Primo PianoWe are the Dwarves - Recensione

We are the Dwarves – Recensione

“L’importante non è essere alti, ma assere all’altezza.”
(Anonimo)

Sbarcato su PC alla fine di Febbraio, We are the Dwarves è la prima opera di Whale Rock Games, team indipendente ucraino che visto il successo della sua opera ha deciso di tentare la fortuna anche su PlayStation 4. Poche modifiche e tanta sostanza che andiamo ad analizzare per dirvi tutto su tutto di questi coriacei nani.

I nani, i nani, i nani

Ambientato in un universo misto di fantascienza e fantasy, We are the Dwarves ci mette fin da subito di fronte alla realtà dei fatti: ci troviamo in un mondo che sta morendo, dove le stelle in cui i Nani vivono si stanno spegnendo, mettendo a rischio di estinzione la razza.

Nulla però è ancora perduto perché con le loro ultime risorse i barbuti esseri hanno deciso di spedire nello spazio profondo, composto in questa particolare ambientazione immaginaria da pianeti fatti di pura roccia, un trio di esploratori per cercare una nuova costellazione in quella che viene definita Pietra Infinita.

Forcer, Smashfist, e Shadow, i nostri tre eroi, incapperanno però in una serie di problemi e dovranno innanzitutto riunirsi per poi provare a portare a termine l’ardua missione affidatagli e salvare così la razza dei Nani.

Letto così il gioco sembra decisamente intrigante e pronto ad offrire risvolti degni di Tolkien. Sembra, perchè in effetti si trovano trame più interessanti sul retro dei flaconi di shampoo: al netto di un buon inizio infatti la narrazione si perde dopo pochi minuti diventando più che altro un noioso intermezzo tra uno schema di gioco e l’altro.

La storia però in questo caso risulta più che altro utile ad introdurre i personaggi e le loro abilità, che dovremo utilizzare al meglio per uscire indenni da una serie di pianeti fatte di caverne ed anfratti ed ricolme di ogni sorta di pericolo spaziale.

Lasciatemi pensare

Una volta terminato il breve filmato iniziale (inspiegabilmente sprovvisto di sottotitoli in qualsivoglia lingua) verremo calati subito nel vivo dell’azione. Come ormai sempre più spesso accade infatti We are the Dwarves sfrutterà i primi livelli come una sorta di tutorial.

La struttura di gioco è comunque, almeno all’apparenza, decisamente semplice: levetta sinistra per muoverci, levetta destra abbinata ad R2 per ruotare la visuale ed i tasti frontali preposti agli attacchi speciali ed al cambio di eroe attivo, con il solo R2 da sfruttare per eseguire attacchi standard.

Ogni nano sarà dotato di quattro diversi poteri speciali dedicati sia all’attacco che alla difesa, a seconda del tipo di personaggio che staremo utilizzando: Smashfist sarà il classico picchiatore da mischia, Forcer quello abile dalla media distanza ed infine Shadow, dotato di spiccate abiltà stealth.

Tutto questo ci permetterà di destreggiarci all’interno di una serie di schemi che verranno presentati con visuale isometrica (alla Diablo, per intenderci), perlopiù caverne e simili con qualche piccola variazione sul tema, come ad esempio antri oscuri o zone nello spazio aperto.

A popolare le mappe e rendere ovviamente più ardua la nostra impresa troveremo una serie di creature aliene pronte a farci la pelle: partiremo da semplici insetti per arrivare fino a strane creature marine e molto altro ancora, tutto potenzialmente letale per i nostri nani.

Succede tutto in un istante

Come abbiamo già detto, We are the Dwarves è un Real Time Strategy (abbreviato RTS), ossia un gioco di strategia in cui dovremo muoverci e ragionare consapevoli che tutto avviene in tempo reale. Questa definizione però è corretta solo in parte, dato che al giocatore sarà concesso in qualsiasi momento di mettere in pausa l’azione per decidere il da farsi.

Le prime fasi di gioco, eccezion fatta per un paio di passaggi particolarmente ostici, non richiederanno grandi ragionamenti, dunque questa funzione potrebbe passare in secondo piano salvo poi essere necessaria non appena da singolo diventeremo un gruppo e dovremo muovere più personaggi in maniera tattica.

L’Intelligenza Artificiale, dal canto suo, potrebbe decidere in maniera del tutto casuale di essere coriacea e pronta ad eliminarci al minimo errore oppure incredibilmente arrendevole: si tratta probabilmente di un problema di bilanciamento che si fa sentire soprattutto in certi punti del gioco che ripeteremo svariate volte anche solo per un nostro piccolo errore.

Le già citate abilità dei personaggi ci torneranno comunque decisamente utili per superare i momenti più duri: bombe a mano, colpi infuocati e tutte le tecniche stealth di Shadow, che indubbiamente è il personaggio che tra i tre risulta essere più divertente da giocare, ci permetteranno di avere la meglio sulla maggior parte degli avversari.

La maggior parte, appunto, perché contro alcuni avversari dovremo oltre alla potenza sfruttare anche l’ingegno: uscire infatti da certi schemi, come ad esempio uno di Forcer nello spazio aperto in cui il fucile servirà da propulsore, richiederanno anche materia grigia e pazienza.

Dwarfist!

Al netto delle numerosi morti che accumuleremo giocando a We are the Dwarves vista anche la già citata volubilità dell’IA, il completamento della Campagna principale composta da 2 capitoli per un totale di 18 missioni richiederà una ventina di ore circa.

Ad aumentare però la longevità altrimenti ridottissima di questo indie viene in nostro soccorso una modalità multiplayer che ci consentirà di farci aiutare da un massimo di altri due giocatori, andando così ad utilizzare l’interno team nanesco.

Questo fattore migliora decisamente l’esperienza di gioco penalizzata dal fatto che giocando in single player saremo costretti a “switchare” continuamente tra i membri per farli camminare, dato che non ci seguiranno in automatico ma rimarranno fermi come pali in attesa di nostri input.

Innegabile in questo senso che si sente la mancanza di dispositivi come mouse e tastiera che avrebbero reso decisamente più semplice un compito che, DualShock 4 alla mano, diventa quasi ingrato: comandare già solo due nani alla volta potrebbe consumare rapidamente dita e pazienza.

Poco da dire sul comparto audio-video: la grafica di We are the Dwarves è curata e con una paletta di colori che va dal marrone-grigio delle ambientazioni per arrivare fino a colori molto più vivaci e fluorescenti che caratterizzano determinati nemici per un impatto generale più che buono.

Nessun momento da pelle d’oca ma nemmeno da censura anche per la colonna sonora che ci accompagnerà placidamente durante le nostre scorribande e doterà i nani di una cavernosa voce rigorosamente in inglese, così come i sottotitoli (disponibili in una sfilza di lingue in cui l’italiano non è contemplato).

Trofeisticamente parlando – Barbe nello spazio

Non brilla né per quantità né per qualità l’elenco trofei di We are the Dwarves: solo 11 le coppe sbloccabili, con 4 argenti ed un solo Oro legato peraltro al completamento della Campagna principale. La difficoltà di ottenimento del 100%, a differenza del gioco in sé, è davvero bassa, dato che la maggior parte dei trofei ci chiederà di uccidere un determinato numero di mostri. Completando una prima volta la campagna principale dovreste ottenere tutto ciò che il gioco mette a disposizione.

Articoli correlati

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.