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Dragon Quest Builders – Recensione

Publisher: Square Enix Developer: Square Enix
Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 59,99 €

“Se l’opportunità non bussa, costruisciti una porta.”
Milton Berle

Fin dalla Preistoria l’uomo si è distinto dalla maggior parte delle altre creature che popolano il globo terracqueo per la sua spiccata capacità di inventare e costruire. Da questo semplice concetto è nato, nel lontano 2009, uno dei videogames più noti ed apprezzati del mondo: Minecraft. A distanza di sette anni da quell’opera magna, Square-Enix ha deciso di riprendere il concetto ed applicarlo ad uno dei suoi brand più noti, ossia Dragon Quest: vediamo quindi assieme se questa fusione è riuscita.

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Il portatore dello Stendardo

Se qualche fan sfegatato avesse avuto modo di giocare il primissimo episodio di Dragon Quest, uscito su Nintendo nel 1989, saprebbe che al termine di un’avventura incredibile il nostro eroe, giunto al cospetto del terribile Dragonlord, ricevette dallo stesso la proposta (rifiutata) di comandare il mondo metà a testa.

Bene, Dragon Quest Builders parte da questo piccolo preambolo, ipotizzando però che l’eroe avesse deciso di accettare la proposta del malvagio essere, rimanendo vittima della proposta rivelatasi a tutti gli effetti un tranello. La terra di Alefgard cade così in mano ai mostri, diventando distrutta e desolata, questo almeno fino alla comparsa di un nuovo eroe, il protagonista del gioco appunto, dotato della possibilità ormai perduta di costruire.

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Aiutato dallo spirito della Terra, colui che chiameremo “l’eroe”, nonostante più volte ci venga detto che in effetti eroi non siamo e non dobbiamo essere, dovrà quindi sfruttare le sue doti per riportare agli antichi fasti Alefgard e le città da cui una volta era composto, recuperando materiali di ogni tipo ed aumentando sempre di più le sue capacità di costruttore, fino al terribile scontro finale.

I preamboli dell’avventura, basati su un paradosso, sono però ben congegnati e fanno sì che il giocatore resti coinvolto dagli eventi e si senta quasi responsabile per le sorti dei villaggi che visiterà e che man mano andrà a ricostruire, creando edifici, barriere e sconfiggendo i mostri che tenteranno di rovinare il nostro operato. Vediamo però più nel dettaglio le meccaniche di gioco.

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Monta, smonta, rimonta

Chi avesse già giocato al celeberrimo Minecraft troverà familiari le meccaniche sandbox utilizzate all’interno di Dragon Quest Builders. Per tutti gli altri invece vi basterà sapere che l’intero mondo di gioco sarà composto da cubi, stile mattoncini LEGO, che potranno essere spaccati, raccolti e ricollocati, per creare strutture abitative, barriere e chi più ne ha più ne metta.

Ovviamente stiamo semplificando il concetto, perché dopo pochi minuti di gioco ci accorgeremo che quello che potremo raccogliere sarà ben più di semplici blocchetti di terra o di pietra, dato che potremo abbattere alberi, tagliare piante e scavare per ottenere minerali ben più preziosi dei sassi sparsi sul terreno. Ad ogni nuovo oggetto raccolto (o quasi), la mente del nostro eroe galopperà e studierà un modo per utilizzarli, dando accesso ad una serie di utensili che potranno essere costruiti tramite un apposito banco da lavoro, permettendo così al giocatore di evolversi e migliorare sia le strutture costruite che il suo equipaggiamento.

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Equipaggiamento che sarà utile sia per raccogliere materiali altrimenti impossibili da ottenere (come ad esempio rocce più dure di altre) e soprattutto per sconfiggere i terribili mostri che infestano la bella Alfegard e che ai fan della saga porteranno alla mente tanti ricordi. Slime, Golem, Skeletri e molti altri volti noti faranno la loro ricomparsa, ognuno con il design tipico che li ha resi famosi in tutto il mondo e la consueta voglia di ridurre a zero i nostri punti ferita.

Ovviamente però il gioco non è solo raccolta e costruzione fine a se stessa, ma per dare un po’ di pepe gli sviluppatori hanno inserito una trama ed ovviamente una serie di missioni da completare per riportare il mondo ai suoi antichi fasti e sconfiggere il terribile Dragonlord che continua a dominare con pugno di ferro.

