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Killzone Redemption – Capitolo 10 – Bit Chronicles

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10
Due bravissime spie

-Che cazzo significa che è rimasto fuori?!- gridò un soldato della scorta di Radec all’interno del mezzo di trasporto del suo esercito personale, giunto di fronte a Vaqen.
Jatran si intromise tra i due, prendendo le difese del proprio compagno di squadra. -Non è riuscito a raggiungerci, qualcuno glielo ha impedito- disse, calmo.
La guardia stava perdendo definitivamente le staffe, ma fu costretta a lasciar perdere quando venne chiamata dalla sala comandi.
Non appena fu abbastanza lontana, Jatran si voltò di nuovo ed afferrò Vaqen per le spalle, sbattendolo contro la parete. -Spiegami cosa diavolo è successo!- ringhiò. -Chi c’era lì fuori?
-Non! Lo! So!- scandì il geniere, convincendo il caposquadra a lasciarlo andare. -Lo giuro, ho soltanto visto che qualcuno lo tratteneva lì.
Jatran si fidava di tutti i suoi compagni, Vaqen compreso. Ma quella storia era a dir poco ridicola, non aveva ragione di esistere. Era inammissibile.
Una voce annunciò l’imminente scontro con l’Incrociatore ISA. I soldati caricarono le armi.
-E va bene, ne parliamo dopo. Ma voglio vederci chiaro.

La risata di Manny venne bruscamente interrotta da Kab. Il cecchino gli spinse una mano guantata contro la bocca per zittirla, mentre tendeva le orecchie. Sam impugnò saldamente lo StA-3 e rimase in silenzio, guardandosi intorno.
La giovane ragazza HSA morse la mano di Kab, che fu perciò costretto a lasciarla andare. -Che ti prende?
-Zitta!- il cecchino divenne poco a poco invisibile davanti ai loro occhi, il VC-32 puntato verso i tetti delle strutture dell’Accademia.
Senza preavviso, arrivarono gli spari. Sam si era già portato dietro a una colonna, mentre Manny dovette saltare e rotolare sul terreno duro per non finire crivellata. Imprecò ad alta voce e tirò la leva d’armamento dello StA-11. Si sporse quanto bastava per avere una visuale, poi iniziò a sparare brevissime raffiche verso i tetti, non sapendo dove fare fuoco. Dall’altra parte del cortile, Sam forniva fuoco di copertura, mitragliando con insistenza ogni zona accessibile.

Quando Zoran sparò, l’Hig col mantello nero abbassò la canna del suo fucile mettendoci una mano sopra. Gli ultimi colpi del ragazzo si piantarono per terra, in mezzo ai suoi piedi. Entrambi si abbassarono appena in tempo. Diverse raffiche proruppero verso la loro posizione, martellando le loro orecchie.
Zoran non poteva vedere oltre gli occhi rossi del compagno, ma se quel tizio avesse detto qualcosa, sarebbe di certo stato un insulto, o comunque una ramanzina. Quel che fece, però, fu voltarsi ed iniziare a strisciare nella direzione opposta. Zoran lo seguì.
Le raffiche erano terminate da almeno una decina di secondi, ma era meglio non rischiare. Non appena raggiunsero una zona più coperta tornarono accovacciati, fino a raggiungere un buco nel terreno.. che poi era il tetto.
Si fiondarono all’interno dell’Accademia. In una delle cucine, per la precisione. La stanza andava a fuoco, tutto andava a fuoco; i due si mossero con cautela ma velocemente, le armi puntate ad ispezionare ogni angolo. Uscirono di lì e si trovarono su un lungo corridoio. Zoran si accorse immediatamente che per il suo compagno quel luogo era nuovo. Ma lui lo conosceva come le sue tasche, perciò stavolta avrebbe fatto strada lui.
Si mossero a lungo, finché, svoltando un angolo, non incapparono in un fuoco di sbarramento. Dai loro ripari fecero fuoco ed eliminarono il nemico, un soldato semplice reclutato dall’HSA.
Avanzarono ancora e ancora, trovando sempre più resistenza. Nonostante Zoran conoscesse con esattezza quel posto, spesso i tetti erano crollati e le vie risultavano inaccessibili. Dovettero fare più volte su e giù per i vari piani per poter proseguire. La resistenza che incontravano non era molta né molto marcata; sì, quell’HSA aveva molti uomini, e Zoran ancora non capiva come avesse fatto a rimanere nascosta così a lungo, ma non era poi una tale minaccia.
Almeno credeva.

