Nel panorama attuale dei giochi di auto possiamo dire che tutte le caselle siano occupate. Se cerchiamo un titolo dedicato alla Formula Uno troviamo F1 22, se cerchiamo il rally abbiamo WRC 10, vogliamo invece un arcade? Need for Speed Unbound fa al caso nostro, mentre se cerchiamo una esperienza old school possiamo provare Super Woden GP. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, giusto? Effettivamente certe specialità del panorama a quattro ruote non sono ben valorizzate, come il drift. E qui scende in campo ECC Games, con il suo nuovissimo DRIFTCE, con il quale abbiamo vissuto momenti tutti di traverso per realizzare la nostra recensione.

Che cos’è il drifting?
Prima di tutto, sappiamo cos’è il drifting? Credo che prima o poi nella vita tutti abbiano visto uno dei video del defunto Ken Block, il quale si divertiva a mettere l’auto di traverso e a far fumare le gomme. Sebbene lui usasse un’auto 4WD, le cose cambiano abbastanza poco. Il drifting è l’arte di riuscire a tenere un’auto in una sbandata controllata, facendo fumare gli pneumatici e riuscendo a seguire una traiettoria corretta, senza perdere la derapata e senza andare in testacoda. Un po’ come camminare su una corda tra due grattacieli, in pratica.
Le modalità di gioco di DRIFTCE
DRIFTCE offre alcune modalità per potersi divertire mettendo le auto di traverso e cercando di ottenere la derapata definitiva. Tra queste spicca la carriera, in cui costruiremo la nostra auto da zero, con un budget limitato, e progrediremo tra allenamenti e circuiti superando sfide, eventi e via dicendo. Questi saranno valutati mediante i punti derapata, accumulabili in base alla durata della sbandata e al moltiplicatore che sale tanto più a lungo si riesce a mantenere il controllo.
Mano a mano che completeremo gli eventi sbloccheremo i successivi e le relative sfide, in una progressione senza soluzione di continuità. Saremo sempre valutati con un sistema di coppe di bronzo, argento e oro alle quali sono collegate ricompense economiche. Quest’ultime possono poi essere spese per acquistare nuove auto, pezzi o potenziamenti di materiale già acquistato. Potremo quindi, in definitiva, trasformare il nostro veicolo in un missile terra-terra per consumare le gomme a ritmi trascendentali.
Dopodiché ci saranno la gara veloce, la modalità libera e la prova a tempo, nelle quali selezionare una qualunque auto presente nel gioco, sia in versione base che pronte drift, per potersi divertire e allenare sui vari circuiti, anch’essi sbloccati. Ultimo, ma non per importanza, il comparto multigiocatore, nel quale sfidare amici e sconosciuti a colpi di freno a mano e badilate di gas.

Il gameplay di DRIFTCE
Partendo dal presupposto che mantenere una sbandata controllata sia una faccenda che unisce fisica e meccanica, oltre che una dote di controllo non comune, teniamo bene a mente che il gioco si propone come un simulatore. Non ci possiamo quindi aspettare troppi aiuti da parte degli sviluppatori, i quali ci sfideranno a mantenere l’auto su quel sottile equilibrio.
Ci siamo però trovati, nonostante anni e anni di esperienza con i racing di qualunque tipo e caratteristiche, in profonda difficoltà affrontando anche il semplice (?) tutorial del gioco. Durante il lungo, corposo e noioso incipit, troppo concentrato e ricco di informazioni difficilmente metabolizzabili in pochi minuti, abbiamo potuto creare la nostra prima auto da drift, utilizzando come base una Mazda MX-5. Dopo aver passato alcuni ulteriori momenti nel garage, modificando il veicolo, successivamente testandolo al banco e infine portandolo in pista, ci siamo presto resi conto di quanto complicato sia tenere il l’auto su strada.
E non si tratta solamente di “serve solo qualche minuto di adattamento”, ma di imparare completamente da zero a gestire un’auto che è profondamente reattiva e che è complicatissimo far andare dove vogliamo noi. Abbiamo impiegato molto più tempo di quanto avremmo creduto per completare le gare tutorial, e siamo rimasti abbastanza sconcertati dal fatto che la modalità carriera sia solo una serie di sfide a tempo, a punteggio o di gymkhana. Mai saremo messi a fianco di altri contendenti, non ci saranno campionati in cui sfideremo nessuno, sarà sempre una questione tra noi e il gioco. Un peccato vero. C’è come già anticipato il multigiocatore, ma di certo non basta a nascondere le mancanze del comparto single player.