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Shiny Happy People

Come detto durante le prime righe di questa recensione, la trama di gioco si basa su un paradosso legato al primo capitolo della saga di Dragon Quest. Il mondo devastato dai mostri è anche la “scusa” per far interagire il nostro eroe con numerosi personaggi che si sono salvati e puntano a riportare la loro terra agli antichi fasti, ma per farlo necessitano di strumenti e soprattutto di di strutture che solo noi saremo in grado di costruire.

Oltre ad esaudire le richieste degli abitanti dei villaggi che visiteremo però, che diventeranno più grandi man mano che ci evolveremo, dovremo però far fronte alla continua minaccia dei mostri che attaccheranno la città cercando di distruggere gli edifici e le difese tanto faticosamente costruite. Di tanto in tanto infatti ci verrà segnalata una missione di combattimento, durante la quale affronteremo ondate di avversari fino al combattimento con un mini-boss.

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Ognuno dei capitoli in cui è diviso il gioco poi si concluderà con un feroce combattimento con il Boss finale, con meccaniche tutte particolari che sapranno mettere in difficoltà anche i giocatori esperti, molto più di quanto in effetti facciano le battaglie standard.

Dopo ogni missione o lotta completata riceveremo nuovi oggetti ed in certi momenti precisi un portale, che ci permetterà di accedere a zone altrimenti irraggiungibili a piedi in cui raccogliere nuovi fondamentali oggetti ed aumentare così sempre più le nostre capacità costruttive. Questa meccanica comunque, all’apparenza molto semplice, è una formula che funziona e permetterà a chiunque di divertirsi e proseguire senza troppi patemi la propria avventura.

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Tutto fatto a mano

Se c’è una cosa che riesce a coinvolgere anche più di una buona storia sono soprattutto le ambientazioni ed i personaggi, e come sempre Dragon Quest non tradisce le sue origini. I fan sfegatati della saga potranno riconoscere fin dalle prime battute lo stile tipico della saga, con il design dei personaggi messo a punto dal maestro Akira Toriyama (Dragon Ball vi dice niente?) ed una colonna sonora di tutto rispetto.

Lo stile deformed, con testa dei personaggi leggermente sproporzionata rispetto al corpo, ben si addice allo stile di gioco e permette di identificare facilmente i membri del nostro villaggio, sempre ottimamente caratterizzati. Anche i nostri avversari beneficiano di questo design d’eccellenza, senza però discostarsi dai tratti tipici della serie e mantenendo le giuste proporzioni, una scelta che anche questo caso risulta azzeccata.

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Nulla da dire anche sull’ambientazione, composta dai classici blocchi in stile Minecraft e, per quello che abbiamo potuto vedere, completamente distruggibile, per arrivare spaccando e scavando fin dove vorremo. L’assortimento di oggetti e materiali da recuperare è anch’esso ben congegnato e, salvo rarissimi casi, non ci troveremo quasi mai a corto di “provviste” né di luoghi in cui farne scorta, il tutto grazie anche ad una cassa globale a cui potremo attingere in qualsiasi momento dal menu di pausa per evitarci fastidiosi “avanti e indietro” per avere ciò che ci serve di volta in volta.

Unico difetto riscontrato, se di difetto possiamo parlare, è l’eccessiva semplicità del gioco in certi frangenti, soprattutto le battaglie contro i mini-boss, favorite anche da barriere costruibili dal giocatore e spesso sufficientemente potenti da rendere i nostri attacchi quasi superflui. Considerato però anche il target vario a cui il titolo è rivolto riteniamo che si tratti comunque di una scelta condivisibile.

Trofeisticamente parlando – Per fare il Platino ci vuole il bronzo

L’lenco trofei di Dragon Quest Builders vanta decisamente pochi trofei, solo 20 compreso però anche un succulento Platino. Per arrivare alla massima ricompensa però dovremo diventare dei veri e propri mastri costruttori, dato che sarà necessario completare ogni Capitolo completando tutte le missioni, oltre a svolgere varie volte le varie azioni come costruire, piazzare oggetti e molto altro ancora. Missione comunque non impossibile, ma mettete in conto ben più di qualche ora per arrivare a questo Platino.

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Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.