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Cult of the Lamb – Recensione

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Come se fossimo dei novelli messia, abbiamo deciso di fondare il nostro culto e realizzare una recensione di Cult of the Lamb. Il nuovo titolo di Massive Monster e Devolver Digital si presenta da subito come un gioco che non si preoccupa di toccare tematiche scottanti, facendolo però con una leggerezza e una simpatia uniche nel loro genere. Mettetevi comodi sulle panche della nostra chiesa e ascoltate il sermone di PlayStationBit, tra un tributo e un sacrificio.

Il culto dell’agnello

Sia i credenti infervorati che i meno fedeli non avranno fatica a metabolizzare l’agnello come uno dei simboli sacri per eccellenza. Nella religione cattolica, ad esempio, questo animale è presente fin dall’Antico Testamento e simboleggia, tra le altre cose, il sacrificio di Gesù Cristo. Questa però non vuole essere una disquisizione teologica, ma una recensione di un gioco che prende questo simbolo e ne stravolge il significato. Cult of the Lamb mette infatti nei panni di un agnello, la cui avventura non è delle più fortunate. Un gruppo di cultisti che venerano i quattro Vescovi ha infatti deciso di sacrificarlo, un tributo a queste potenti entità. Tutto sembra finito ancora prima d’iniziare, ma la morte del protagonista innesca una serie di eventi.

Un’antica e oscura divinità, chiamata The One Who Waits (ossia “Colui che Aspetta”) decide di salvare l’anima dell’agnello e renderlo il suo messia. Lo scopo del nostro lanoso eroe diventa quindi duplice: in primis, vendicarsi di tutti coloro che l’hanno condannato a una dipartita prematura. Secondariamente, diventa necessario diffondere il verbo del nostro benefattore, creando un culto di fedeli in grado di compiacerlo. Come è facile immaginare, Cult of the Lamb non si preoccupa fin da subito di toccare tematiche scomode, tra cui la morte e una dichiarata crudeltà delle divinità. Per quanto però l’ambientazione sembri seriosa e tetra, stupisce fin da subito che tutto sia proposto con uno stile che richiama Animal Crossing.

I personaggi sono stilizzati e richiamano volutamente i cartoni animati, con i seguaci che sono ad esempio presentati come animali. L’unica nota seria è affidata allo splendido design delle divinità, inquietanti nella loro maestosità ma comunque mai fuori contesto rispetto al gioco. Anche i nemici, come vedremo, non si discostano da questo stile, rendendo tutto un mix strano ma piacevole di violenza e carineria. Badate bene, però: farsi ammaliare dall’aspetto di Cult of the Lamb potrebbe costare caro. Le minacce che si celano nell’oscurità dei boschi sono tante, e voi siete solo un agnellino.

Arrestami e redimimi!

Cult of the Lamb è un Giano bifronte, un gioco dalla doppia anima in cui un elemento diventa parte integrante dell’altro. Il primo dei due aspetti che i giocatori scoprono è quello roguelike: dopo la resurrezione, l’agnello infatti impugna un’arma e si concentra sul massacro degli infedeli. In questi frangenti, il gioco di Massive Monster è un hack’n’slash con visuale isometrica, strutturato in maniera simile a quanto proposto da The Binding of Isaac.

I giocatori si spostano in una serie di stanze, grandi quanto l’intero schermo. Ogni area viene generata in maniera casuale e può contenere nemici, tesori oppure personaggi non giocanti pronti a fornirci vari bonus. Le prime mappe sono molto lineari, diventando più complicate via via che si prosegue con la campagna principale. Terminata un intero schema si viene ricompensati con un baule speciale e si prosegue nel labirinto, fino a trovare un boss da sconfiggere. I comandi di combattimento sono molto semplici: un tasto per attaccare, uno per schivare e uno per le mosse speciali. Le armi e i poteri sono incredibilmente vari, creando a ogni partita un agnello sempre diverso: a volte lento e potente, altre volte scattante per attacchi leggeri ma fulminei.

Questa grande varietà è amplificata dalla presenza di bivi, che permettono di decidere in quali stanze accedere. A volte potrebbe convenire cercare di recuperare salute, espressa in un numero variabile di cuori, altre volte puntare alle risorse. Queste ultime sono parte integrante della seconda anima di Cult of the Lamb, quella gestionale. Una volta terminato il primo, semplice dungeon, ci si trova infatti davanti a un gioco completamente diverso. Oltre a dover combattere i Vescovi, infatti, il nostro agnello è chiamato a creare un culto fiorente, in cui The One Who Waits possa essere venerato come un vero dio.