Un po’ Car Mechanic Simulator, un po’ Initial D
Come abbiamo accennato in precedenza, avremo modo di preparare l’auto per le competizioni nel garage. Approfondendo questo aspetto, possiamo dire che questa sia senza dubbio la parte più riuscita del gioco. Infatti, le auto hanno una vastità (oltre 1800) di pezzi personalizzabili, a partire dall’estetica con i sedili, il pomello del cambio o la leva del freno a mano senza dimenticare spoiler, minigonne e altro. Dove il gioco esprime tutta la sua magnificenza meccanico-ingegneristica è il motore. Potremo infatti fare di tutto, dal sovralimentare un motore aspirato fino al costruire da zero un motore rotativo Wankel a 4 rotori. Il sogno erotico per ogni persona abbia sentito suonare la Mazda 787B. (Se voleste rifarvi le orecchie vi consiglio questo video per la 787B e questo per un 4 rotori montato su una RX-7.)
Nonostante la bellezza del poter togliere, mettere, fare e brigare (“brigare” termine tecnico, n.d.S.), anche qui ci sono delle criticità abbastanza importanti. Punto primo, nel momento in cui si vanno a visualizzare le auto da poter comprare dal concessionario, queste impiegano numerosi secondi per essere caricate dalla potente PlayStation 5.
Punto secondo, nonostante sia presente una modalità per poter visualizzare quali pezzi siano mancanti su un motore, alcuni rimangono completamente nascosti e impossibili da vedere se non smontando il minimo necessario, che non è detto sia né facile né veloce. Nel nostro caso, abbiamo dimenticato di montare il regolatore di pressione del circuito dell’olio motore. Questo, essendo montato all’interno della coppa dell’olio è completamente invisibile senza smontare la coppa stessa. Allo stesso tempo, non sapendo a cosa servisse, né dove fosse montato, ci siamo trovati in difficoltà cercando il suo posto. Si poteva fare sicuramente di più per andare incontro anche ai non meccanici.
Punto terzo, i suoni delle auto non sono veritieri. Se i quattro o i sei cilindri possono essere confusi tra loro, il Wankel 4 rotori ha un suono decisamente peculiare. Questo non è assolutamente stato trasportato all’interno del gioco, con nostro profondo disappunto. Considerato che il focus del titolo sono proprio le automobili, sotto questo aspetto DRIFTCE non ci ha soddisfatto.

Le auto e i circuiti di DRIFTCE
Nel gioco sono presenti dodici auto su licenza. Tra queste citiamo la Toyota AE86, la Nissan Silvia (S15) e la Mazda RX7, essendo le tre più importanti e famose nel panorama drift. Tutti i modelli sono contraddistinti da una generale attenzione verso dettagli, riflessi e resa grafica. Nonostante questo, una volta in pista (o in strada) saltano fuori alcuni problemi.
I nastri d’asfalto presenti nel gioco sono in totale quattordici, riprodotti con tecnologia Laserscan, garantendo il massimo del realismo. Tra questi c’è il leggendario circuito Ebisu e un tracciato sul Monte Haruna. Questi sono ben rappresentati nel loro interno, ma appena si volge lo sguardo oltre il guardrail si vede grafica in bassissima risoluzione e una generale scarsa cura per i luoghi dove un occhio attento può andare a posarsi. Inoltre, nelle zone di chiaroscuro è possibile vedere che l’illuminazione sull’auto rimane presente, come se ci fosse una luce sopra il tettuccio anche in zone d’ombra. Come se non bastasse, abbiamo notato alcuni importanti cali di frame rate, nonostante saremo (sempre) soli, unitamente a una generale scarsa qualità delle texture.

Quello che ci è piaciuto in DRIFTCE
Non vorremmo sembrare dei recensori viziati con la puzza sotto il naso, quindi andremo qui di seguito a elencare cosa abbiamo trovato interessante e stuzzicante nel gioco.
L’approccio tecnico sull’auto è sicuramente uno dei più grandi pregi del titolo. Per chiunque sia appassionato di meccanica e di automobilismo in generale è assolutamente splendido poter vedere un motore disassemblato pezzo per pezzo, respirando l’aria dell’officina con quegli aromi di benzina, olio e sbloccanti vari. Turpiloqui blasfemi compresi nel prezzo.
La possibilità di personalizzazione è direttamente derivata dal punto precedente, potendo ad esempio creare un’auto con un motore rotativo ma nata con una power unit a pistoni e viceversa. Potremo inoltre realizzare livree secondo il nostro gusto, mediante un reparto carrozzeria dotato di tutto il necessario.
È lodevole l’idea di portare il drift su console con un approccio più simulativo e realistico rispetto a quello arcade e ludico di altri titoli, come Inertial Drift. Sicuramente ci sono delle criticità da sistemare, ma lo spunto va sicuramente nella giusta direzione. L’inclusione di piste realmente esistenti e di tratti di montagna reali e piacevoli da vedere (nonostante non particolarmente ricchi di dettaglio) è un elemento di pregio. Seppur limitati nella quantità, le basi ci sono tutte.

Il Platino di DRIFTCE – servirà tanta gomma bruciata
La lista trofei di DRIFTCE comprende trentasei coppe, divise in ventiquattro di bronzo, cinque d’argento e d’oro, oltre a uno scintillante Platino. Per ottenere quest’ultimo il gioco chiede sostanzialmente di essere completato al 100%, portando a termine tutte le sfide presenti nel gioco per ogni singolo circuito nelle varie modalità, cioè allenamento, prova a tempo e gymkhana. Inoltre, sarà necessario acquistare cinque auto in totale, guadagnare 100.000 crediti in carriera e accumulare ben dieci milioni di punti derapata. Al di là della difficoltà di controllo delle auto, che può essere imparata a gestire, questo si preannuncia uno dei Platini più lunghi e impegnativi per un gioco di guida. Buona fortuna al cacciatore di trofei che ci proverà e riuscirà a portalo a casa.