Battleborn – Recensione

Sviluppatore: Publisher: Piattaforma: Genere: Giocatori: PEGI: Prezzo: Italiano:

Publisher: 2K Games Developer: Gearbox Software
Piattaforma: PS4 Genere: FPS/MOBA Giocatori: 1-2 (Online: 1-10) PEGI: 16 Prezzo: 69,99€

Vi era un tempo in cui nessuno si sarebbe mai sognato un incrocio tra uno sparatutto in prima persona, un gioco di ruolo e un Sandbox.
Un giorno, però, i ragazzi di Gearbox Software si svegliarono e decisero che fosse giunto il momento di realizzare questa follia dando alla luce Borderlands: un riuscitissimo gioco in grado di unire tutti questi elementi in quello che sarebbe diventato il primo capitolo di una saga capace di far innamorare milioni di giocatori e in grado di consacrare i suoi creatori nell’olimpo degli sviluppatori.
Quest’oggi, a dispetto di chi si aspettava un Borderlands 3 sulle console di nuova generazione, i Gearbox, con una scelta quanto mai coraggiosa che dimostra la volontà dei membri del team di seguire i loro desideri creativi, tentano nuovamente di stupire tutti unendo il mondo degli FPS a quello dei MOBA, due generi quanto mai distanti per meccaniche e bacino di utenza.
Esperimento riuscito? Scopriamolo insieme!

Battleborn eroi

Born this way

Iniziamo con l’archiviare la pratica relativa alla componente narrativa del titolo, la quale vede il cattivone intergalattico di turno, tale Verdain, impegnato nel distruggere tutte le stelle dell’universo al cui appello manca però ancora un’ultimo pianeta sul quale si sono rifugiati i sopravvissuti alla catastrofe. Proprio su Solus, come recita la leggenda, dalle ceneri del disastro prenderà vita un’alleanza di 25, folkloristici, eroi pronti a tutto per difendere quest ultimo baluardo di speranza.
Se tutto ciò vi può sembrare qualcosa di già visto e rivisto fareste bene a ricredervi perché il gioco riserva un crescendo di colpi di scena e plot-twist degni del miglior Shyamalan!
… … …
Ok, ci avete beccati, stiamo scherzando: la trama, purtroppo, non presenta alcun tipo di sorpresa, ma tira dritta dal prologo alla conclusione senza provare, nemmeno per un istante, ad emozionare o coinvolgere il giocatore. Seppur vero che la possibilità di giocare in ordine casuale le missioni e di scegliere di volta in volta il personaggio con cui affrontarle renda obbligatorio fare dei tagli sulla complessità delle vicende narrate, siamo comunque convinti che qualcosa in più si sarebbe potuto fare.
Ottimo lavoro, invece, quello svolto nella caratterizzazione dei personaggi e degli scenari: i Battleborn brillano tutti per originalità e con i loro tratti netti e caricaturali sembrano essere usciti direttamente dalle pagine di un fumetto; discorso simile per i coloratissimi e variegati scenari che sfoggiano un cel-shading di prima categoria. Il comparto grafico, che gode tra l’altro di un frame-rate abbastanza solido, brilla insomma più per personalità e carisma che non per potenza effettiva, esattamente come da tradizione Gearbox.

Battleborn eroi 2

Tutti per uno…

Addentriamoci ora nei menu del gioco per scoprire subito come esso si divida in due macro-sezioni: una modalità Campagna, composta da 8 missioni affrontabili in singolo o in compagnia, offline in compagnia di un solo amico, online di altri 4 giocatori; e una modalità Versus in cui 2 squadre da 5 elementi si danno battaglia in 3 diverse tipologie di partita.
E’ importante sottolineare fin da subito il forte legame che corre tra le due modalità: entrambe, infatti, contribuiscono ad aumentare sia il “livello di comando” che il livello dei vari Battleborn; ma chiariamo meglio questo punto.
Chi non avesse mai giocato un MOBA sappia che all’inizio di ogni partita, che sia PvE o PvP, il personaggio utilizzato comincia “da zero” e, attraverso l’uccisione dei nemici e del raggiungimento di determinati obiettivi, sale di livello sbloccando nuove abilità: in Battleborn, in particolare, l’albero delle abilità prende il nome di Helix e si presenta come un filamento di DNA (lo potete osservare qui sotto) il quale, ad ogni livello raggiunto e per un massimo di 10, consente di attivare una tra le due abilità proposte, escludendo definitivamente l’altra.

