possibilità di interagire con più personaggi faccia a faccia. Molti dei giochi usciti fino ad oggi si basano sulla narrazione di un’avventura in prima persona, senza approcci diretti con personaggi o, nel caso ce ne fossero stati, relativamente pochi e per brevi periodi. The Inpatient prova ad andare controcorrente e puntare in alto, e sembra riuscirci senza problemi. La narrazione della storia e l’aggiunta equamente distribuita di nuovi personaggi, dialoghi e pensieri contorce la trama, rendendola affascinante e intrigante allo stesso tempo.

Avanti il prossimo

The Inpatient è graficamente impeccabile, e ricordo che stiamo parlando di un gioco per VR. Solitamente per ciò che riguarda i giochi per la periferica indossabile, la funzionalità è il tema prioritario, a discapito della grafica ottimale. L’ottimizzazione fatta sul prequel di Until Dawn presta le giuste attenzioni all’aspetto visivo e non risente né di rallentamenti, né di abbassamenti di definizione. Non manca anche la definizione nei dettagli e la composizione della scenografia, completamente riprese dal suo predecessore e renderizzate per permettere la visione a tutto tondo.

Il livello dell’audio e del sonoro sono anch’esse prova di alta qualità. Il surround sound a 360 gradi è perfetto in tutte le occasioni e, grazie al solo movimento della testa, riusciremo a tenere traccia delle posizioni dei personaggi all’interno dell’ambiente anche a occhi chiusi. Si raccomanda l’utilizzo di un buon paio di cuffie per rendere il massimo dall’audio ed essere pienamente coinvolti in esclusive sensazioni.

Il controllo del nostro personaggio può essere affidato al più classico DualShock 4, con comandi non così immediati, oppure, per chi vuole vivere una vera avventura, a una coppia di PlayStation Move, con comandi semplificati e completa libertà nei movimenti. Impugnando le due periferiche, l’immersione è completa. La camminata è assegnata al tasto centrale del Move sinistro, mentre la sterzata dei 30° standard in una delle due direzioni è assegnata al tasto centrale del Move destro a seconda della inclinazione. Fatica un po’ il sistema di calcolo del movimento; ogni tanto potrebbe essere necessaria una rotazione scomoda per il polso per poter interagire con gli oggetti ambientali.

Ultima ma non ultima nota di riguardo è l’utilizzo del microfono per comunicare con i personaggi sopravvissuti durante la storia. Questa fantastica tecnologia, non adoperata ancora in nessun videogioco su PlayStation 4 e PlayStation VR, garantisce un sistema di gioco più diretto e immediato, ricorrendo all’utilizzo del controller solamente per l’utilizzo del senso tattile e per interagire con l’ambientazione circostante. Così facendo, tre dei cinque sensi umani sono dedicati al gioco, sfiorando la più pura delle realtà possibili e, attualmente, immaginabili.

Trofeisticamente parlando: sono guarito, eccome!

The Inpatient dispone di un basso numero trofei, ma sostanzioso a livello qualitativo. Le coppe disponibili non superano le 22 unità, contando anche il Platino, e si dividono in 4 bronzi, 10 argento e 7 ori. La scalata verso il più prestigioso dei trofei non sarà affatto ostica. Fare le scelte corrette all’inizio della partita sarà l’obbligo per minimizzare il numero di run. Seguendo la storia e non saltando la trama saranno necessarie all’incirca 15-20 ore di gioco per completare tutti gli obiettivi prefissati. L’unica difficoltà degna di nota sarà recuperare tutti i collezionabili, indicati come ricordi. Per ulteriori informazioni, vi suggeriamo di leggere e seguire la nostra esclusiva guida trofei in anteprima nazionale e mondiale, grazie a una piccola collaborazione con PowerPyx.

VERDETTO

Siamo di fronte al miglior gioco attualmente in circolazione dedicato alla periferica di nuova generazione targata PlayStation. The Inpatient è completa immersione in prima persona e i comandi, debitamente scelti, sono pensati per venir incontro alla migliore presentazione pensabile, sfruttando al limite tutte le potenzialità della console casalinga. Con pochi rimpianti e tanto coraggio, è sicuramente un titolo da non lasciarsi scappare per i possessori di PlayStation VR.

Guida ai Voti

Antonino Gennaro
Appassionato di videogiochi di nuova generazione e collezionista di giochi retrò che hanno fatto di PlayStation il prodotto d'eccellenza che conosciamo oggi. Sono un nerd a 360 gradi: oltre ai videogiochi, apprezzo tutto ciò che è arte per gli occhi. Adoro guardare anime preferibilmente in giapponese, leggere manga di ogni genere, amante del cinema cult e fanatico della fotografia.

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