Satanical Crossing

Sopravvivendo alle scorribande nei dungeon si ha la possibilità di tornare alla propria base. Qui il nostro agnello deve sfruttare il suo ascendente per creare un culto fiorente, reclutando seguaci e facendo offerte alla divinità. In questi momenti, Cult of the Lamb si trasforma in un gestionale pratico e immediato, in cui raccogliere risorse per creare un villaggio vivo e articolato. Dapprima ci si troverà in un’area brulla, piena di massi e alberi da abbattere. Con il tempo però si inizieranno a costruire letti, infrastrutture e si darà vita a una vasta comunità di cultisti, pronti a lavorare per noi, pregare e fare donazioni.

La gestione del villaggio avviene in maniera molto semplice: un banco da lavoro permette d’investire risorse per creare strutture come letti, campi da coltivare e simili. Le preghiere dei fedeli forniscono invece punti per sbloccare nuovi elementi o evoluzioni di quelli già in nostro possesso. Man mano che il culto cresce, anche il villaggio lo farà. Raccogliere seguaci all’interno dei dungeon diventa quindi fondamentale per avere più forza lavoro, considerato anche che i nostri fedeli potrebbero soffrire di vari problemi e arrivare perfino alla morte.

Gestire la comunità significa infatti anche tenere pulito il villaggio rimuovendo gli escrementi, nutrire e motivare il popolo e soddisfarne i bisogni. Di tanto in tanto infatti i cultisti ci chiederanno di completare missioni secondarie per aumentare la loro fede in noi, elemento fondamentale per garantire preghiere costanti e sforzi lavorativi massimizzati. Diventare dei cattivi profeti potrebbe infatti spingere i fedeli a rivoltarsi contro di noi, abbandonare il culto e chissà cos’altro. Fortunatamente, da buoni pastori, potremo fare affidamento sulla fede.

Che l’agnello sia con te

Leggendo la recensione sino a questo punto, potreste pensare che l’elemento religioso è solo accennato all’interno di Cult of the Lamb. Questo perché non abbiamo ancora parlato degli aspetti più peculiari del titolo di Massive Monster. Una delle strutture di base del nostro culto è infatti la chiesa, in cui chiamare a raccolta i fedeli. Qui è possibile eseguire una serie di azioni legate appunto alla venerazione e non solo. La prima funzione a cui si ha accesso è quella del sermone, un modo per tenere alto il morale della truppa e raccogliere nel contempo punti per potenziare il nostro agnello. Per ogni seguace ci sarà un’unità di preghiera: riempita un’apposita barra si potrà sbloccare una nuova abilità.

Proseguendo con la campagna, si sbloccheranno poi nuove abilità. Spendendo oggetti speciali recuperati nei dungeon diventa possibile infatti potenziare la propria corona (simbolo della nostra vicinanza al Dio), ottenendo poteri oltre ogni immaginazione. Utilizzando invece delle speciali tavolette di pietra, simili a quelle dei Dieci Comandamenti, è possibile invece annunciare delle Dottrine. Queste sono divise in cinque rami, che toccano elementi come la vita dopo la morte, la legge e persino la possessione. Ogni dottrina offre sempre due scelte, una più conservativa e una invece più drastica e brutale. Una volta deciso, non sarà più possibile cambiare la propria scelta.

Alcune di queste Dottrine danno poi accesso a una serie di Rituali, che possono essere attivati al bisogno e che avranno poi un tempo di cooldown. La maggior parte offre una serie di vantaggi nel breve e lungo termine, chiedendo un obolo sotto forma di oggetti. Non mancano però rituali più brutali e violenti, che impongono il sacrificio di uno o più seguaci per attivare effetti variabili e magari rendere più docili o fedeli gli altri adepti. La scelta, in questo caso, è tutta sulle spalle del giocatore. Con il passare dei giorni si può infatti decidere di diventare un capo setta sanguinario oppure uno benevolo e compassionevole.

