Primo PianoMurdered: Soul Suspect - Recensione

Murdered: Soul Suspect – Recensione

Publisher: Square Enix Developer: Airtight Games
Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS3) Genere: Adventure Giocatori: PEGI: 18

È sorprendente: il potere della morte umana di far rinsavire. Ha più peso di ogni parola, di ogni argomento: è la forza ultima. Si impossessa della tua attenzione e del tuo tempo. E ti lascia cambiato.

Philip K. Dick

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Quando Zodiac incontra Ghost

Ghost è il film diretto, nel 1990, da Jerry Zucker, con un cast di tutto rispetto che includeva lo scomparso Patrick Swayze, la bella Demi Moore e l’irriverente Whoopi Goldberg. Sicuramente lo conoscete, dal momento che le televisioni italiane, in occasione della festa consumistica per eccellenza (leggi anche: San Valentino), ce lo ripropongono una quindicina di volte almeno a settimana. Lui ama lei, lui rimane ucciso, ma dal momento che proprio non ce la fa ad abbandonare lei ottiene il permesse di rimanere tra i vivi sotto forma di fantasma per proteggerla. I due non potranno comunicare, ma un terzo elemento esogeno, una medium, riuscirà a fare da tramite.
Zodiac invece è un film del 2007, diretto dall’ottimo David Fincher: un film certamente meno conosciuto ma, come nella maggior parte dei casi accade, anche più valido. Con un cast altrettanto eccelso composto in primis da Jake Gyllenhall, Robert Downey Jr. e Mark Ruffalo, Zodiac racconta, più che le vicende inerenti il “Killer dello Zodiaco” (dotato anche di simbolo riconoscitivo), come le vite dei personaggi interpretati dai tre attori citati cambino radicalmente, unendosi, mescolandosi, intrecciandosi.
Questa piccola – ma non troppo – digressione cinematografica per introdurvi a quella che è la storia di Murdered: Soul Suspect, oggetto di questa recensione, e anche per sottolineare sin da subito come gli sviluppatori di Airtight Games abbiano deciso di dare priorità alla componente narrativa, a tal punto da rendere Murdered un prodotto appetibile tanto a un cinefilo quanto a un videogiocatore. Square Enix tiene al fatto che non siano svelati troppi dettagli a proposito della trama, per cui ci limiteremo all’essenziale. Il gioco comincia (ormai lo saprete, visto tutti i trailer che vi abbiamo segnalato nei mesi antecedenti il gioco) con la morte del protagonista stesso, il detective dal rocambolesco passato Ronan O’Connor, per mano di un misterioso individuo che sta terrorizzando la cittadina di Salem.
L’uomo è stato battezzato dai media “Killer della Campana”, in relazione al simbolo, raffigurante proprio una campana, trovato in occasione di molti decessi misteriosi e attribuili proprio a questo serial killer: un curioso parallelismo con il “Killer dello Zodiaco” sopra citato. Ronan, però, come accaduto al protagonista di Ghost, rimane prigioniero in una sorta di limbo, non potendo abbracciare la sua amata Julia, deceduta a sua volta tre anni prima, e dovrà sistemare i propri fatti in sospeso per raggiungere la pace eterna. Date le circostanze della morte di Ronan, prima fatto volare giù da una finestra e poi colpito con sette colpi da arma da fuoco dal Killer della Campana, la soluzione non potrà che essere una: scoprire chi sia questo serial killer e fermarlo, una volta per tutte. Questo non senza l’aiuto di un “tramite” con il mondo reale, continuando ancora i riferimenti a Ghost, ossia una ragazzina, di nome Joy, con la capacità di vedere ed interagire con i fantasmi.

