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Visualizza Versione Completa : [News] Root Letter – Recensione



Bit-Mentana
24/11/2016, 11:20
Publisher: PQube Developer: Kadokawa Games Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Visual Novel Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 54,99 euro PS4/39,99 euro PS Vita I giapponesi hanno questa… curiosa tendenza nel vocalizzare i termini occidentali. Ecco perché, pronti via, ci siamo sentiti accogliere da una voce fuori campo pronunciante un qualcosa di molto simile a “Rutto lettera”. In quel di PlayStationBit, però, si sa, non si bada troppo alle formalità, dunque eccoci ancor più motivati nel partire alla scoperta dell’ultima fatica firmata Kadokawa Games. Lettera postuma PQube, il publisher, si è impegnato a portare anche in Europa questo titolo del genere videoludico “visual novel”, non particolarmente popolare presso il Vecchio Continente. Il massimo esponente in questa categoria è, in tutta probabilità, quello Steins;Gate recensito tempo fa dal nostro Pietro Cardaci, ma in questa recensione vi racconteremo come anche Root Letter valga assolutamente la pena di essere giocato. Prima, però, facciamo un po’ il punto sulle visual novel, che sono sostanzialmente dei libri illustrati, dei fumetti, se vogliamo, con una componente interattiva, senza che però quest’ultima li avvicini, per fortuna, ad una delle cose più abiette inventate dal genere umano, i libri-game (quanto si sia esaurita in fretta la moda di questi la dice lunga su quanto siano effimeri: i più giovani tra di voi nemmeno conosceranno ciò di cui sto parlando). Prima di addentrarvi in Root Letter, sappiate che il videogiocatore, prima ancora di… giocatore, in questo caso, è soprattutto lettore, e, come ormai di consueto, PQube non ha localizzato il prodotto in italiano; dunque se non avete una conoscenza almeno decente della lingua inglese, e se non siete dotati particolarmente di pazienza, potreste anche interrompere qui la lettura dell’articolo. Nel caso fosse diversamente, beh, dovreste proprio continuarla. In Root Letter impersoneremo un ragazzo che, quindici anni prima delle vicende narrate, era un “penpal”, ossia un amico di penna, della misteriosa Aya Fumino – un nome, un programma. Aya era una ragazza frequentante la prestigiosa scuola di Matsue, città dell’incantevole Prefettura di Shimane. Dopo dieci lettere, che avremo, capitolo dopo capitolo, la possibilità di leggere e in base alle quali potremo selezionare diverse risposte le quali ci porteranno ad uno dei cinque finali possibili, l’undicesima risulta essere un rebus. Perché in questa undicesima, di lettera, la nostra Aya confessa di avere ucciso una persona, di avere commesso un omicidio. Tra le altre cose questa lettera ci giunge, come anticipato, ben quindici anni dopo la sua spedizione… o presunta tale, visto che non presenta alcun segno di “burocrazia postale”. I misteri si accalcano, si moltiplicano, si mischiano. Decidiamo così di partire proprio per Matsue, per interrogare i compagni – tutti ben caratterizzati e diversificati tra loro – di classe di Aya e tentare di cavare un ragno dal buco. Per un motivo inspiegabile, questi si dimostrano essere particolarmente restii, se non bugiardi, nel rispondere a qualsiasi domanda che riguardi la nostra amica di penna. Scena dopo scena riusciremo però, pian piano, a scardinare le loro difese psicologiche; questo, dopo avere fatto la fatica di identificarli, perché Aya parla di loro, nelle lettere, solo per soprannomi e per tratti caratteristici (c’è Monkey e la sua passione per il baseball, per esempio, o ancora Four-Eyes e il suo essere un classico “secchione”, e ancora Bitch e… vabbè, facciamo che le peculiarità di quest’ultima ve le scoprite da soli). Nonostante dunque si legga un sacco, anzi, si faccia quasi solo quello, una trama interessante e ben costruita riesce nell’intento di tenere incollato il videogiocatore, o il lettore, allo schermo, tra corsi e ricorsi storici e molti colpi di scena. Anche Perché a scriverla è stato Dario Fuji, e uno con un nome così deve saperne per forza. Ad aumentare non poco la longevità del titolo, altrimenti piuttosto corto per il genere di appartenenza (la prima run di Root Letter è terminabile in sei ore circa), ci pensano i già accennati finali multipli. Questi dipenderanno da come risponderete alle lettere inviate quindici anni fa da Aya, verso l’inizio di ognuno dei primi otto capitoli. Qualora scegliate la prima opzione costantemente, otterrete il primo ending; nel caso optaste sempre per la seconda, il finale equivalente; e via dicendo, fino a raggiungere la verità. Gli sviluppatori si sono veramente sbizzarriti in questo senso, poiché ai finali più canonici si alternano quelli tipicamente “nipponici”, dove alla base troviamo alieni, fantasmi, intrighi governativi, maledizioni e quant’altro. Ovviamente il sottoscritto, in quanto amante del trash, ha preferito questi ultimi, ma è bene comunque sottolineare come Kadokawa abbia tentato di accontentare tutti i gusti.

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