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Exile’s End – Recensione

Un tuffo nel passato, sarà questa la prima sensazione che avrete appena avviato il gioco realizzato da Magnetic Realms, o perlomeno se siete giocatori di vecchia data (sulla trentina diciamo). Se invece siete dei giovani gamer allora avrete l’occasione perfetta per immaginare come ci si divertiva negli anni Ottanta e Novanta.

Riassunto…

Il titolo ha inizio con una breve intro formata da corte sequenze animate in 16 bit. Come spesso capitava all’epoca, la trama è ridotta all’osso con pochi dialoghi tra i protagonisti, lasciando intendere tutto il retroscena presente nel gioco. Queste scene, di tanto in tanto, proseguendo la storia, vi balzeranno improvvisamente agli occhi staccandovi bruscamente dal gioco per continuare la narrazione della trama.

Il vostro avatar in Exile’s End sarà un soldato di un esercito privato, che mentre si trova su una nave spaziale, radunato dal presidente di una società mineraria con il compito di far luce sull’interruzione delle comunicazioni provenienti da una colonia su un pianeta alieno, si ritrova naufragato sullo stesso. Tutto ciò a causa di una misteriosa avaria della nave spaziale. Al vostro risveglio sul pianeta sarete armati di sola volontà e dovrete recuperare armi ed oggetti per difendervi e per poter proseguire.

Exile’s End fa leva su una tipologia di trama cinematografica fantascientifica ormai consolidata nei tempi da molti titoli passando da Flashback: The Quest for Identity fino ad arrivare al più recente Dead Space, dove le ambientazioni cupe e la solitudine, come del resto accenna il titolo stesso del gioco, ne sono le protagoniste assolute.

Tutorial? Non sono un dilettante

I giocatori occasionali potrebbero certo trovare difficoltà all’avanzare nel gioco, perché un altro elemento retrò che caratterizza il gioco, oltre ad aumentarne la difficoltà, sarà la totale assenza della benché minima indicazione. Magnetic Realms ha rispettato a pieno questo canone, come del resto capitava in tutti i titoli dell’epoca come Castlevania: Symphony of the Night. Nessun tutorial sull’utilizzo delle armi o su come affrontare i nemici, ma soprattutto nessuna indicazione su dove andare per soddisfare i requisiti della missione che dovremo compiere, il che ci porterà a girovagare parecchio in un mondo 2D ampio, criptico e abbastanza ripetitivo.

Ad aiutarci nell’orientamento avremo solo una mappa che mostrerà esclusivamente le zone già esplorate e la nostra memoria. Infatti molte zone di gioco saranno accessibili solo proseguendo la storia e comunque solo dopo aver risolto alcuni puzzle. Questo aspetto, se pur fedele al passato, potrebbe scoraggiare, o addirittura stancare, la maggior parte di giocatori. Perché diciamocelo, ormai le software house ci hanno abituato troppo bene.

La caratterizzazione dei nemici è abbastanza varia e man mano che si avanza questi aumenteranno di intensità, forza e dimensioni. Infatti, se inizialmente ci troveremo a dover semplicemente saltare dei serpentelli, o a prenderli letteralmente a sassate, ben presto dovremo evitare proiettili e palle di fuoco lanciate da mostri volanti o da colossi grossi quattro volte noi o più.

Catapultati in un mondo alieno senza aiuto alcuno, dovremo imparare a sopravvivere solo con la nostra esperienza diretta, aumentando cosi la sensazione di solitudine che non ci abbandonerà mai, oltre al numero di game over che otterremo soprattutto nelle prime fasi di gioco. Saremo immersi in un mondo dove basta un niente a ucciderci. Una caduta, un salto sbagliato contro delle stalattiti o una biscia che cade dall’alto sono solo alcuni dei pericoli mortali che dovremo imparare, a nostre spese, a evitare.

