Le 500 lire (del carrello? NdD) allungate dal nonno al bar, da inserire nel cabinato all’angolo per cercare di arrivare un po’ oltre con i livelli. O la coloratissima confezione di una cartuccia del Super Nintendo, nei magici istanti che seguivano la sua apertura e precedevano l’inserimento nella console. Queste sono due delle primissime immagini evocate dall’avvio di 20XX sulla mia PlayStation 4. Disegni, colori, musiche, persino il font scelto per il titolo puntano tutti nella direzione di un gioco arcade che butta più di uno sguardo al passato. E, proprio come in quegli anni, ci troviamo al cospetto di un titolo complesso e capace di impegnare a lungo. Vediamo come.
Mega Man 20XX
Non serve un grande sforzo deduttivo per cogliere le citazioni che il gioco fa di Mega Man (recensita nella giornata di ieri la collection che ne celebra il compleanno, tra l’altro). Osservando distrattamente l’immagine principale si pensa subito al franchise Capcom, salvo poi concentrarsi sul titolo e riconoscerne l’errore. E’ sufficiente però iniziare l’avventura vera e propria per trovare una conferma; gli sviluppatori hanno avuto il chiaro intento di omaggiare un personaggio ormai storico, proponendone la loro versione, ma strizzando l’occhiolino all’originale in termini di grafica, gameplay, gunplay, sistema di potenziamenti e quant’altro.
20XX è un classico roguelike nel quale controlliamo il protagonista attraverso una serie di livelli generati proceduralmente a ogni partita. Gli elementi canonici del genere ci sono tutti, con piattaforme fisse, mobili e a comparsa, nemici aggressivi e in gran numero, potenziamenti rilasciati casualmente dagli avversari sconfitti o da casse sparse nei livelli, armi speciali da ottenere per facilitarsi la progressione e boss finali tosti al punto giusto. Parliamo, inoltre, di un gioco a morte permanente, dove la disattenzione viene pagata duramente ricominciando dall’inizio.
Frenesia portami via
20XX è un gioco più che buono, ma forse non è un gioco per tutti. Non è un titolo che permetta di rilassarsi e di ragionare, di esplorare e ponderare, di concedersi un calo di attenzione. L’azione è frenetica, con i pochi comandi (salto, scatto, arma primaria e arma speciale) da alternare con maestria e rapidità per superare le sezioni più ostiche. Le quali sono tutt’altro che infrequenti, sia quando si parla di semplici sequenze di piattaforme che quando si tratta di nemici veri e propri.
All’interno dei livelli procedurali dovremo giocare di coordinazione per passare da una piattaforma all’altra, magari mentre ruotano, o aspettando l’istante opportuno per evitare di intercettare un raggio laser mortale, o sfruttando il salto sulle pareti per risalire e raggiungere un appoggio troppo lontano, ma con il rischio di essere infilzati da rovi spinosi. Troveremo anche piattaforme scivolose, altre molto ristrette da centrare con precisione, portali per teletrasporto a breve distanza e pareti su cui camminare a testa in giù per superare alcune sezioni. I controlli rispondono con rapidità e precisione (consigliamo però la croce direzionale piuttosto che la levetta analogica per il movimento) e, quando falliamo, nulla potrà mai essere imputato al gioco, ma solo a noi stessi.
Più sono piccoli, più sono fastidiosi
I nemici, non tantissimi in termini di varietà e non certo insuperabili, diventano una spina nel fianco per i loro movimenti insidiosi, per come compaiono dal bordo dello schermo proprio mentre siamo impegnati in un’attraversata su piattaforme instabili, o per il modo in cui uniscono le forze in certe zone, costringendoci ad azioni rapide o al ricorso ad armi speciali. Oltre a quelli semplici eliminabili con un colpo dobbiamo tenere presenti quelli corazzati, quelli che ci attaccano a distanza o dall’alto e persino un lanciatore di bombe che si appiccicano al personaggio e vanno disattivate in apposite bolle verdi prima che esplodano. Il tutto con un occhio a raggi laser e palle infuocate che attraversano i livelli.
In un contesto tanto articolato i boss vengono accolti quasi come una liberazione. Quasi, perché all’atto pratico solo l’apprendimento dei loro pattern di attacco e dei loro punti deboli consente di sbarazzarsene senza morire miseramente nel tentativo. Posti alla fine dei livelli e preceduti da un corridoio tranquillo in cui spesso possiamo ripristinare energia e potenziare l’equipaggiamento, i boss richiedono attenzione e dimestichezza e il giusto corredo di armi speciali. Un approccio a testa bassa è destinato a terminare nella morte e, come si diceva, nel ritorno al quartier generale per ricominciare tutto da capo.
