The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me – Recensione

Sviluppatore: Supermassive Games Publisher: Bandai Namco Entertainment Piattaforma: PS5 (disponibile anche per PS4) Genere: Horror Giocatori: 1-5 (online 1-2) PEGI: 18 Prezzo: 39,99 € Italiano:

“Chi semina vento raccoglie tempesta”
Osea (versetto 8,7)

La nostra recensione di The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me si apre con la stessa citazione proposta da Supermassive Games. L’ultimo capitolo della tetralogia dell’orrore ci porta nei panni di una troupe televisiva, intenta a girare quello che potrebbe rivelarsi il suo ultimo servizio. Entrate nell’hotel a vostro rischio e pericolo.

Sulle montagne russe

Il percorso di Bandai Namco e Supermassive Games è stato tutto meno che lineare. Dopo l’eccellente Until Dawn, il team ha infatti deciso di affondare le mani nell’orrore. Ha così dato vita al primo capitolo di una raccolta chiamata Dark Pictures Anthology, creando Man of Medan. Quella che è stata da subito presentata come una serie da otto titoli è stata ridimensionata, proponendo con The Devil in Me una parziale conclusione. Nel mezzo tra l’agosto del 2019 e oggi, sono stati rilasciati altri due episodi. Little Hope e House of Ashes sono riusciti, per motivi differenti, a far battere il cuore degli amanti degli horror.

Le opere di questa oscura antologia sono riuscite a strappare voti positivi da parte della critica, seppur con qualche difetto qua e là. The Devil in Me ha dunque la doppia spada di Damocle di dover migliorare quanto fatto dai suoi predecessori e chiudere al meglio un ciclo. Non stupisce quindi che, in qualche modo, il team abbia cercato di partire premendo il piede sull’acceleratore.

Ci troviamo nel famoso World’s Fair Hotel, una rinomata struttura gestita da Herman Webster Mudgett. Questo individuo non è però passato alla storia per le sue abilità imprenditoriali, quanto per quelle criminali. Sotto lo pseudonimo di Henry H. Holmes, è infatti diventato il primo serial killer registrato negli Stati Uniti. La storia di The Devil in Me parte da qui, in un edificio con tre piani e una quantità incredibile di stanze (si vocifera fino a cento). Questo preambolo fa ben capire cosa il giocatore si troverà davanti durante il corso del gioco. O forse no.

Hai ripreso tutto?

Dopo un breve antefatto che funge anche da tutorial, di cui non vi diamo spoiler, veniamo trasportati ai giorni nostri. Henry H. Holmes è solo un nome sui libri di storia, seppellito sotto tonnellate di cemento. Una sgangherata troupe televisiva, la Lonnit Entertainment, sta però realizzando un servizio sul serial killer. Le speranze di risollevarsi dal baratro di alcuni girati di scarsa qualità sono però flebili, soprattutto vista la bassa caratura del materiale raccolto fino a quel momento raccolto. Tutto cambia quando Charlie, il regista, riceve una chiamata da un uomo misterioso.

Il signor Du’Met offre al gruppo l’opportunità irrinunciabile di fare alcune riprese in una replica del World’s Fair Hotel, costellato tra le altre cose di numerosi cimeli appartenuti a Holmes. L’offerta è davvero ghiotta, tanto da spingere Charlie ad accettare senza troppi fronzoli. Una limousine recupera lui e gli altri membri, per portarli sull’isola di Du’Met. La voce narrante, Kate, e gli addetti a luci e riprese, Mark, Jamie ed Erin, si trovano così catapultati in quello che presto (come è prevedibile) si rivela un vero incubo.

Tra le sale della claustrofobica villa Du’Met si aggira infatti un violento serial killer, pronto a emulare Henry Holmes in tutto e per tutto. Prende così rapidamente il via un gioco al massacro, in cui le scelte del giocatore sono l’ago della bilancia tra la vita e la morte dei protagonisti. Proprio come nelle precedenti opere, infatti, anche in The Devil in Me la trama si evolverà sulla base delle decisioni prese. L’atmosfera di tensione si avverte costantemente, in quello che di fatto è un ibrido tra il mitico Shining e l’altrettanto noto Saw: L’Enigmista.

A ognuno il suo

Pur offrendo ambientazioni incredibilmente affascinanti, The Devil in Me non si discosta dallo stile classico della serie. L’opera di Supermassive Games è un lungo film interattivo, con tante cut-scene e una serie di quick time event da completare. Non mancano piccoli enigmi (alcuni davvero di facile risoluzione) e alcune simpatiche novità. Tra queste è doveroso citare la presenza di un inventario, la cui gestione è affidata alla croce direzionale. Ogni personaggio può contare su alcuni strumenti specifici, utili in alcune circostanze. Scordatevi comunque uno zaino in stile Leon di Resident Evil, dato che gli oggetti da utilizzare sono davvero pochi. Si tratta comunque di un piacevole diversivo, che dimostra la volontà da parte del team di sperimentare. Lo stesso ruolo lo svolgono anche gli immancabili collezionabili, rappresentati da oboli e quadri premonitori, ben contestualizzati nella trama.

