Agony – Recensione

Sviluppatore: Madmind Studio Publisher: Madmind Studio Piattaforma: PS4 Genere: Horror Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 39,99 € Italiano:

Il topos del viaggio nell’oltretomba non è di certo inedito nelle opere di finzione. Prendendosi la licenza di scomodare, su un sito di videogiochi, mostri sacri della letteratura, si potrebbe citare al primo posto Dante Alighieri e il suo viaggio nei tre regni dell’aldilà, ma anche la meno nota discesa negli inferi di Enea nel poema di Virgilio o la visita all’ade di Orfeo alla ricerca della sua Euridice. Questi e altri individui hanno avuto la fortuna (o la sfortuna) di vedere ciò che ci attende dopo la morte e di tornare per raccontarlo. Con le dovute proporzioni, potreste unirvi al loro esclusivo gruppo e diventare protagonisti di un incubo, nella più cupa e cruda delle rappresentazioni infernali: quella videoludica proposta da Agony.

“Per me si va ne l’etterno dolore”

Mi sono trovato a giocare e recensire Agony senza averne praticamente mai sentito parlare. Il mio non-bagaglio di informazioni preliminari si limitava a qualche screenshot e a un paio di titoli letti al volo che riguardavano la censura applicata al gioco. Non avevo insomma aspettative che potevano restare deluse, né timori di cui trovare conferma, e ho dato inizio al mio viaggio nell’inferno come una pagina bianca; o forse è più consono dire come un’anima pura.

Agony è questo, non ci sono dubbi: un viaggio nell’inferno. Un breve video introduttivo, già carico dell’angoscia, dello smarrimento, della paura e dei toni cupi che ci accompagnano per tutta l’esperienza, mostra la nostra caduta nel più spaventoso dei regni dell’aldilà. Soli, ci ritroviamo su una sorta di ponte fatto di ossa e sostanza organica che assomiglia ai tessuti che compongono il corpo umano.

Il buio intorno, spezzato solo da poche fiamme; il silenzio, pervaso da un brusio di fondo e che a breve verrà riempito dalle grida di dolore e disperazione delle anime dannate; e, di fronte a noi, la porta dell’inferno che, terrificante e maestosa, potrebbe essere proprio quella di cui Dante riporta l’iscrizione “lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”. Muoviamo i primi passi, lenti al punto da essere esasperanti, ma funzionali all’atmosfera di gioco, mentre un immediato tutorial espone le azioni fondamentali come voltare lo sguardo, accucciarsi, correre o interagire con gli oggetti.

Il (dis)gusto del viaggio

Per chi lo ha giocato, il feeling del gioco ricorda molto quello di Amnesia. In effetti Agony si pone come survival horror principalmente votato allo stealth e molto poco all’azione vera e propria. Si comprende fin dall’inizio che il ritmo sarà lento e che dobbiamo vivere l’avventura per ciò che vuole essere, un viaggio tra dannati e demoni che metaforicamente è un viaggio dentro noi stessi. Una delle anime che incontriamo nelle primissime fasi ci avvisa, non a caso, che il labirinto che dobbiamo superare è un labirinto mentale.

Non dobbiamo aver timore, allora, di fermarci a osservare gli ambienti inquietanti in cui il viaggio ci conduce; non avremo molte altre possibilità di visitare l’inferno. Mentre siamo alla ricerca di un oggetto per sbloccare una porta, nulla vieta di soffermarsi a esaminare, anche se con ribrezzo e angoscia, una statua demoniaca, un ammasso di corpi dilaniati, un’anima in pena tormentata dagli insetti o un corpo spezzato, trafitto e appeso a una parete come un terribile monito.

Possiamo prenderci un attimo per leggere i documenti sparsi qui e là, per raccogliere le statue o analizzare i quadri disseminati negli anfratti più nascosti, per ascoltare il pianto, il gemito e il lamento delle anime incappucciate tenute prigioniere o sottoposte a tortura. Possiamo, anzi dobbiamo, interagire con quanti più dannati possibile per scoprire qualcosa di loro, qualcosa di noi, qualcosa dell’inferno e qualcosa della Dea Rossa che rappresenta la nostra unica speranza di fuga.