Battleborn helix

La peculiarità del gioco, tuttavia, sta nella presenza di un “progresso permanente”: al termine di ogni partita, il Battleborn utilizzato guadagna dei punti esperienza in base alle prestazioni dimostrate sul campo e, salendo di livello, guadagna l’accesso a una terza mutazione, generalmente molto vantaggiosa, in un determinato livello dell’Helix (1 scelta aggiuntiva in 5 livelli diversi, compresi sempre tra l’1 e il 10) che fornisce nuovi e interessanti sviluppi durante le partite. Il level cap è fissato a 15 per ogni Battleborn, ciascuno dei quali sblocca, progredendo, anche nuove skin e provocazioni.
Parallelamente a tutto questo, al termine di ogni partita si ottengono anche altri punti esperienza che aumentano il livello generale del giocatore consentendogli sia di sbloccare nuovi Battleborn (ognuno sbloccabile ugualmente anche attraverso una sfida secondaria), sia pacchetti di rifornimento, acquistabili con il denaro ottenuto a fine partita. Questi ultimi si comportano come delle bustine di figurine al cui interno si trovano pezzi di equipaggiamento, più o meno rari, che possono essere attivati durante ogni match tramite una differente valuta NON cumulabile, le schegge, il che costringe il giocatore, partita dopo partita, a dedicarsi, tra le varie cose, anche alla ricerca di questa fondamentale risorsa sparsa negli scenari.

Dopo questa breve analisi della struttura molecolare del gioco, girate pagina per scoprire cosa offrono di preciso le varie modalità presenti.

… e uno per tutti!

Terminata l’installazione, ci siamo gettati nel prologo della campagna con la sensazione di essere sbarcati nuovamente su Pandora; chiunque abbia giocato un capitolo di Borderlands non faticherà, infatti, a muoversi tra mille indicatori a schermo e power up da raccogliere immersi in un tripudio di colori.
La prima novità che salta subito all’occhio è il già menzionato sistema Helix, immediato nell’utilizzo, ma al tempo stesso capace di donare un notevole livello di profondità alle dinamiche del gioco: sceglierete di sbloccare il doppio salto o di infliggere un fendente con danno maggiore? Vi dedicherete alla protezione del vostro team con l’abilità di fornire un sovrascudo o penserete solo a voi stessi e aumenterete il caricatore della vostra pistola?
Se queste domande lasciano il tempo che trovano nel corso delle prime missioni, dove anche il team più scoordinato e male assortito può avere la meglio sul nemico, è a partire dagli ultimi due livelli che dovrete cominciare a ragionare in ottica di squadra per evitare di prendere delle sonore mazzate (destinate a moltiplicarsi esponenzialmente qualora decidiate di settare la difficoltà su “difficile”).
Ed eccoci finalmente arrivati al punto cruciale del gioco: l’importanza della COOPERAZIONE.

Battleborn gameplay

Tanto nel PvE, quanto nel PvP come analizzeremo a breve, in Battleborn c’è davvero poco spazio per i lupi solitari: ogni azione, a partire dalla scelta del personaggio, va ponderata attentamente per creare una squadra che sia il più possibile bilanciata e pronta ad ogni evenienza, che sia la difesa di un avamposto da orde di nemici o una boss fight di fine livello.
In questo senso, il lavoro svolto nella differenziazione dei 25 eroi disponibili è davvero lodevole: ogni Battleborn è infatti dotato di armi e abilità uniche che consentono di approcciarsi al gioco in maniera totalmente diversa a seconda che si usi un personaggio di sfondamento abile nel corpo a corpo, uno in grado di fornire fuoco di copertura o di rigenerare la salute e gli scudi dei compagni.
Questa grande varietà di scelta, tuttavia, va a cozzare con una quantità di contenuti, soprattutto nel PvE, decisamente troppo ridotta: 8 missioni, strutturate più o meno tutte allo stesso modo, si consumano nell’arco di 4 ore e di fatto fungono più come un grosso e (discretamente) divertente tutorial per prendere dimestichezza con le meccaniche principali e con qualche Battleborn, più che come una valida alternativa al comparto PvP, il vero cuore pulsante del gioco.