Come detto però il vero protagonista è l’ambientazione. La villa di Du’Met è il vero nemico, più ancora del killer a piede libero. Tra animatronics terrificanti, stanze segrete e tante piccole chicche, i giocatori amanti degli horror avranno di che divertirsi. Non mancano nemmeno i famosi jumpscare e una serie di momenti di grande tensione. Sfortunatamente questi sono spezzati da una diluizione eccessiva della storia, che supera facilmente le sei ore di durata. Se da un lato è una nota positiva, dall’altro rompere il ritmo è stato, per noi, il vero grande crimine.

Altrettanto peccaminosa è la scelta di non riuscire a creare personaggi con cui i giocatori potessero sintonizzarsi. L’empatia per la troupe rasenta i minimi storici, tanto che la vera attrattiva è scoprire chi sia il colpevole delle nefandezze, a prescindere dalla sopravvivenza o meno del gruppo. Questo anche a causa di relazioni troppo superficiali tra gli stessi, complici linee di dialogo troppo basilari. Se a questo aggiungiamo scelte narrative che puniscono in maniera poco chiara, ciò che resta al giocatore è un’ambientazione affascinante in cui si aggirano un villain misterioso e cinque comparse.

In foto sembravi meglio

Uno degli aspetti più lacunosi di The Devil in Me non è però legato al comparto narrativo, bensì a quello tecnico. I modelli poligonali che vengono mostrati inizialmente al giocatore sono quasi scarni, tanto da far pensare subito al peggio. Con l’ingresso dei protagonisti, il tutto migliora leggermente, nonostante movimenti e animazioni molto legnose. Nemmeno l’introduzione (anch’essa inedita) di sezioni dinamiche in cui scalare rocce e schivare ostacoli aiuta a svecchiare il gioco. Per certi versi, sembra di trovarsi davanti a un’opera realizzata nei primi anni di PlayStation 4.

L’ancora di salvezza è il comparto audio che, ancora una volta, mostra i muscoli sia a livello di doppiaggio che di effetti. Il gioco è infatti interamente localizzato in italiano, permettendo un’immersività totale nella narrazione. La costante presenza di effetti speciali oscuri e cupi contribuisce invece a rendere unica e incredibilmente spaventosa la villa, ben supportata da una colonna sonora che non invade mai lo schermo ma lascia (giustamente) il palcoscenico agli attori.

A proposito di attori, come da tradizione anche The Devil in Me vanta un cast di tutto rispetto. Jessie Buckley è la dinamica Kate, Paul Kaye il regista Charles Lonnit. Fehinti Balogun interpreta invece Mark, Gloria Obianyo Jamie e infine Nikki Patel Erin. La loro natura recitativa traspare costantemente, contribuendo a regalare al gioco quell’aura da film interattivo decisamente piacevole. Anche sotto questo aspetto, forse, alcune “riprese” potevano essere riviste, ma il risultato complessivo è più che godibile. Immancabili infine le opzioni per giocare in compagnia, altro classico della serie che non passa mai di moda.

Trofeisticamente parlando: uno per ogni stanza

Un altro elemento che rispetta la tradizione della Dark Pictures Anthology è l’elenco trofei di The Devil in Me. Tra le trentuno coppe, trovano spazio sia una serie di sfide legate alla sopravvivenza dei personaggi, sia alcune in cui sarà necessario sacrificare gli eroi della storia. La difficoltà di completamento è relativamente bassa, dato che sarà sufficiente completare qualche semplice quick time event. Da mettere in conto però numerose ore, visto che si potrà sfruttare solo in parte la selezione capitolo per il clean up. Cacciatori poco pazienti, siete avvisati.

VERDETTO

Il voto che abbiamo assegnato The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me è sia la valutazione del singolo gioco, sia una più ampia per la tetralogia di Supermassive Games. Proprio come gli altri capitoli di questa raccolta horror, anche The Devil in Me soffre di alti e bassi, oltre che di alcune palesi lacune tecniche. Accanto a una storia coinvolgente e ben raccontata, troviamo personaggi dalla realizzazione approssimativa (sia a livello tecnico che di narrativa) e troppi momenti morti, che spezzano eccessivamente la tensione. Encomiabile il lavoro svolto dal team per realizzare la villa, vero punto di forza assieme a un comparto audio di prim'ordine. Le piccole aggiunte fanno ben sperare per un'eventuale seconda stagione, da cui però ci aspettiamo il definitivo salto di qualità. Nonostante questo, se amate le atmosfere cupe alla Shining e volete provare a salvare i ragazzi della Lonnit Entertainment (magari in compagnia), The Devil in Me è un titolo che consigliamo senza remore.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.