Salta, spara, salta…

Il gameplay di Exile’s End è intuitivo e, purtroppo o per fortuna, molto limitato. Tutto quello che dovremo fare si può ridurre ad un semplice salta (schiva), spara e salta (schiva). Questo almeno per quanto riguarda il comparto di gameplay legato al combattimento. Oltre all’utilizzo dello stick analogico sinistro, utilizzato per muoversi, ci limiteremo per la maggior parte del tempo ad utilizzare i tasti X (salta) e Quadrato (spara).

Detto questo, il comparto esplorativo sarà la parte prevalente del gioco, infatti le mappe del mondo che dobbiamo esplorare sono vaste e articolate, molte zone saranno accessibili solo dopo aver ritrovato un componente dell’armatura che ci consentirà di restare in apnea piuttosto che di resistere a cadute vertiginose, o solo dopo aver ritrovato una chiave d’accesso. Le mappe saranno, a grandi linee, formate da una zona centrale che collega varie diramazioni delle stesse, che collegano a loro volta ad altre zone del gioco invece che ad aree segrete sbloccabili abbattendo pareti o risolvendo piccoli puzzle.

Come appare il gioco

Magnetic Realms ci immerge in un gioco a scorrimento laterale in un mondo 2D tetro e cupo dove i colori prevalenti, salvo il poco verde nella mappa della foresta, sono i neri, i grigi e i marroni. Gli sfondi spesso saranno blandi pareti di riempimento spogli di alcun arredo mentre in altri casi, nelle zone esterne, saranno ritratti di paesaggi caratterizzati a sufficienza per dare una lieve sensazione di profondità.

Come anticipato dalla breve premessa, lo stile retrò sarà l’essenza stessa del gioco. A rimarcare il concetto gli sviluppatori hanno aggiunto un filtro, opzionabile e attivabile esclusivamente dalla schermata iniziale, che aumenta l’effetto tubo catodico; in realtà questa funzione sfoca lo schermo rendendo la definizione più simile alle prime TV a colori, facendo diventare il titolo ancora più apprezzabile per i veri amanti del genere.

Oltre alla modalità principale, abbiamo inizialmente a disposizione, come scelta opzionale, la modalità Sopravvivenza. Questa sezione sarà, se possibile, ancora più difficile della storia principale. Qui dovremo eliminare fino all’ultimo nemico presente nell’area per poter passare a quella successiva, il tutto entro lo scadere del tempo limite.

Terminato il gioco avremo poi a disposizione la modalità Speedrun, legata a un trofeo del gioco, e la modalità Difficile, come se non lo fosse a sufficienza il titolo base. A caratterizzare definitivamente il gioco è poi la colonna sonora di Keiji Yamagish, che di classici se ne intende visto che tra i suoi lavori ritroviamo la soundtrack di Ninja Gaiden (NES). Si tratta di un supporto che, aggiunto al riuscito lavoro dei ragazzi di Magnetic Realms, dà il vero tocco di stile al gioco.

La sezione artistica è stata implementata dal supporto di artisti che parteciparono alla realizzazione di titoli come Sword of Mana e Guilty Gear. Alla fine dei conti avremo tra le mani un indie che, se uscito negli anni Novanta, molto probabilmente avrebbe lasciato un segno indelebile.

Trofeisticamente parlando: ultrarari per veri collezionisti

Exile’s End non ha il Platino, quindi i cacciatori di trofei si dovranno accontentare del suo 100%. Traguardo che non sarà affatto semplice perché infatti tra i suoi 11 trofei se ne trovano ben 2 ultrarari che richiederanno: uno di completare il gioco in meno di 3 ore; l’altro di completarlo trovando ogni singolo oggetto presente nel gioco. Non esistendo alcuna video guida al riguardo, ed essendo un mondo di gioco labirintico, il risultato dovrà esser il semplice risultato della vostra pazienza e del vostro impegno.

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Daniele Bonati
Approdato sui lidi del Bit poco più di un anno fa, è diventato subito una seconda casa con tanti fratelli con cui litigare... Ha iniziato la sua "carriera" con il mitico NES, passando per casa SEGA fino ad arrivare a Sony, senza disdegnare attimi di debolezza anche per Microsoft. Oltre ai videogame adora collezionare varie Action Figure, in particolare legate alla saga di Assassin's Creed.