L’Incrociatore ISA risplendeva di blu e rosso ovunque. I tre soldati del team Echo scendevano con un ascensore ad uno dei piani più bassi, per sabotare le attrezzature nemiche. Ormai le battaglie infuriavano ovunque; sopra di loro si sentivano spari ed esplosioni. I corazzati Helghast stavano facendo il loro lavoro. Ma, come al solito, ai guerrieri d’Elite come Jatran, Dorx e Vaqen spettavano lavori meno “rozzi” che il semplice combattere. Loro avrebbero dovuto infiltrarsi.
L’ascensore si fermò proprio davanti a due soldati ISA, in procinto di portarsi ai piani superiori per combattere. Questi fecero per sparare, ma Jatran fu più veloce. Due colpi, due morti.
-Andiamo

Zoran correva senza tregua. Si trovavano su una delle balconate che davano sul cortile centrale. Le colonne non erano ripari sicuri, e un dannatissimo cecchino lo bersagliava, così non poteva permettersi di fermarsi. Il suo compagno gli stava dietro, il mantello nero ondeggiante nell’aria.
Non appena giunse alla fine della balconata, Zoran si gettò in scivolata verso un riparo degno di quel nome, individuando subito alcuni soldati nemici. Prima ancora di poter riprender fiato, prese una granata a frammentazione dalla cintura e strappò l’innesco con la mano. Aspettò qualche secondo, poi, mentre i BEEP del congegno si facevano sempre più vicini e dal ritmo incalzante, si sporse dal riparo e la lanciò.
La deflagrazione fu devastante, e nello stesso attimo il suo compagno lo raggiunse, gettandosi accanto a lui al riparo.
-Porca..-
L’altro lo guardò, senza dire nulla. Ovviamente.
Zoran si concesse un attimo per togliersi il casco e respirare, nonostante a pochi metri da lui i soldati e il terreno ancora bruciavano e, un po’ più su, un cecchino continuava a cercare di ucciderli.
Mentre il tattico Helghast si prendeva il suo meritato momento di riposo, notò che l’altro continuava a fissarlo.
-Perché non ti togli quella maschera e mi fai vedere chi sei?- gli chiese, ancora ansimante.
Per tutta risposta, il suo compagno si voltò dall’altra parte. Un gesto che fece quasi sorridere Zoran, ma che risultò estremamente sprovveduto. Un colpo di calibro 50 mancò per pochissimo il ginocchio del suo compagno, che fu costretto a stringersi ancora al tattico.

Un altro colpo. Ricaricò.
Dannazione, questa volta ci sono andato davvero vicino.
Kab si rimise il sigaro in bocca per tornare a mirare. Quei due bastardi si erano accampati dietro a un riparo bello solido. Beh, potevano anche prenderci l’affitto, ma lui non avrebbe distolto lo sguardo per un attimo.
-Uscite fuori, stronzetti… vi faccio saltare il cranio!
Alcuni ronzii nelle orecchie, poi ricevette delle comunicazioni.
-Li stai tenendo sotto tiro, Kab?- era la voce di Sam. -Io e Manny rimaniamo in difesa del QG.
-Sì, li ho a portata di tiro- seguì qualche secondo di silenzio. -E pensavo che l’Accademia fosse il QG.
-Hai capito cosa intendo, Kab. Fatti risentire.

-Però, siamo bravissimi come spie. Ci hanno scoperti solo.. subito?- fece Zoran.
L’altro non distolse lo sguardo.
-Ok, lo so, lo so.. è tutta colpa mia. Scusa- aggiunse. Arrivarono alcuni spari, pericolosamente vicini.
Velocemente, il suo compagno prese il casco e glielo mise di nuovo in testa, prima di far sporgere la canna della Revolver e sparare un paio di colpi alla cieca. Ritrasse subito la mano, già sapendo cosa sarebbe seguito.
E infatti accadde. Il cecchino esplose un nuovo colpo di calibro 50.
Zoran guardò ancora il compagno. -Siamo messi male.
Ignorando la sua affermazione ovvia, l’altro Hig mise mano alla sua cintura e prese un’altra granata. Gli fece un cenno, poi la innescò e la lasciò cadere fin troppo vicino.
Ma Zoran aveva capito perfettamente il suo piano. Quando arrivò l’esplosione si fiondarono fuori dalla copertura, correndo e sparando verso il nemico. Il cecchino sparò, tentando la fortuna, ma il fumo provocato dalla granata gli impediva di vedere qualsiasi cosa. I due Hig giunsero dall’altra parte della balconata anche questa volta. Fecero fuori i nemici in pochi secondi, poi scesero delle scale, tornando, finalmente, al coperto.

Mentre Kab imprecava a raffica nell’auricolare per aver perso i bersagli, Manny sgusciava di angolo in angolo nei meandri dell’Accademia.
-Attenta, ragazzina- era la voce di Sam, questa volta. -sono diretti dal tuo lato.
-Ricevuto- rispose lei, improvvisamente più seria. Si rimise il casco, coprendo i capelli scuri a caschetto, e si mise in copertura.

