Primo PianoThe Last Guardian - Recensione

The Last Guardian – Recensione

Publisher: Sony Computer Entertainment Developer: Team Ico
Piattaforma: PS4 Genere: Vaporware mancato (per fortuna) Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 59,99 €

Anche solo inserire il disco di The Last Guardian nella console è un’emozione, per quanto la possa pensare diversamente Spalletti. Perché non capita tutti i giorni che un titolo venga posticipato, rimandato, forse cancellato, ripreso eccetera eccetera. Abbiamo avuto per le mani un qualcosa per cui il lavoro richiesto è durato anni, e in questa piccola introduzione vi anticipiamo solamente che, anche considerate le tempistiche molto “comode”, non siamo rimasti delusi dall’esito finale.

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Un sogno, una storia

Non passa che qualche istante, e subito ce la ritroviamo lì davanti, la bestia, Trico. Nessun preambolo, nessuna premessa, solo una stanza rocciosa, buia e umida, e noi, nei panni del ragazzo, a tu per tu con questo strano essere “divora-uomini”, con le fattezze di un volatile quadrupede ma dal muso che ricorda quello di un cane, se non fosse per il becco.

Le origini di Trico non sono chiare, così come molte altre cose sono lasciate alla fantasia del videogiocatore, ed è possibile dedurre qualcosa in merito solamente grazie alle illustrazioni in stile medievale durante alcune fasi di caricamento, che alternano animali realmente esistenti ad altri di pura fantasia, tra cui il nostro fedele compagno. Il “dialogo” tra il ragazzo e la creatura avviene tramite gesti, intuizioni, silenzi esplicativi che, più di ogni parola, in relativamente poco tempo ci faranno enormemente affezionare a Trico grazie al rapporto di reciproca fiducia e, perché no, utilità che si cementificherà passo dopo passo nelle circa 10 ore di gioco utili al completamento dell’avventura. Alla fine di questa, anche dopo una macabra scoperta che lasciamo a voi il piacere di scoprire, vi sarete del tutto affezionati alla bestia e legati ad essa, e la potenza delle emozioni suscitate non è molto inferiore (anzi) all’ottima pellicola “Il drago invisibile” di Disney, rispetto al quale ci sono altre evidenti affinità; il finale è, veramente, da nodo alla gola, ma il consiglio che vi do è quello di assistere interamente ai titoli di coda, per non perdervi la reale conclusione di The Last Guardian.

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A fare da collante tra schermo e videogiocatore c’è la voce fuori campo del ragazzo stesso, sopravvissuto e cresciuto, che nella finzione narrativa ci farà vivere The Last Guardian come se fosse un’antica leggenda. Insomma, chi di voi ha già giocato Ico e Shadow of the Colossus coglierà immediatamente lo stile e lo spirito del gioco; questi due, sono titoli grazie ai quali è possibile immaginare un disegno più che decennale da parte del Team Ico e di Fumito Ueda, volto alla creazione di una particolarissima trilogia con evidenti tratti comuni senza che sia previsto alcun legame effettivo.

Privi di memoria circa gli ultimi avvenimenti – che saranno svelati solo nelle fasi più avanzate tramite delle analessi, o più prosasticamente flashback – e con dei misteriosi tatuaggi sulla pelle, ci risveglieremo dunque proprio davanti a Trico, legato con una catena al terreno. Incredibile a dirsi, il ragazzo è spaventato dalla creatura tanto quanto questa lo è del giovane umano. La diffidenza reciproca sarà però smantellata attraverso l’estrazione di lance conficcate sul corpo di Trico; questo sembra peraltro attratto da barili che si trovano nelle zone immediatamente limitrofe, e sarà nostro compito portarglieli al fine di nutrirlo.

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Gli inseparabili

La vicenda continua così, e sarebbe superfluo proseguire nel racconto. Perché in nemmeno un’ora si capisce esattamente cosa è The Last Guardian, dall’inizio alla fine. Un passare da un’area all’altra risolvendo enigmi di carattere quasi esclusivamente ambientale, sfruttando l’esigua dimensione del ragazzo, la capacità di spostare leve e addentrarsi in zone altrimenti precluse grazie alla propria agilità; oppure servendosi della mastodontica potenza di Trico, sia nelle fasi di combattimento che in quelle che richiedono enormi salti e spostamenti da una parte all’altra dello scenario.

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Scenario costituito da un’ispiratissima, magnifica valle in cui giacciono dimenticati numerosi edifici diroccati, la cui maestosità è però rimasta intatta, se non elevata all’ennesima potenza, grazie alla vegetazione incolta, alla potenza della natura che ha preso il sopravvento. Il gameplay di The Last Guardian è dunque costituito essenzialmente di salti da spiccare tra una piattaforma e l’altra, oggetti utili da spostare e macchinari da azionare, relegando le fasi action, comunque presenti, ai confini dell’avventura. In queste sezioni potremo decidere di rimanere a bordo di Trico per togliergli di dosso le (altre) lance che si gli si pianteranno in corpo, lanciate da misteriose armature, vive ma senza alcun indossatore al suo interno; oppure dargli una mano da terra, sbilanciando i nemici ma stando allo stesso tempo attenti a non essere “acchiappati” da essi. Se ci riusciranno a portare oltre la soglia di misteriose porte dai confini bluastri, questo significherà Game Over.