Complesso e complicato
Il quartier generale, nello specifico, rappresenta l’hub centrale di 20XX, da cui è possibile accedere a diverse opportunità. Oltre ad avviare una nuova partita (cosa che accadrà spesso, sia per cercare di procedere verso la fine del gioco dopo una permadeath, sia per riprovare l’esperienza con nuove armi, potenziamenti o handicap) possiamo fare altrettanto con la modalità cooperativa a due giocatori in locale o in rete, acquistare potenziamenti permanenti o usa e getta, cambiare personaggio scegliendo tra due possibilità e prendere parte a diverse sfide. Queste ultime sono sia giornaliere che settimanali e prevedono una variante normale e una a difficoltà estrema per i più arditi, oltre a una boss rush e a una missione a tempo. Per i comuni mortali, comunque, anche il gioco normale a difficoltà base risulta già sufficientemente “sfidante”.
20XX, l’avrete capito, oltre che complesso è decisamente complicato. Pazienza, costanza, apprendimento, esperienza e potenziamenti vi faranno migliorare sensibilmente di run in run, ma per procedere e vedere la fine del gioco dovrete ingoiare tanta amarezza. E’ fondamentale segnalare in fase di recensione che i colori e le meccaniche che potete evincere da un trailer qualunque non devono trarre in inganno; 20XX vi metterà duramente alla prova, si farà odiare, vi costringerà a ricominciare partita su partita a testa bassa, senza sconti. Se siete disposti a intraprendere questo percorso all’inizio frustrante vi accorgerete presto che l’abilità aumenta di pari passo con la soddisfazione; se cercate esperienze all’acqua di rose, invece, dovreste rivolgere la vostra attenzione altrove.
Mi dai una mano?
Una piccola apertura verso il giocatore alle prime armi, o più esperto con altri generi, il gioco la fa. Parliamo della modalità Riverente, la prima e più accessibile, che concede non una, ma tre vite per procedere tra i livelli e che è da sfruttare per entrare nella predisposizione mentale richiesta da 20XX. I trofei non sono sbloccabili a questa difficoltà, è bene precisarlo soprattutto su PlayStationBit, a testimonianza di quanto gli sviluppatori credano nelle potenzialità di qualunque giocatore e vogliano stimolarlo con un’esperienza tutt’altro che accomodante.
La strada si fa meno ardua anche grazie al multiplayer. La modalità a due giocatori, soprattutto se in locale, permette di aggiungere divertimento all’avventura e di suddividersi in modo strategico i compiti, le ricompense e l’approccio ai boss. Assicuratevi però di avere un compagno abile anche nelle fasi platform, o rischiate di trovare più frustrazione nell’attesa della sua combinazione corretta di salti che nelle vostre continue morti in single player. Sempre che quelli con meno dimestichezza sulle piattaforme non siate proprio voi!
Un salto nel passato
Mettendo da parte per un attimo il gameplay e tornando alle parole iniziali, uno degli aspetti che caratterizza maggiormente 20XX è la sua componente estetica. Il gioco sembra uscito dritto dagli anni ’90, sia per le scelte grafiche che per la sua natura bidimensionale pura, un dettaglio che non può che risultare soddisfacente per nostalgici e non legati agli albori del videogioco moderno, ma anche per i più giovani. A fare da accompagnamento troviamo poi una colonna sonora da manuale del gioco arcade, un sottofondo inconfondibile che aggiunge ritmo a un gioco già ampiamente definito come frenetico.
D’altri tempi è anche la longevità che il titolo garantisce a fronte di una semplicità di fondo dei suoi elementi costitutivi. In fin dei conti, nessuno avrà dimenticato come, da piccoli, ci accontentassimo di giocare sempre lo stesso gioco ripetutamente, magari riprendendolo sempre dall’inizio in epoca pre-salvataggi. 20XX ha in più il vantaggio di presentarsi diverso a ogni run, grazie alla generazione procedurale dei livelli, e di implementare un’utile quanto divertente modalità cooperativa, per un potenziale numero di ore di divertimento (e sfida) davvero elevato.
Trofeisticamente parlando: run a tutti i gusti
Il corredo trofeistico di 20XX include otto coppe di bronzo, quindici di argento e cinque d’oro, oltre all’ambito Platino. Se avete letto tra le righe della recensione avrete compreso quanto il 100% non sia una passeggiata, anche perché quasi nessuno dei trofei risulta automatico. Dovrete al contrario eseguire azioni specifiche, quasi sempre legate al completamento della run, per una previsione di una ventina di ripetizioni del gioco nella sua totalità. Beati gli anni ’90 quando non c’erano trofei, insomma…