L’auto volante che controlliamo in Black Paradox, ultima fatica degli italiani di Fantastico Studio pubblicata da Digerati, ricorda tantissimo la DeLorean di Ritorno al Futuro. Ed è proprio un salto nel tempo quello che facciamo grazie al gioco, capace di teletrasportarci dal divano di casa al cabinato di una sala giochi degli anni Ottanta. Una magia che si realizza fin dalla schermata di avvio, con il logo di Fantastico Studio che sembra uscito da un VHS un po’ consumato della Stardust, e che pervade l’intera esperienza ludica, con elementi audiovisivi unici e ben riconoscibili che da soli, o quasi, valgono il prezzo del biglietto.
Cacciatori di taglie spaziali
In Black Paradox vestiamo i panni di un cacciatore di taglie ben noto in tutti gli angoli dello spazio e, a bordo della nostra automobile volante e letale, dovremo vedercela contro orde di nemici spaziali per raggiungere i più temibili delinquenti dell’universo. Il nostro obiettivo è l’organizzazione criminale degli Hellraisers, che dovremo smantellare vedendocela faccia a faccia (o meglio, arma ad arma) contro i sette boss principali.
Un rapido e funzionale menù iniziale ci dà accesso al gioco in solitaria o in cooperativa locale – una possibilità che ben presto prenderemo in considerazione, se abbiamo un secondo controller e un amico al fianco, per non uscire di senno – mentre una breve sequenza tutorial introduce le basilari meccaniche di combattimento. Non c’è bisogno di altro per indossare tuta e casco e andare a prendere a calci qualche sedere intergalattico.
Sparo-a-tutto
Black Paradox è un classicissimo sparatutto a scorrimento orizzontale che si arricchisce di qualche elemento roguelite. Controlliamo, come detto, l’auto volante Star Phoenix, in grado di sparare con un’arma basilare e un’arma secondaria che raccoglieremo nel corso dei livelli, interscambiabili in qualunque momento. Una non troppo generosa barra della salute va difesa dalla selva di proiettili sparati dai numerosi tipi di nemici, mentre una seconda barra ricaricata dall’eliminazione delle minacce spaziali ci metterà a disposizione un’arma speciale. Gli ingredienti sono tutti qui, e funzionano alla grande.
Tra le armi, troviamo una grandissima varietà e una conseguente ricchezza di approcci. Dalle mitragliatrici semplici ai laser, dai lanciamissili allo spruzzo velenoso, dall’elica rotante alla doppietta al potentissimo lanciafiamme. Purtroppo dovremo fare affidamento solo sulla fortuna per ricevere le armi migliori, o quelle con cui ci troviamo meglio, mentre in molte run dovremo accontentarci di un ripiego e rassegnarci a subire. Anche i nemici, infatti, hanno attacchi differenti che, se non arrivano a un vero e proprio bullet-hell, in alcune fasi ci si avvicinano pericolosamente, mettendoci alle strette. E’ proprio ai proiettili vaganti che dobbiamo fare attenzione, più che ai nemici, se non vogliamo soccombere anzitempo.
Paradossalmente, morire è bello
La sfumatura roguelite è data dalla generazione procedurale dei livelli, nei quali i nemici compaiono in maniera sempre diversa (anche se alcuni schemi si ripetono e diventano ben presto riconoscibili e meno tosti da affrontare), e soprattutto dalla morte permanente. Se la nostra salute si azzera, infatti, esploderemo e dovremo ricominciare dall’inizio, indipendentemente dal livello raggiunto.
A dare un senso a questo meccanismo c’è però il sistema di ricompense e potenziamenti. Ogni uccisione ci fa guadagnare crediti, che dopo la morte potremo spendere in un’apposita officina per acquistare potenziamenti, o meglio chip. Si tratta di bonus salute, o bonus d’attacco, o ancora di scudi o miglioramenti del rateo di fuoco che hanno effetto sulle quattro statistiche base dell’auto. Potremo acquistarne molti e conservarli in magazzino, ma in ogni run potremo equipaggiarne un massimo di quattro. L’immediata conseguenza è che più giocheremo e moriremo, più potremo trarre vantaggio dall’esperienza e dai potenziamenti stessi.