Un po’ permissivo, un po’ bastardello

Non siamo però meri turisti. Abbiamo molto da temere e non sempre ci sarà concesso girovagare indisturbati. I dedali infernali sono popolati da demoni pronti a catturarci e dilaniare le nostre carni, o ciò che ne resta. La componente survival e stealth di Agony – che, con le dovute relativizzazioni, trae alcuni elementi da titoli come l’ultimo Resident Evil, gli Outlast o The Evil Within, per citarne alcuni – si traduce nell’impossibilità di fronteggiare direttamente queste creature e nella conseguente necessità di trovare riparo in anguste rientranze nelle pareti, tra ammassi di corpi morti e marcescenti o semplicemente fermandosi e trattenendo il respiro.

Restando in tema di gameplay, non si può non citare uno dei meccanismi più importanti, se non altro per la sua funzione attenuante rispetto alla difficoltà di certe sezioni di gioco. Di tanto in tanto, con una frequenza a essere onesti poco generosa, possiamo trovare sul nostro percorso specchi da attivare e che fungono da checkpoint. In caso di morte, però, non torniamo immediatamente a uno di essi, ma abbiamo un breve periodo in cui possiamo controllare il nostro spirito e possedere uno dei dannati dell’inferno, proseguendo la storia nel nuovo corpo.

Se la possessione non va a buon fine ripartiamo dal checkpoint, ma dopo la terza rinascita torneremo indietro a quello prima ancora, rischiando di dover rigiocare una sezione già conclusa. Questo sistema rende fondamentale avere successo con le possessioni e soprattutto giocare con oculatezza per evitare la morte e i rischi a essa connessi. Va segnalato comunque che, anche ripartendo da una sezione precedente, troveremo eventuali porte già sbloccate e dovremo solo ripercorrere la strada per tornare al punto in cui siamo morti e raccogliere di nuovo gli oggetti importanti.

Tre modalità

Agony presenta una modalità principale legata alla storia vera e propria, suddivisa in quattro capitoli che vi porteranno via tra le sei e le dodici ore in base a quanto deciderete di esplorare e a quanto abili sarete a non farvi catturare dai demoni. Il nostro viaggio verso la Dea Rossa e la fuga dall’inferno è reso arduo da sezioni labirintiche, enigmi a dire il vero abbastanza semplici e ripetitivi (basati sulla raccolta di cuori o sulla riproduzione di simboli su appositi pannelli), fasi simil-platform in cui saltiamo da una roccia all’altra sospesi nel vuoto e anche qualche semplice boss fight. Potremo sempre scegliere se addentrarci nei meandri delle aree infernali più nascoste, a nostro rischio e pericolo, o se correre dritti verso la meta per lasciare più spazio possibile tra noi e i letali demoni.

Una modalità aggiuntiva, sbloccabile al termine del gioco e denominata Succube, ci permette di rivivere l’intero viaggio nei panni di una demone. Questo significa avere molta più forza, trovare aree e sezioni nuove e con accessi già sbloccati e poter contare su una velocità di spostamento maggiore, oltre a rendere disponibile un nuovo finale. Altra modalità disponibile sin dall’inizio è invece Agonia, nella quale dobbiamo superare livelli generati proceduralmente trovando l’uscita nel minor tempo possibile e affrontando veloci missioni, con tanto di classifiche online. Questa modalità si rivela, a dire il vero, poco accattivante.

A volte è una pena

Come le anime dei dannati dell’inferno, anche Agony spesso soffre, soprattutto a livello tecnico. Tra i problemi riscontrati si segnala il frame rate, davvero instabile e a volte persino fastidioso, con scatti veri e propri quando si ruota la visuale a 360°. E’ frequentissimo il rischio di incastrarsi, spesso senza ragione, in elementi del paesaggio, così come in molte, troppe occasioni è stato il mio spirito post mortem a rimanere bloccato senza speranza tra due pareti, costringendomi a rinunciare alla possessione e a bruciarmi un checkpoint.