Battlborn incursione

La modalità versus dal canto suo offre 3 tipologie di battaglia: Cattura, Incursione e Fusione.
La prima prevede la cattura, per l’appunto, di 3 punti di controllo sparsi sulla mappa e non si discosta più di tanto da quanto già visto in svariati FPS multiplayer, se non per la freschezza portata dalle diverse tipologie di personaggi utilizzabili.
La seconda e la terza sono invece ereditate di peso dal genere dei Battle Arena: in incursione la mappa si sviluppa come un lungo corridoio centrale lungo il quale si devono scortare gli scagnozzi della propria squadra, dei robottini di diverse dimensioni che si rigenerano senza sosta nei pressi della base, dalle sentinelle avversarie. Questi enormi mecha sono protetti da uno scudo che solo gli scagnozzi possono rimuovere consentendo poi a tutti i giocatori di attaccare selvaggiamente la barra di salute esposta. Il compito del team è quello di fornire supporto ai propri scagnozzi, eliminare quelli dell’altra squadra e gli stessi avversari muovendosi tra i numerosissimi vicoli laterali, costruire strutture difensive (possibilità presente in tutte le modalità versus utilizzando le schegge come pagamento) e, soprattutto, evitare di morire. Questo perché l’attesa per rientrare in partita varia da un minimo di 10 secondi a un massimo di 30 e lasciare scoperta per un lasso di tempo così ampio la propria squadra può significare un veloce game over.
Fusione prevede sempre di scortare degli scagnozzi lungo un percorso, ma si gioca su mappe che prevedono due corridoi al termine dei quali si trovano degli altari dove sacrificare i proprio robottini.

Battleborn incursione 2

Nonostante un impatto non propriamente amichevole con chi non sia avvezzo alle dinamiche di un MOBA, bisogna ammettere che, una volta metabolizzate le varie modalità e trovato il giusto affiatamento con la propria squadra, possibilmente composta da un gruppo di amici in rigoroso party, il gioco inizia a divertire e a regalare grandi soddisfazioni.
Peccato che, anche in questo caso, si pecchi un po’ nei contenuti: 3 modalità con solamente 2 mappe per ciascuna di esse sono davvero troppo poche in un gioco che basa il grosso della sua esperienza sul comparto multiplayer. I Battleborn sono un vero e proprio spettacolo di game-design, ma la volontà di sviscerare le potenzialità di ciascuno viene smorzata da un mancato substrato su cui spendere ore ed ore di gioco.
Se a tutto questo aggiungiamo un sistema di match-making che ha disperatamente bisogno di una patch correttiva, quel che ne risulta è un’opera dal potenziale elevato, ma al momento ancora grezza ed incompleta.

Se siete ancora con noi, girate pagine per le ultime considerazione riguardo alla possibile evoluzione del gioco sul lungo periodo.