Meglio di Kratos

Anche così, la carne al fuoco sarebbe già tantissima. Dungeon pieni di mostri, boss da sconfiggere e un intero villaggio da gestire. Cult of the Lamb però ha numerosi assi nella manica, a cominciare da una campagna in singolo longeva e piena di colpi di scena. I dungeon sono divisi in un totale di cinque rami di difficoltà crescente. Si parte dal Darkwood, decisi ad abbattere il tirannico e pestilenziale Leshy. Da qui l’avventura del nostro agnello è un’escalation di violenza, combattendo dei antichi e crudeli.

Per farlo, come abbiamo detto, si utilizzano varie armi, dalle asce alle spade, con abilità di vario tipo. Alcune potrebbero avvelenare, altre risucchiare salute e così via. Non mancano poteri speciali da utilizzare con il Fervore, ricaricabile abbattendo i nemici. Ogni mossa scatena effetti devastanti, come tentacoli dal terreno o bombe di catrame. L’equipaggiamento viene fornito casualmente all’inizio del dungeon, ma può essere modificato sfruttando negozi e forzieri. Per migliorare le proprie abilità esistono invece i tarocchi, forniti da un cartomante pronto a darci una mano.

Tantissime possibilità quindi, per partite sempre diverse e sfide sempre nuove. Se poi tutto questo non vi bastasse, sappiate che il viaggio dell’agnello è costellato d’incontri con personaggi secondari strampalati. Questi, a volte, garantiranno l’accesso a nuove aree in cui commerciare spendendo le monete d’oro ottenute nei dungeon. Molto spesso inoltre si potranno completare una serie di missioni secondaria, per ottenere oggetti speciali e ricompense uniche. I più impazienti possono comunque tirare dritto fino al boss finale, anche se schivare ogni elemento secondario potrebbe costare caro: la morte (per quanto non permanente) è sempre dietro l’angolo.

Il linguaggio degli dei

Con una proposta così varia e un mix così particolare di generi, si potrebbe pensare che Massive Monster abbia trascurato l’aspetto tecnico. Niente però è più lontano dalla verità, perchè Cult of the Lamb è un gioco curato in ogni minimo dettaglio. Abbiamo già fatto un piccolo accenno alla grafica, che mischia elementi in stile cartone animato con altri decisamente più seri. Ogni cosa viene affrontata con leggerezza, pur non lesinando sulla crudeltà. Ecco quindi che un seguace verrà sacrificato con animazioni brutali, mentre una divinità sconfitta esploderà in una pioggia di sangue.

Il livello di dettaglio si spinge anche nella realizzazione di ambientazioni curate, piene di piccoli dettagli come il movimento dell’erba oppure la comparsa di scheletri delle creature e dei cultisti uccisi. Lo stile scelto dai ragazzi di Massive Monster è davvero unico e vale da solo il prezzo del biglietto, amplificato anche da un ciclo giorno-notte che modifica periodicamente il paesaggio, mostrando varie sfacettature e appagando l’occhio del giocatore. A supportare la grafica, troviamo poi una colonna sonora di prim’ordine, ricca di tracce ben contestualizzate affiancate da effetti sonori incredibilmente “religiosi”.

Un doveroso accenno va fatto alla scelta, a livello audio, di non doppiare nessuno dei personaggi. Ogni creatura che popola Cult of the Lamb emette però dei versi, simili a quelli dei Simmers di The Sims o di altri giochi sui generis. Parlare con i personaggi non giocanti regala quindi sempre un sorriso: unica nota dolente la traduzione solo in lingua inglese, che potrebbe rendere macchinoso comprendere alcuni scambi di battute e alcuni giochi di parole. Ottima invece la longevità, che si attesta sulla ventina di ore, variabile sulla base della difficoltà scelta tra le tre disponibili. Ad aumentarla ci pensa poi anche un piccolo mini gioco basato sui dadi chiamato Knucklebones, che vi lasciamo scoprire senza anticiparvi nulla.

Trofeisticamente parlando: coppe sacrificali

La lista trofei di Cult of the Lamb nasconde una grande quantità d’insidie. La maggior parte delle coppe è comunque sbloccabile proseguendo nella campagna, tanto che arrivare alla fine del gioco permetterà di mettere in bacheca la metà abbondante dei trofei disponibili. Per arrivare al Platino, però, bisognerà diventare dei messia perfetti. Oltre a sbloccare ogni elemento presente nel gioco, bisognerà abbattere i quattro Vescovi senza subire danno e completare varie richieste di miscellanea. I cacciatori meno fedeli sono avvisati: diventare profeti perfetti non sarà una passeggiata.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
9/10
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Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.

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