Ronan non è il solo fantasma di Salem...
Ronan non è il solo fantasma di Salem…

Nonostante il gioco non duri moltissimo, ma nemmeno troppo poco considerando gli standard attuali (stiamo parlando di sei-otto ore di durata), per nemmeno un istante perderete interesse nei confronti delle peripezie narrate a schermo: i ragazzi di Airtight Games sono riusciti a creare un thriller-horror che, pur prendendo a mani basse riferimenti da film più o meno noti, riesce a coinvolgere non poco il videogiocatore. Dall’inizio, con la morte “a sorpresa” di quello che sarà il protagonista dell’intera vicenda – anche se forse un inizio un po’ meno brusco in cui  utilizzare Ronan da vivo, per assaporare ancor meglio la differenza tra l’essere un umano e un fantasma, sarebbe stato gradito -, alla riuscitissima fine, di cui non possiamo rivelarvi assolutamente nulla, ma che risulta essere, per una volta tanto, DAVVERO il finale “che non ti aspetti”, a differenza di quanto sempre più spesso si trova nelle sale cinematografiche. Una caratterizzazione dei personaggi mediamente buona vi stimolerà ulteriormente a scoprire i tetri segreti di Salem: in Murdered: Soul Suspect non troverete nessuno, a livello di carisma, che possa anche solo eguagliare Max Payne, Nathan Drake o Solid Snake, ci mancherebbe, ma nel suo piccolo Ronan ci farà al suo personaggio e a quello che gli sta capitando.
Peccato per una situazione tecnica che definire “rivedibile” sarebbe eufemistico, soprattutto per quanto riguarda la versione PlayStation 4 del titolo, in cui il lavoro svolto a livello grafico dai ragazzi di Airtight Games risulta essere deficitario, specie se paragonato alla concorrenza che si è messa al lavoro su console next-gen. Se è vero che il gioco risulta essere molto fluido a livello di framerate, per contro i caricamenti sono veramente troppi, il dettaglio grafico di personaggi e ambienti risulta deficitario e più di una texture appare sgranata: tutti difetti che per fortuna non arrivano a rovinare l’esperienza di gioco, comunque.
Oltre a questo vi capiteranno cose piuttosto clamorose (anche più del fatto di essere un fantasma), come vedere, nel giro di un solo isolato, due-tre donne assolutamente identiche sia a livello di tratti somatici che di abiti indossati. Che siano attività paranormali pure queste? Noi, che siamo buoni, ci lasciamo il beneficio del dubbio, riportando comunque il fatto che, oltre ad essere identiche tra loro, le donne in questione continuano a fare avanti e indietro nella loro decina scarsa di metri di marciapiede. Un atteggiamento che, se non fosse dovuto a delle animazioni e ad un intelligenza artificiale clamorosamente povere, lascerebbe adito a pensieri, sulla moralità di queste donne, che di paranormale avrebbero ben poco.
Steso un velo sulla situazione visiva, parzialmente risollevata da quella sonora, resa accettabile grazie ad un buon doppiaggio e ad una colonna sonora che pur non rimanendo impressa nella mente svolge il suo compito, un’ultima menzione, prima di chiudere il paragrafo e passare a parlare del gameplay, spetta all’atmosfera. Il gioco fa ricorso, specie a livello di location, a molti cliché tipici del cinema horror, facendovi esplorare il manicomio, la chiesa, la stazione di polizia e il cimitero della cittadina: fa molto piacere sottolineare il fatto che pur non essendo particolarmente originali, questi posti siano stati sapientemente amalgamati tra loro e godano di una caratterizzazione propria, specchio essa stessa dell’inquietante Salem.

