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Killzone Redemption – Capitolo 5 – Bit Chronicles

Ciao a tutti! Scusate per il ritardo del nuovo capitolo, ma è dovuto (oltre che all’uscita di Black Ops 2 COFF COFF) al Gamesweek, che sta (giustamente) prendendo tutti gli spazi del sito!

Non ho molto altro dirvi, perciò vi auguro, come sempre, una buona lettura 😉

 

Capitolo precedente: http://www.playstationbit.com/primo-piano/killzone-redemption-capitolo-4-bit-chronicles

5
L’assedio

Durante il viaggio di ritorno, Zoran non aprì bocca. Erano appena ripartiti da Visari Square, l’operazione non conclusa nel migliore dei modi, tra l’altro. Ma non era l’esito della missione a perseguitare il giovane Hig. Era il loro salvatore, quell’uomo (o ragazzo.. possibile?) con quel mantello nero, che sparando da quel tetto li aveva salvati.. due volte, se non di più. L’avevano lasciato lì, e forse avevano fatto bene, ma nessuno, a parte lui, sembrava ricordarsi più di quel salvatore. Zoran colse gli sguardi di Jatran, ogni tanto, e capì che, in fondo, loro due erano simili. O lo erano stati. Anche se Jatran era ora a comando del team ed aveva concluso chissà quante operazioni, forse non sperava di finire lì. Lo stesso non si poteva dire per Dorx e Vaqen, ma dopotutto, quanti potevano essercene come lui?
Mentre lui pensava a questo, tra gli altri iniziò a prendere vita un’animata conversazione. Passarono decine di minuti, poi il pilota del loro incursore imprecò ad alta voce. Virarono bruscamente e l’intero team Echo perse l’equilibrio, a bordo del velivolo. Si rimisero in piedi e si affrettarono a guardare di fuori. Da lontano, potevano vedere l’accademia di Radec bruciare, morire sotto i loro occhi. In realtà, l’accademia era ancora intatta, ma il ponte che portava ad essa era un enorme campo di battaglia. Era impossibile dire con certezza quante decine di soldati stessero combattendo dall’una e dall’altra parte. Ma era ovvio che, di lì a poco, l’accademia sarebbe caduta. I rinforzi ISA erano molti, troppi, ed erano quasi giunti al ponte.
Rimasero a guardare per alcuni secondi, senza parole, poi il loro mezzo virò ancora e proseguì in un’altra direzione. Dovevano mettersi in salvo. Sarebbero stati gli ultimi soldati di Radec rimasti in vita? Dove si stavano dirigendo?

Neve.
Erano atterrati ad una delle sedi della Stahl Arms, in mezzo ai ghiacciai. Faceva un freddo tremendo.
Si sistemarono lì, insieme alle guardie della sede e a tutti i ricercatori Helghast. E intanto, gli ISA avanzavano. Probabilmente l’accademia era caduta, ormai. E Radec? Lui si era salvato? Il team Echo non fece in tempo nemmeno a porre una domanda, il giorno seguente, poiché riprese subito gli addestramenti. A quanto pare erano stati ricevuti ordini ben precisi, ordini severi.. e tutto questo faceva pensare che Radec fosse, effettivamente, ancora vivo.
Loro erano i suoi ultimi uomini, escludendo le sue guardie del corpo personali, e voleva, probabilmente, che sgominassero quei Vektan una volta per tutte.

Zoran posò il suo StA-52 e si mise seduto in mezzo alla neve, lo sguardo, dietro la maschera, rivolto verso il cielo.
-Su- gli disse Jatran, appena portatosi in piedi di fronte a lui. -niente pause, dobbiamo addestrarci duramente- nonostante le sue parole e la voce resa profonda dalla maschera, era ben chiaro che il capo team non stesse rimproverando il ragazzo. Anzi, pareva quasi che stesse solo fingendo di spronarlo a rialzarsi.
-Scusa- disse Zoran, rimettendosi in piedi. -ma, sai, senza una motivazione, non credo che servirò a molto nella squadra.
-Non vuoi vendicare il soldato che ci ha salvati a Visari Square?- chiese Jatran, poi gli diede una pacca sulla spalla. E probabilmente, sotto la maschera, stava sorridendo. Quello non era esattamente il genere di motivazione di cui parlava il giovane Hig, ma non trovò il tempo di aprir bocca che il suo capo gli voltò le spalle e tornò dagli altri.
Raccolse il fucile e si rimise all’opera, cercando di resistere al freddo.

Le due guardie si fermarono di fronte alle altre due, equipaggiate con armi e armature differenti. Pochi cenni del capo, poi i soldati a guardia delle porte del Palazzo si fecero da parte ed aprirono l’entrata. La scorta del Colonnello entrò, subito prima di lui. I passi dei nuovi arrivati riecheggiavano ovunque nell’enorme atrio del Palazzo di Visari.
Dopo aver attraversato alcuni corridoi e l’immenso cortile, Radec giunse nella stanza dell’Autarca. Fece il suo inchino, come tutte gli uomini della sua scorta, poi rimase a fissare l’uomo che aveva davanti negli occhi, tenendo le mani dietro alla schiena.
Conversarono a lungo, il Colonnello raccontò per filo e per segno gli ultimi avvenimenti a Visari. Non dimenticò di nominare il team Echo, ora in addestramento in una delle sedi della Stahl Arms.
“Parli del diavolo e spuntano le corna”, pensò Radec, quando, da dove poco prima era arrivato lui, giunse proprio Jorhan Stahl. Dopo i nuovi inchini ed alcune occhiate d’intesa tra il Colonnello e il proprietario della Stahl Arms, ripresero le discussioni.
-Ottimo, Colonnello- concluse Visari, dopo alcuni minuti di ascolto. -E mentre i suoi soldati si occuperanno di Suljeva, il nostro Stahl porterà a termine il suo progetto… l’arma alla petrusite.. l’obelisco!
-Non dimentichi il MAWLR- gli ricordò il diretto interessato.

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