Primo PianoArmy of TWO: The Devil's Cartel - Recensione

Army of TWO: The Devil’s Cartel – Recensione

Publisher: Electronic Arts Developer: Visceral Games
Piattaforma: PS3 Genere: Third Person Shooter Giocatori: 1-2 (offline e online) PEGI: 18

Fin dal principio, lo scopo della saga di “Army of Two” fu quello di proporre un TPS divertente e frenetico, con alla base, però, un profondo gioco di squadra. Con “squadra” si intende due soli giocatori (da qui il titolo, Army of Two, due che bastano e avanzano pure per comporre un esercito). Questo terzo capitolo non è da meno; gli sviluppatori di Visceral Games hanno dato una bella svolta alla serie, ma senza estinguere i principi di fondo. Oltre ad aver eliminato del tutto il multiplayer competitivo, i ragazzi di Visceral hanno sostituito i due protagonisti Salem e Rios con due nuovi personaggi (Alpha e Bravo) e implementato il distruttivo Frostbite 2. Tutto ciò è un bene o un male?

Il Cartello non perdona

Come detto sopra, in questo nuovo capitolo di Army of Two non impersoneremo più i cari vecchi Salem e Rios, bensì Alpha e Bravo; i due vecchi protagonisti, comunque, saranno ancora parte fondamentale della trama, nonché mentori dei due “pivelli”. La narrazione è più curata rispetto al passato, completa di colpi di scena, personaggi carismatici e caratterizzati, oltre a qualche scena toccante davvero ben riuscita. Tuttavia, volendola raccontare senza fare spoiler, c’è poco da dire: un cartello di droga messicano deve essere fermato, e ovviamente chi entrerà in gioco, se non la TWO (Tactical Worldwide Operations)? Le vicende che aggroviglieranno i rapporti tra i vari personaggi (buoni e cattivi) gireranno attorno a missioni di vario tipo, dal salvataggio di ostaggi al classico inseguimento in auto fino alle battaglie aeree. Iniziamo subito col dire che le ambientazioni di Army of TWO: The Devil’s Cartel sono davvero varie (nonostante non ci si sposti mai dal Messico) e ben realizzate (oltre che quasi interamente distruttibili, ma di quello parleremo dopo). Rifugi, strade, magazzini, chiese, catacombe e molto altro: questi saranno gli scenari che accompagneranno le esplosive missioni dei TWO.
I livelli sono ben studiati, anche se non sempre offrono molta libertà d’azione, per la cooperazione tra i due giocatori; in determinate situazioni i due si divideranno per compiere strade diverse o per aiutarsi a vicenda, per esempio coprendo l’avanzata dell’altro dalla postazione fissa di un elicottero. Ovviamente il lavoro di squadra è alla base del gioco, e raramente si riuscirà a scamparla giocando da lupi solitari.

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Guerra per due

Essendo la cooperazione essenziale, non poteva mancare un sistema di guadagno (e di level up) legato proprio alle azioni di squadra, oltre che alle singole uccisioni. Per guadagnare più soldi non dovremo più completare obiettivi secondari, ma “semplicemente” giocare quanto più possibile in cooperativa col nostro compagno. Questo potrà essere un giocatore umano, se si sceglie di giocare online o in split-screen (divertimento assicurato) o guidato da un’IA che non rappresenta l’eccezione ma comunque rispettabile e che si comporta a dovere nelle situazioni più concitare. L’IA degli antagonisti non è da meno: andranno spesso a cercare ripari e cercheranno di aggirare i giocatori, e si attesta sugli stelli buoni livelli.
Torniamo quindi ai nostri punti: in The Devil’s Cartel andranno a riempire la barra dell’Overkill, che, una volta riempita, può scatenare un devastante potere distruttivo, ancora più efficace se usato in contemporanea con il proprio partner. Mentre l’Overkill è attivo, le munizioni diventano infinite, i giocatori diventano invulnerabili ad ogni tipo di danno e, soprattutto, ogni singolo proiettile causerà danni tremendi, ai nemici e all’ambiente circostante. Da sottolineare è che durante l’Overkill viene meno praticamente ogni legge della fisica o della logica, ed è proprio questo a renderlo la feature più interessante del titolo.

Distruggere ogni cosa è tutto quel che conta!

Parlando più puramente di gameplay, Army of TWO: The Devil’s Cartel si presenta come un classico TPS: il sistema di ripari è ottimo e abbastanza intuitivo, oltre che essenziale per sopravvivere, le meccaniche sono le stesse già viste e collaudate in tanti altri titoli dello stesso genere. Le fasi di shooting sono ben realizzate e, soprattutto, divertenti, ma a lungo andare si sente la mancanza di vera innovazione (per esempio, non troviamo più il vecchio “spalla a spalla” o altre peculiarità proprie della serie). Anche in questo terzo capitolo, una volta feriti gravemente si può essere curati dal proprio compagno, azione che questa volta richiederà molto meno tempo e aggiungerà punti alla barra dell’overkill. Anche l’aggressività fa il suo ritorno e, sebbene manchi il vecchio “aggrometro”, diventa presto semplice gestire l’aggressività (giocando insieme all’IA si potranno impartire precisi ordini per sviluppare strategie più complesse). Una notevole cura è stata riservata al corpo a corpo, che presenta varie animazioni, tutte spettacolari, a seconda della posizione del giocatore e del nemico. Affrontando in corpo a corpo un nemico dotato di un’arma da scontro ravvicinato, inoltre, si attiva un confronto, che consiste nella ripetuta pressione del tasto X per sopraffare il nemico e ucciderlo.