Tra i "pro" di essere un fantasma, va sicuramente annoverato quello di passare attraverso le pareti. Per la serie: "Le porte le usano solo i perdenti"
Tra i “pro” di essere un fantasma, va sicuramente annoverato quello di passare attraverso le pareti. Per la serie: “Le porte le usano solo i perdenti”

Quando L.A. Noire incontra Mindjack

Il gameplay di Murdered: Soul Suspect, con i suoi pregi o difetti che ora vedremo, è estremamente singolare. Prima di tutto, è impossibile non evidenziare la componente free roaming, visto che la cittadina di Salem è liberamente esplorabile. Si tratta però di un’esplorazione “fittizia” e lineare, dal momento che più che di “cittadina” in senso stretto, sarebbe meglio parlare di “HUB tridimensionale” in cui muoversi per proseguire nella storia. Salem non è assolutamente vuota, ci mancherebbe: per le vie troverete alcuni cittadini, ma di questi quelli che vi offriranno delle sub-quest si possono contare sulle dita di una mano, e non è un modo di dire. Oltre a questo, troverete una marea di “collezionabili”, utili ad approfondire il passato di Salem e di Ronan, specie la sua relazione conclusasi pochi anni prima per via del tragico decesso della moglie, oppure a sbloccare delle inquietanti ma molto (molto) accattivanti storie legate a degli omicidi compiuti nel recente passato. Detto questo, il fatto di creare, come detto, questo HUB tridimensionale, al posto di optare per una magari demodè ma più funzionale struttura a livelli, va inteso come una scelta da parte degli sviluppatori di conferire maggiore personalità all’atmosfera del gioco, che, come già detto, risulta sicuramente tra i pregi di questo Murdered: Soul Suspect. Un’opzione del genere ha infatti permesso di creare interessanti contrasti architettonici tra gli edifici esistenti e quelli “fantasma”, rasi al suolo dal procedere del tempo.

I demoni sono anche ben fatti, ma le sezioni stealth...
I demoni sono anche ben fatti, ma le sezioni stealth…

Addentrandoci maggiormente nel discorso gameplay, il gioco è diviso in due sezioni nette, quella investigativa e quella stealth. La prima è decisamente maggioritaria sia a livello di tempo occupato durante l’avventura che di importanza. Sostanzialmente, Ronan dovrà ispezionare un’area “di interesse” (per via di un omicidio commesso, o di qualche importante fatto accaduto) alla ricerca di indizi. Questi possono essere oggetti reali – come schegge di vetro, una pistola, un quadro – oppure paranormali – facilmente visibili dal colore “blu elettrico” che li contraddistingue, e che Ronan può “sbloccare” tramutandoli in visioni data la sua situazione di fantasma -. Oltre al fatto di doverli trovare e selezionare perlustrando a fondo l’ambiente, capiterà di incappare in piccoli enigmi che daranno un tocco ancora più “investigativo” al tutto, in cui dovremo, ad esempio, rispondere ad una domanda selezionando l’indizio più importante fino ad ora trovato, ricostruire cronologicamente le vicende sempre basandoci su quanto abbiamo scoperto, o ancora associare un suono alla giusta immagine.
Ronan potrà anche sfruttare le sue doti da fantasma entrando nel corpo di esseri umani in carne ed ossa (più o meno come accadeva in Mindjack, sempre pubblicato da Square Enix, ve lo ricordate? Per fortuna però Murdered è qualitativamente superiore!) per vedere con i loro occhi dati altrimenti preclusi, ad esempio, o condizionarli per variare così anche la situazione circostante, ed avere la possibilità di proseguire nell’indagine. Ci lascia perplessi il fatto che sia possibile anche prendere possesso degli animali, ma questi si limitino ai soli gatti, quasi come se gli sviluppatori non avessero avuto il tempo di aggiungerne altri o come se a Salem ci fossero solo felini: un dato che renderebbe questa città anche più inquietante di quello che è già, ne converrete. Sia come sia, la cosa è funzionale ad entrare in zone raggiungibili solo con l’agilità di un gatto: da un certo punto in poi il nostro sarà anche capace di teletrasportarsi, ma per motivi a noi ignoti certi luoghi rimarranno raggiungibili solo prendendo possesso di un gatto, malgrado l’acquisita capacità di teletrasporto. Che il nostro Ronan sia gattofilo?