L’ISA di guardia al garage B camminava tranquillamente di fronte all’entrata. Dopotutto, che pericoli correva? Nei piani sopra di lui stava soltanto scoppiando una guerra tra nazioni.
Ad un tratto, un altro ISA, con l’uniforme identica alla sua, lo raggiunse di corsa.
-Che succede?- chiese il soldato di guardia.
-Ho bisogno di accedere a questa zona! Sono un pilota di ESO!
-Mi spiace, nessuno è autorizzato a…
-Fottitene dell’autorizzazione! E’ Templar a mandarmi qui! Dannazione, non ti sei accorto che ci stanno attaccando?!
Spiazzato, l’ISA di guardia si voltò e digitò dei numeri sul pannello dei comandi. Non appena ebbe finito non poté voltarsi, il suo collo era già spezzato. L’aspetto dell’ISA che l’aveva soggiogato mutò fino a tornare quello che era realmente. Jatran si voltò e fece segno agli altri di seguirlo.
Via libera.
Piazzarono cariche D ovunque. Qualche tonnellata di C4 sarebbe bastata a distruggere tutti quei fottutissimi ESO, allineati all’interno del garage.

C’erano quasi, ormai. Avanzarono lentamente, sparando a destra e a sinistra contro i soldati HSA che gli si piazzavano davanti. Ad un tratto, però, una figura più bassa sfrecciò di fronte a loro, scaricando quasi mezzo caricatore della sua arma verso i due infiltrati. Zoran cadde di lato, accasciandosi contro un muro. Il suo compagno lo aiutò a reggersi, poi lo trascinò di peso dietro a una parete, al riparo dai colpi. Era stato preso da più di un proiettile in quell’ultimo conflitto a fuoco.
Si rialzò subito, dicendo che era tutto ok. Aveva solo qualche livido sul petto. Ma, quando provò a rialzarsi, si accorse che le ferite alla gamba si facevano sentire. L’altro lo spinse di nuovo giù.
-Ce la faccio!- insistette lui, ma era ovvio che sarebbe caduto dopo qualche metro. Arrivò altro fuoco di sbarramento; la soppressione era pesantissima. L’Hig col mantello prese un bel respiro ed uscì dal riparo, mentre Zoran gridava “No!”. Sparò qualche colpo con un M82 preso da terra, ma quasi subito venne colpito alla spalla, ricadendo all’indietro e accasciandosi a terra. Zoran poté vedere il sangue schizzare via dal suo braccio, in quel singolo istante. Aveva fatto una cosa davvero stupida. Si mosse verso di lui, ma l’Hig si rialzò poggiandosi su un gomito. Afferrò saldamente l’M82 e sparò contro tutti i nemici, poi si rialzò. Nonostante il braccio ferito, non rinunciava a combattere. Ma presto dovette cedere, gettò l’arma, priva di munizioni, ed alzò le mani guantate, la testa abbassata, sperando di essere risparmiato. In quegli ultimi momenti, Zoran avrebbe voluto provare a salvarlo, a ricambiare il favore che lui gli aveva fatto più e più volte, ma il suo compagno gli fece un ultimo, unico cenno.
Così, Zoran si trascinò via, nascondendosi in una piccola stanza ed aspettando che tutto finisse.

La losca figura camminava avanti e indietro per la stanza scarsamente illuminata. La benda che gli copriva l’occhio destro e i vestiti malmessi rendevano quel giovane uomo ancor più terrorizzante. I capelli neri, lisci e unti, erano sempre più sporchi.
-L’abbiamo preso- esordì Sam, che insieme a Manny teneva per le braccia l’Hig dal mantell nero.
-Due Helghast hanno cercato di annientare l’HSA…- disse il capo, a voce bassa. Si avvicinò al suo prigioniero, poi gli gridò in faccia: -cosa diavolo credevate di fare!? Lo sai che avete appena impedito a noi di compiere la nostra missione?!
In quel momento anche Kab giunse nella stanza. Si accese un sigaro e si appostò in un angolo buio ad osservare la scena.
L’Hig col mantello non rispose.
-Legatelo alla sedia, vediamo se decide di parlare!- sentenziò il capo dell’HSA.
Manny e Sam obbedirono. Un altro soldato entrò lì dentro. -Capitano, gli Helghast stanno attaccando l’Incrociatore. Mi dispiace, non abbiamo fatto in tempo.
L’uomo con l’occhio bendato sospirò. -Muovetevi, allora, e tentiamo almeno di non far avvicinare l’esercito ISA al Palazzo di Visari.
-Sissignore. Comunque, forse non ce ne sarà neanche bisogno. Stiamo già mettendo in atto i piani, e presto disporremo di tutta l’attrezzatura per l’attacco.

 

 

 

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