Voglio le MIE armi!

Alpha e Bravo, sebbene privi di nomi veri e propri, almeno nel gioco, diventeranno presto due personaggi ben definiti, ognuno con le proprie paure e debolezze, e soprattutto ognuno con le proprie battute (che non mancheranno assolutamente nell’arco di tutto il gioco). La caratterizzazione non risiede soltanto nei loro ego, tuttavia, ma anche nel loro arsenale: come di consueto sarà possibile portare tre armi, che qui prendono il nome di primaria, secondaria e ausiliaria. Mentre l’arma ausiliaria consiste in una pistola (di cui è possibile modificare soltanto il colore), con le prime due categorie di armi potremo davvero sbizzarrirci: fucili d’assalto, mitra, LMG, shotgun e fucili da cecchino saranno a disposizione una volta raggiunto un certo grado (in questo modo, ad ogni level up si sbloccano nuove armi/accessori). Ogni arma è personalizzabile nel dettaglio; è possibile modificare per esempio il calcio, il caricatore, l’ottica, la canna, il sottocanna e l’innesto laterale di gran parte delle armi, oltre al colore. La personalizzazione dell’armamentario è senza dubbio più che ottima, anche se non raggiunge quanto visto in Ghost Recon Future Soldier. In compenso, però, Alpha e Bravo non si accontenteranno di personalizzare le loro armi: come in Army of Two The 40th Day sarà possibile scegliere una delle numerosissime maschere personalizzate o crearne una propria, e in The Devil’s Cartel viene aggiunto anche dell’altro: la personalizzazione della divisa (sempre selezionabile tra una lista molto capiente) e dei tatuaggi sulle braccia.

Ma che bell'arma... ora però voglio usarla.

Il giocatore avrà quindi sempre un senso di “suo” nel concepire il personaggio: molto difficilmente, giocando online, troverete un compagno d’armi anche lontanamente simile a voi esteticamente parlando. Altra storia per le armi, che sì son tante, ma spesso ci si trova d’accordo sull’uso di un tipo di arma piuttosto che un altro; per esempio è logico usare mitra o shotgun in ambienti stretti e chiusi e cecchini quando ci si trova sopra un tetto davanti a una larga e lunga strada.

Nel bene e nel male

Volendo guardare al titolo come qualcosa di unitario, non si può che notare la mancanza di contenuti. La campagna, dalla durata piuttosto soddisfacente, è però scarsamente rigiocabile; inoltre, data la mancanza di un multiplayer competitivo o comunque di altre missioni vere e proprie (al di fuori dei contratti) lascia un po’ con l’amaro in bocca. Abbastanza azzeccata, a proposito, la scelta degli sviluppatori di chiamare “E adesso?” il trofeo ottenibile finendo la storia, poiché sarà esattamente quel che si dirà il giocatore.
E adesso?
Ad ogni modo, ciò è davvero un gran peccato, considerando che la campagna presenta missioni lunghe, varie e che richiedono collaborazione; tra situazioni folli a battaglie facilmente definibili  come boss fights, è capace di intrattenere dall’inizio alla fine, nonostante la struttura del gameplay sia quella classica di uno sparatutto in terza persona. Gran parte del merito va dato, oltre che alla trama, al Frostbite 2: una buona parte dello scenario può essere distrutto con proiettili e granate, e non sarà raro vedere qualche muro sfracellarsi sotto i colpi delle nostre bocche da fuoco. Di nuovo, però, c’è da rigirare il coltello nella piaga: come con tutto il resto, anche il Frostbite 2 stesso poteva essere sicuramente sfruttato meglio.
Una lode va invece al buon vecchio Brian Tyler, compositore che, ancora una volta, riesce a donare tutta la propria anima per il giocatore, tramite musiche forse non eccezionali, ma sicuramente sopra la media e adatte al tipo di gioco.

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Commento finale

Army of TWO: The Devil’s Cartel è un titolo molto, molto difficile da valutare; il lavoro dei ragazzi di Visceral è molto apprezzato, ma purtroppo è più che palese che avrebbero potuto fare di meglio. Nonostante tutte le buone cose messe insieme nel gioco, ci sono mancanze troppo gravi per considerare il terzo Army of Two come un gran TPS. Ad ogni modo, o lo si ama, o lo si odia; se, come me, apprezzate la personalizzazione del personaggio e delle armi, la distruzione e la follia stessa di una campagna intensa e abbastanza longeva (e una stupenda soundtrack, per inciso), allora il mio consiglio è quello di prenderlo. D’altra parte, però, se non amate i TPS o se volete un titolo con cui “provare” il genere, questo potrebbe non fare al caso vostro. Un ultimo appunto va però fatto a favore della componente cooperativa: se avete un amico, online o vicino casa, per giocare la campagna in due, allora sentitevi pure di alzare il voto del gioco fino a 20, e filate immediatamente a comprarlo.

7/10

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