La community che verrà

Nonostante pregi e difetti elencati, due fattori determineranno se Battleborn potrà dirsi un esperimento riuscito o meno: il supporto della community e quello degli sviluppatori.
Per quanto riguarda il primo, non possiamo non considerare azzardata la scelta di far uscire il gioco in un periodo così affollato di uscite di peso, come Uncharted 4 e DooM, che sicuramente monopolizzeranno le sessioni ludiche di gran parte dei giocatori, almeno su PlayStation. E un titolo come Battleborn, lo ricordiamo, vive solo e soltanto nella misura in cui i suoi server brulicano di giocatori.
Inoltre, l’imminente arrivo di Overwatch, che condivide con Battleborn la natura fortemente multiplayer, rappresenterà forse l’avversario più temibile che potrebbe minare la solidità di una community ancora da formare.
La sensazione emersa dal nostro hands-on e anche dalla recente Beta dello sparatutto Blizzard, è stata quella di trovarci di fronte ad un prodotto più solido e concreto e sicuramente più incline ai gusti dei giocatori almeno in ambito console.
Un ulteriore punto a favore di quest ultimo è l’impressione che in Overwatch, più che in Battleborn, anche chi non ha una compagnia di amici possa trovare facilmente il suo posto in squadra, già solo per la banale possibilità di poter cambiare il proprio personaggio durante la partita per adattarsi alle dinamiche del gruppo, cosa che non è invece possibile fare nel titolo Gearbox e che spesso determina l’esito della partita ancor prima che essa inizi.
Per quanto riguarda invece il supporto degli sviluppatori, questi hanno già annunciato l’arrivo di 5 nuovi Battleborn, nuove modalità versus e nuove mappe, ma bisognerà valutarne le tempistiche e la qualità effettiva a tempo debito.
Per quanto riguarda la modalità campagna invece sono previste 5 nuove missioni aggiuntive al costo di 4,99€ l’una; scelta discutibile che ci ha fatto storcere il naso non poco, considerando che il gioco viene venduto a prezzo pieno, ma che i contenuti offerti, a nostro avviso, non sono decisamente all’altezza.

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Trofeisticamente parlando: “preparati a dimostrare il tuo valore, Soldato!”

La lista trofei di Battleborn presenta ben 51 trofei suddivisi in 38 bronzi, 10 argenti, 2 ori e 1 platino, il cui ottenimento richiederà un notevole numero di ore che potrebbe aggirarsi, indicativamente, sulle 100 ore: tempo necessario a completare tutte le missioni alle varie difficoltà, portare a termine le 5 sfide caratteristiche di ogni Battleborn e raggiungere il grado di comando 100.

VERDETTO

Battleborn è un esperimento coraggioso e un lodevole tentativo di proporre qualcosa di nuovo sul mercato: il mix tra FPS e MOBA può dirsi sostanzialmente riuscito e rende la nuova creatura dei Gearbox Software un prodotto unico e originale. Peccato però che oltre a delle buone idee di base e alla profondità del gameplay, data dalla varietà dei 25 personaggi giocabili, ci sia ben poco altro in termini di contenuti: una campagna breve e piatta fa da contorno a un comparto multiplayer eccessivamente scarno per giustificare da solo il prezzo a cui il gioco è venduto dato che 3 modalità e 6 mappe sono davvero troppo poche per quanto ci riguarda. Questi problemi, uniti a un sistema di match-making da rivedere e ad una struttura di gioco che di fatto si rivolge solo ed esclusivamente a chi ha la possibilità di giocare con un gruppo di amici, tarpano le ali a un titolo che avremmo sperato potesse volare più in alto. Aspettando le future espansioni gratuite e sperando che la community non si disgreghi ancor prima di crearsi, al momento, ci sentiamo di consigliare il titolo solo a chi è sicuro di avere una compagnia di due o tre giocatori con i quali trascorrere le ore su Solus e che allo stesso tempo è attratto più dalla componente ereditata dai Battle Arena che non dagli sparatutto.

Guida ai Voti

Giacomo Bornino
Sonaro dalla nascita. Muove i primi passi nel mondo videoludico all'età di 5 anni quando gli viene regalata la PS1; scoprendo Crash CTR e Rayman 2: The great escape nasce quella che diventerà la sua più grande passione: i videogiochi. Lo svezzamento passa per l'era PS2 dove il "Trittico" Jak&Daxter/Ratchet&Clank/KingdomHearts, come una freccia di Cupido, rende indissolubile il suo amore per la materia. Al fianco di queste Pietre Miliari è d'obbligo citare anche l'impareggiabile Dragonball Z: Budokai Tenkaichi 3, compagno di mille e uno battaglie con gli amici, nonché responsabile principale della sua miopia. La piena maturità viene raggiunta con il lancio di PS3, la quale gli permetterà di scoprire e apprezzare più o meno tutti i generi esistenti, da Mirror's Edge a Bayonetta, passando per Uncharted, Heavy Rain e molti altri. Tra le altre cose adora Batman e i supereroi (sì, Batman fa categoria a sé) in tutte le salse, la saga di Matrix e i libri di Chuck Palahniuk.