Primo PianoFull Throttle Remastered - Recensione

Full Throttle Remastered – Recensione

“Quando penso a Maureen mi vengono in mente due cose: asfalto e guai”.
Ben Throttle

Arrivato dopo mostri sacri del calibro dei primi due Monkey Island, Loom e Day of the Tentacle, e prima di Monkey Island 3 e Grim Fandango, Full Throttle è una delle avventure grafiche dell’età dell’oro di LucasArts. Con un’operazione analoga a quella realizzata per i già citati Grim Fandango e Day of the Tentacle, Double Fine ha riportato alla luce questa piccola perla, con la nuova grafica disegnata a mano, la rimasterizzazione dell’intero comparto audio e il supporto al 4K per PlayStation 4 Pro.

A più di vent’anni dall’uscita originale del gioco, oltre ad analizzare le caratteristiche di una pietra miliare del genere Punta e Clicca, ci chiediamo quanto e come sia invecchiato Full Throttle. La risposta la trovate nella nostra recensione.

A tutto gas

Malcolm Corley, presidente della Corley Motors, è l’ultimo baluardo in difesa dei veicoli a motore, essendone l’unico produttore nello stato. Il vicepresidente dell’azienda, Adrian Ripburger, non è però dello stesso avviso e sta tramando qualcosa per acquisire il controllo della Corley Motors e mettere fine alla produzione di motociclette, grande passione del presidente in carica. Il nostro protagonista, Ben, suo malgrado, si troverà coinvolto in una situazione che ben presto si rivelerà molto più grande del previsto. A dare una mano al nostro eroe anticonvenzionale ci penserà Maureen, misteriosa ragazza appassionata delle due ruote.

Arrivati a questo punto, evitiamo di addentrarci oltre nella trama, anche perché rovinarvela sarebbe davvero un peccato: Full Throttle, come un po’ tutte le avventure LucasArts, possiede una storia avvincente, imprevedibile e sempre ricca di colpi di scena. L’avventura è breve (considerata anche la semplicità della maggior parte degli enigmi), ma riesce a regalare un concentrato di emozioni che raramente è possibile ritrovare in altri videogiochi.

Gran merito va dato alla caratterizzazione dei personaggi, come al solito impeccabile, con protagonisti dal grande carisma e comparse capaci, anche con una sola battuta, di rimanere impresse nella memoria per sempre. Parliamo innanzitutto di Ben, dal carattere rude e scontroso, ma sempre mosso dal nobile ideale della libertà: uno dei protagonisti più controversi e carismatici dell’intero universo LucasArts. A differenza dell’ironia di Guybrush o dei protagonisti di Day of the Tentacle, Ben è più riservato e, come vi spiegheremo più avanti, tende a risolvere i problemi con la forza, piuttosto che con le parole. Questo cambio di registro fu dovuto alla voglia di provare qualcosa di nuovo da parte degli sviluppatori, ed è riscontrabile anche nella trama, molto più seria e violenta rispetto ai giochi realizzati in precedenza, con tinte noir molto più vicine a quelle che saranno adottate in seguito per Grim Fandango.

Sarebbe ingiusto poi, non citare la tanto affascinante quanto misteriosa Maureen, il simpatico e scanzonato Malcolm Corley e il malvagio Ripburger. Tutti personaggi pieni di sorprese, grazie ai quali gli sviluppatori hanno raccontato una storia che, grazie alla sua qualità, non ha minimamente accusato il peso degli anni.

Con la violenza si risolve tutto

Come già vi abbiamo accennato, Ben rompe gli standard dell’eroe, anche un po’ “sfigato” volendo, che per raggiungere i suoi obbiettivi fa uso di intelletto e parlantina. Ci troviamo di fronte a un’avventura in cui c’era voglia di cambiare, nonostante il successo ottenuto in precedenza: una sperimentazione che influisce anche sul gameplay. L’interfaccia di gioco è stata rinnovata rispetto al passato, non solo graficamente, e ci mette a disposizione quattro comandi: esamina, usa la bocca (e c’è un motivo, che gli appassionati capiranno, se non lo definiamo con il classico “parla”) usa le mani e usa i calci. Questo ovviamente influisce sugli enigmi, che risultano meno complessi rispetto ad altre avventure LucasArts (manca anche la possibilità di unire gli oggetti), ma non privi dell’ironia e della sagacia a cui siamo abituati. Più che sulla quantità, considerando anche la breve durata del titolo, gli sviluppatori puntarono sulla qualità, che ancora oggi ci sembra di ottimo livello.