La strada verso i boss
I livelli hanno una durata di pochi minuti e presentano una struttura che prevede una sezione iniziale nella quale possiamo ottenere una nuova arma secondaria, una fase centrale a ondate successive e casuali di nemici e una boss fight finale. Qui e là possiamo raccogliere, sempre casualmente, cilindri per il ripristino della salute – che torna comunque al livello iniziale dopo ogni boss sconfitto – o per la ricarica della barra dell’arma speciale. Sempre dopo il criminale conclusivo, potremo scegliere un potenziamento che influisce sulle nostre caratteristiche o ci affianca un utile drone, ma valido solo fino alla morte e azzerato alla run successiva.
L’arma speciale consiste nell’attivazione del Black Paradox, un doppione della nostra auto che per alcuni secondi ci affianca nella battaglia e che diventa fondamentale negli scontri con i boss. Nulla vieta di ricorrervi nel corso del livello, ma risulterebbe un mezzo spreco, considerando che la battaglia finale è quella più complessa e che poter contare su un supporto in questa fase è decisivo. Come anticipato, la modalità cooperativa è un’altra valida opzione.
Molte luci, un’ombra
E’ proprio la difficoltà, infatti, il principale aspetto negativo di Black Paradox, o almeno lo è per chi non è pronto a un’esperienza in cui morire e ripetere continuamente da capo i livelli sono elementi costitutivi. In realtà, se si accettano queste premesse il gioco diventa irresistibile e questa recensione vuole assolutamente promuoverlo. L’unica pecca sta in un certo sbilanciamento tra la resa delle diverse armi e nella generazione dei livelli: capitano run in cui trovare il lanciafiamme e incontrare nemici non troppo aggressivi ci porta avanti in scioltezza, oppure altre in cui il poco performante laser e una ragnatela di proiettili inevitabili ci uccide dopo qualche secondo. In queste situazioni, dovute ai limiti della generazione procedurale dei livelli, non ci si sente responsabili dei propri errori e non si possono mettere a frutto esperienza e abilità.
Per il resto, però, Black Paradox è una droga. Ogni partita è “solo l’ultima e poi basta”, perché si sente di poter fare meglio e si spera di poter trovare una situazione più favorevole. Il tempo scorre piacevolmente, grazie a comandi rapidi e intuitivi che ben si adattano alla frenesia del gioco, senza che ci si stanchi mai davvero, per una summa di sensazioni simile a quella sperimentata, fatte le dovute proporzioni, con un Dead Cells. Black Paradox è un’altra dimostrazione del buono che si può ottenere con pochi, semplici elementi, ma usati come si deve. Il prezzo, poi, non è certo proibitivo.
La pixel art di Black Paradox è da manuale, per una resa estetica davvero affascinante e scelte cromatiche accattivanti. La realizzazione della Star Phoenix e delle navi nemiche è ottima, mentre gli sfondi dei livelli sono buoni, ma non certo al punto da lasciare a bocca aperta. Apprezzatissima anche la colonna sonora synthwave, che non stanca, contribuisce all’atmosfera retrò ed è cucita alla perfezione su un titolo del genere.
Trofeisticamente parlando: chi la dura la vince
Non è un’operazione semplice ottenere il Platino di Black Paradox. Fatta eccezione per i pochi trofei di bronzo, ottenibili semplicemente accumulando denaro e spendendolo nell’officina, tutte le altre coppe prevedono di sconfiggere i boss che, come abbiamo visto, non sono né semplici, né semplicemente raggiungibili. Non parliamo poi di completare un livello e un boss senza subire danni. Come sempre, però, i più abili e i più propensi ad apprendere otterranno qualunque risultato, magari con il modesto aiuto della nostra guida ai trofei.