Poco realistico anche il comportamento dei demoni, con un’intelligenza artificiale non soddisfacente, facilmente raggirabili e con pattern di movimento spesso buggati che ci costringono a restare nascosti per più tempo di quanto oggettivamente e “ritmicamente” necessario. L’interazione con gli oggetti da raccogliere o attivare e con i nascondigli è poco amichevole e può determinare un ritardo tale da sancire la nostra morte se siamo in fuga da un nemico. Altro piccolo problema nei salvataggi automatici, che talora interrompono il gioco con una breve comparsa della schermata di sistema, e nei caricamenti del checkpoint, che restituiscono ogni volta il messaggio “dati danneggiati”, salvo poi procedere senza intoppi.

Passando al livello grafico e contenutistico, le ambientazioni, per quanto ispirate ed evocative, non brillano per dettaglio e a lungo andare appaiono come variazioni sul tema, o meglio composizioni modulari di elementi sempre uguali disposti in modo diverso. La soluzione risulta nel complesso buona e soddisfacente, ma ciò non toglie la presenza di questo artificio. A volte la bassa definizione degli elementi ambientali e la scarsa luminosità rendono confusionaria la scena. Le stesse anime dei dannati hanno volti e corpi con pochissima variabilità e nel giro di solo mezz’ora è possibile incontrarne due che dicono esattamente le stesse parole.

Non ritengo un difetto, invece, l’assenza di chiare indicazioni sugli obiettivi e le direzioni, che portano una certa frustrazione e un certo senso di smarrimento, i quali però risultano coerenti con l’ambientazione del titolo. In ogni caso, esiste una funzione in grado di illuminare la via da seguire, anche se non sempre è chiarissima e univoca ed è comunque a uso limitato (a meno di sbloccare l’apposito aiuto nel menù che la rende inesauribile).

Trofeisticamente parlando: “omai è tempo da scostarsi dal bosco”

La lista trofei di Agony comprende venti coppe bronzo, nove argento, cinque oro e il Platino. Gran parte dei riconoscimenti, i più semplici, sono legati al completamento della storia nelle due modalità disponibili e ad alcune azioni da compiere nel corso dell’avventura. I trofei più complessi sono legati ai numerosissimi collezionabili, al ritrovamento di stanze segrete e allo sblocco dei diversi finali disponibili (alcuni con requisiti che porteranno via molto tempo).

VERDETTO

Agony è stato letteralmente massacrato dalla critica internazionale, principalmente per quanto riguarda i suoi numerosi problemi tecnici. Nel complesso, lo ritengo un gioco che andrebbe tranquillamente oltre la sufficienza se non fosse appesantito proprio da questi bug e da certe mancanze e scarse rifiniture. L'atmosfera infernale, retta soprattutto dal comparto audio e da alcune scelte scenografiche azzeccatissime, e le ampie possibilità esplorative riescono comunque ad alzare la media e a salvare per il rotto della cuffia un titolo che, al netto di tutto, consiglio di giocare agli amanti del genere, magari a fronte di un prevedibile taglio di prezzo. E di un auspicabile intervento degli sviluppatori per ripagare la fiducia con qualche patch migliorativa.

Guida ai Voti

Jury Livorati
Classe ’85, divido il tempo tra la moglie e i tre figli e le più svariate passioni. Amo la lettura, la scrittura e i videogiochi e recito dal 2004 con l'Associazione Culturale VecchioBorgo. Eterno bambino, amo la vita e guardo sempre allo step successivo, soprattutto se è più in alto del precedente. Sono grato a PlayStationBit per avermi fatto scoprire la (sana) caccia ai trofei e i Metroidvania.