Quello che invece non abbiamo apprezzato più di tanto, e che forse accusa di più il peso degli anni, è la componente action. Durante l’avventura ci ritroveremo a guidare moto e auto, in sezioni interessanti dal punto di vista concettuale (gli scontri in motocicletta ci hanno ricordato in un certo senso i duelli a insulti di Monkey Island, con l’unica differenza che qui ci si picchia per davvero) ma realizzate in maniera non proprio eccezionale. Qualcosa di rivoluzionario ai tempi, ma che ai giorni d’oggi può rivelarsi a tratti frustrante da controllare, soprattutto nella fase dedicata alla guida dell’auto.

Una vita da centauro

Uno degli aspetti più affascinanti di Full Throttle è senza dubbio l’ambientazione: uno scenario semi-apocalittico, in cui a farla da padrone è il deserto. Bande di motociclisti che fanno della propria passione una sorta di culto, rifiutando il progresso tecnologico in nome della loro identità. Un mondo affascinante quello dei centauri, che vivono per la libertà e per il rombo dei propri motori. Proprio come Ben, che in più di un’occasione si dimostrerà fedele ai propri ideali, rinunciando ai benefici del denaro e della notorietà. Un mondo che, per fortuna, anche chi non ha vissuto negli anni d’oro di LucasArts potrà rivivere grazie a questa rimasterizzazione.

Rimesso a nuovo

Come era già successo per Day of the Tentacle, più che rifinire il vecchio design, i ragazzi di Double Fine hanno creato una nuova grafica di gioco praticamente da zero. La nuova veste di Full Throttle ci piace, oltre a essere utile per avvicinare quelli che proprio non sopportano la grafica in pixel di vent’anni fa. L’avventura non perde nulla, anzi: vista la chiarezza dell’immagine è ora possibile distinguere molti più dettagli, oltre che gustare in alta definizione tutte le cutscene del gioco.

Ottimo il lavoro svolto anche con l’audio, che era ed è rimasto tutt’oggi uno dei punti forti della produzione: le musiche, curate dai The Gone Jackals, sono perfette e contribuiscono al fascino selvaggio dell’ambientazione, rimesse a nuovo per l’occasione. Anche il doppiaggio è straordinario, sia in versione originale, con voci del calibro di Mark Hamill e Roy Conrad, che in lingua italiana. L’unico difetto riscontrato in questo senso, è relativo alla qualità della rimasterizzazione del doppiaggio nostrano che, probabilmente a causa della bassa qualità delle tracce originali, è rimasto un po’ “sporco” e risulta di qualità nettamente inferiore (per quanto riguarda l’audio, non per le performance dei doppiatori) a quello in lingua originale.

Trofeisticamente parlando: ladro di conigli

Full Throttle Remastered porta su PlayStation 4 ben 40 nuovi trofei, Platino compreso. Ottenerli sarà una passeggiata, soprattutto seguendo la guida già presente sul nostro forum. Tutti gli obbiettivi sono raggiungibili in una sola run, ma il nostro consiglio è di salvare spesso e godervi la trama, per poi recuperare eventuali trofei mancabili che avete lasciato indietro.

Articoli correlati

Gennaro Favatà
Detto anche Giovanni, dagli amici di Ubisoft. Newser, inviato, grafico e se sei fortunato lo trovi anche sul forum di PlayStationBit. Ama alla follia fumetti, cartoni animati, videogiochi e quanto di più colorato e nonsense ci sia, non disdegnando però generi più dark come l'horror e il noir. Inoltre, come ogni eroe che si rispetti, sa trattenere il fiato per dieci minuti.