Nella sua essenzialità di gameplay, The Last Guardian procede lento, proprio come le altre opere concepite dalla mente di Fumito Ueda e dai suoi collaboratori. E’ un qualcosa di cui dovete fare da conto, e che, in un certo senso, è intrinseco alla natura stessa dei puzzle game; pur avanzando poco alla volta, e premendo di rado l’acceleratore, gli enigmi da superare saranno sempre molto brillanti, e a volte, trovata la soluzione, rimarrete sorpresi voi stessi di come gli sviluppatori siano riusciti a tenervela davanti agli occhi, nascondendovela però allo stesso tempo. E’ difficile da spiegare e meglio di così forse non è possibile fare, pena lo scadere in pesanti spoiler che comprometterebbero la vostra esperienza di gioco; l’unica cosa che è nelle vostre possibilità è, semplicemente, vivere The Last Guardian, per capire cosa intenda con queste parole.

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Con il procedere nel gioco, avrete modo di sperimentare altri comandi e funzionalità che arricchiranno l’esperienza complessiva. Da un certo punto in poi, sviluppato il giusto feeling, potrete dare ordini diretti a Trico, ad esempio, inoltre in specifiche sezioni sarete in possesso di uno scudo capace di riflettere una luce verde smeraldo e conseguentemente scagliare potenti fulmini rossastri dalla coda del vostro amico piumato. Ma, insomma, The Last Guardian mantiene delle tempistiche tutte sue che sono fondamentali nel mantenere la cadenza della storia raccontata, riuscendoci peraltro in maniera impeccabile.

Telecamera, hai proprio rotto il ca*zo

E’ dunque tutto oro ciò che luccica? In questo caso, in realtà, sì, ma in sede di recensione rimane assolutamente fondamentale fare un cenno alle lacune che il gioco, indiscutibilmente, ha, nonostante i continui miglioramenti apportati tramite aggiornamento gratuito (la versione raggiunta dal gioco nel momento in cui scrivo è la 1.03). Prima di tutto, la telecamera. Mobile, ma manuale: una roba vecchia di almeno due generazioni di console. Almeno. Verso la fine del gioco conoscerete alla perfezione la nuca del ragazzo, contro la quale la regia virtuale spesso si incastrerà; oltretutto la cosa risulta scomoda anche ai fini della prosecuzione nel gioco stesso, poiché un pertugio magari non proprio facile da individuare, e che poteva essere suggerito da particolari tagli dell’inquadratura, in The Last Guardian rimarrà nascosto alla vista fino a che probabilmente non ci andrete a sbattere contro. Optare per una telecamera fissa alla God of War, per quanto anacronistico, sarebbe stato una scelta più saggia.

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Altro problema. I cali di frame rate. Questi, in realtà, sono limitati alle fasi più frenetiche – dunque non molte – e comunque sono stati ridotti in maniera sensibile rispetto alla primissima versione del gioco, quella del day one. Insomma, prova alla mano, imprecherete infinitamente di più contro la telecamera che contro la frequenza dei fotogrammi, che praticamente mai compromette l’esperienza ludica complessiva. Ultima ma non meno importante: l’intelligenza artificiale di Trico. Anche in questo caso i passi avanti fatti con gli ultimi aggiornamenti sono consistenti, ma a volte, il Nostro, semplicemente non capirà una fava. Il discorso qui è un attimo più complesso, perché la cosa potrebbe essere stata ponderata. Quante volte, infatti, il vostro cane o gatto vi darà retta seduta stante? Quasi mai, chi ha un animale domestico lo sa. Benissimo. Quest’ultimo difetto, dunque, al contrario si è rivelato a tratti un incredibile pregio, che forse come nessun’altra caratteristica di Trico ci ha dato la sensazione che quest’ultimo potesse essere… reale.

Per ciò che attiene aspetto visivo e sonoro. Il doppiaggio in lingua nipponica, con sottotitoli in italiano, convince, così come splendidi sono i brani di accompagnamento in qualsivoglia contesto. Di bellezza stupefacente anche l’aspetto visivo, non tanto per i muscoli del potere grafico che non ha permesso agli sviluppatori di realizzare chissà quali animazioni facciali o altro (per una scelta stilistica volta a rendere il tutto più rarefatto, il ragazzo è stato realizzato con la tecnica del cel-shading a differenza di tutto l’ambiente circostante), ma per l’ispirazione onnipresente che si respira in ogni frangente di gioco.

Trofeisticamente parlando: non sono un ragazzo difficile, sono solo antipatico

La guida ai trofei di The Last Guardian è già presente sul nostro forum, mancano solo gli ultimi dettagli. Ottenere il trofeo di platino non sarà difficile, ma certamente piuttosto lungo e antipatico. Per i dettagli vi rimando alla guida stessa, ma sappiate che tra le principali richieste c’è quella di ottenere tutti i collezionabili (tra cui i commenti della voce fuori campo) e completare il gioco in meno di cinque ore.

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.

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