Ronan non "bucherà" lo schermo come qualche sua collega videoludico, ma ha comunque un carisma tutto suo, diciamocelo.
Ronan non “bucherà” lo schermo come qualche sua collega videoludico, ma ha comunque un carisma tutto suo, diciamocelo.

Un po’ di pepe in più durante queste sezioni sarebbe stato gradito, visto che in basso a sinistra, sullo schermo, avrete sempre modo di vedere quanti indizi vi mancano da scoprire nella zona che state esplorando (come accadeva in L.A. Noire, anche se con modalità differenti), ed inoltre il gioco consente un larghissimo margine di errore, tant’è che a volte potrete selezionare diverse opzioni a caso fino a trovare quella giusta.
Il gameplay dunque sposa in toto la linearità di fondo del gioco, offrendo un livello di sfida molto basso: però, forse a sorpresa, non stanca mai e anzi appassiona pure, dando un feedback di progessione conoscitiva notevole, un po’ perché Murdered non dura molto, un po’ perché gli sviluppatori si sono concentrati più sulla storia che sui meccanismi di gioco, cosa evidente da subito, un po’ perchè stiamo parlando di un gameplay che pur essendo lineare e non troppo profondo rimane, in ogni caso, particolarissimo.
Promuovendo dunque, anche se con qualche riserva, le sezioni investigative, non possiamo proprio fare lo stesso con quelle stealth: se è vero che queste costituiscono un diversivo tra un’indagine e l’altra, è altrettanto vero che peccano di una totale assenza di profondità ludica e soprattutto di un level design semplicemente squallido. Nel caso in cui a non dovere essere visto sia Ronan, avremo a che fare con dei demoni: il nostro obiettivo sarà quello di spostarci tra un’ombra e l’altra per tentare di prendere di sorpresa questi esseri mostruosi. Stop. Al di là dell’eccessiva semplicità di fondo, queste sezioni risultano spesso essere anche frustranti per il videogiocatore, a causa di una disposizione dei ripari che sembra essere stata totalmente casuale, da parte degli sviluppatori. Come disse, nel film “Le Riserve”, il presidente della squadra protagonista della pellicola, parlando dei propri giocatori: “Le scimmie che si lanciano merda cacca (NdD) allo zoo sono più organizzate di questo cesso!”, una frase che ci sembra pertinente anche alle fasi stealth di Murdered: Soul Suspect, consentitecelo.
La situazione non migliora quando la protanista è Joy. Dovremo supportarla disattivando telecamere di sicurezza, aprendo porte bloccate o distraendo eventuali individui, ad esempio con l’accensione improvvisa di televisori o focopiatrici (che si metteranno a sparare fogli come se non ci fosse un domani, fogli che spariranno nell’istante in cui toccheranno il suolo, a proposito di comparto tecnico “rivedibile”): il gioco NON prevede che la ragazzina possa essere scoperta. Va bene la linearità e il basso livello di difficoltà per rendere tutto più cinematografico, e in larga parte sono due elementi che giustifichiamo… Ma non sarà un po’ esagerato?

httpvh://www.youtube.com/watch?v=0nIpHcpW3d0

Commento finale

Murdered: Soul Suspect è chiaroscurale come la stessa Salem, e non conosce mezze misure: in un determinato ambito eccelle, nell’altro risulta scadente. Si passa da una trama thriller-horror coinvolgente come nei cinema non se ne vede da un po’, da un’atmosfera riuscita e da sezioni investigative che hanno un loro perché, a un comparto tecnico che ha bisogno di una (grossa) sistemata e a fasi stealth che sono IL male. Le potenzialità per un brand di successo sono comunque elevatissime: speriamo vivamente che Square Enix possa dare un maggiore budget e più tempo di sviluppo a degli sviluppatori che, con un eventuale sequel migliorato ed ampliato, potrebbero veramente tirare fuori il cosiddetto coniglio dal cilindro. Un po’ come successe per il secondo capitolo di Assassin’s Creed.

7/10

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.