Blacksad: Under the Skin – Recensione

Sviluppatore: Pendulo Studios, YS Interactive Publisher: Anuman Interactive, Microïds Piattaforma: PS4 Genere: Avventura Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 39,99 € Italiano:

Sono passati anni dall’ultima volta che abbiamo messo le mani su un’avventura di Pendulo Studios, più precisamente con Yesterday Origins, che fungeva da prequel per New York Crimes (poi rinominato semplicemente Yesterday). Chi scrive è visibilmente emozionato poiché associa allo sviluppatore spagnolo un tassello fondamentale della sua carriera videoludica, riconducibile alle avventure di Brian Basco in Runaway: A Road Adventure e successivi. Non che Pendulo Studios abbia mai sbagliato clamorosamente; i due Yesterday sono avventure grafiche da non perdere e, poi, come dimenticarsi dello splendido Hollywood Monsters, forse la prima perla da loro prodotta. Fatta questa premessa, quando ci creiamo delle aspettative troppo alte per qualcosa, puntualmente restiamo delusi. Sarà andata così anche con Blacksad: Under the Skin?

Blacksad: Under the Skin

Lo stereotipo del detective dannato

“A volte, quando entro nel mio ufficio, mi sembra di camminare in mezzo alle rovine di un’antica civiltà. Non tanto per il disordine che regna sovrano, quanto, più probabilmente, perché mi ricorda le vestigia dell’essere civilizzato che sono stato un tempo”.

La New York degli anni Cinquanta, come tutta l’America del resto, è piena di veterani che hanno dentro e fuori i segni della Seconda Guerra Mondiale e che, per forza di cose, hanno dovuto rimettersi in gioco trovandosi il primo lavoro disponibile. L’avventura di John Blacksad comincia nel suo ufficio mentre, in uno dei suoi tanti spunti autoriflessivi accompagnati da uno splendido sottofondo jazz, pronuncia le parole che vi abbiamo riportato, ignaro del rinoceronte infuriato che sta per fare irruzione. E’ il tipico detective con un passato burrascoso, problemi esistenziali di ogni tipo e quella moralità che lo porta a farsi più nemici che amici, in una New York in cui è meglio chiudere un occhio e abbassare la testa anziché dire le cose come stanno.

Ma si sa che il detective dannato è anche quello che, tra pedinamenti di mariti infedeli e mogli inferocite, aspetta il caso della vita, quello che può assicurargli la risalita dopo aver raschiato a lungo il fondo del barile. Fra le poche sicurezze di Blacksad ci sono gli amici, quelli come Jack Ostiombe, un gorilla burbero ma fedele, che crea l’opportunità giusta per stuzzicare la curiosità dell’astuto gatto detective su un caso apparentemente semplicissimo.

Blacksad: Under the Skin

La mia bussola morale, come se sapessi cosa fosse

Joe Dunn, il proprietario di una storica palestra di New York, è stato trovato morto e contemporaneamente il suo pugile più talentuoso, Bobby Yale, è sparito prima del combattimento più importante della sua carriera. Il caso rischia di far chiudere per sempre la palestra di Dunn, oltre che mettere in pericolo l’incolumità della figlia, che ha rilevato l’attività del padre, e di molte altre persone, visti gli interessi in gioco. Tra false piste, batoste e corruzione, Blacksad dovrà dimostrare le sue abilità investigative ai più scettici e capire di quali persone fidarsi.

Siamo rimasti sorpresi da come Pendulo Studios sia riuscita a ricreare perfettamente le atmosfere ideate da Juan Díaz Canales e Juanjo Guarnido; leggendo il fumetto si ha l’impressione di essere nel gioco e viceversa, anche per la cura che è stata riposta nel ricreare certe ambientazioni, come La Iguana o l’ufficio di Blacksad stesso. A livello strettamente narrativo ci troviamo davanti a una storia che, allo stesso modo della musica di sottofondo, procede a ritmi pacati e cerca di ingannare il videogiocatore con colpi di scena davvero imprevedibili, tirando fuori uno di quegli intrecci che, detto tra noi, nel campo delle avventure grafiche non sono più così scontati. Probabilmente non ci aspettavamo affatto di trovarci davanti a un personaggio tanto carismatico, così ben riuscito da spingerci a giocare e rigiocare alcune parti della storia, fino a farci considerare inevitabilmente l’acquisto del fumetto.

Tra il sacro e il profano

Citando perle come Runaway, ma anche pensando ai più recenti Deponia, ci vengono in mente avventure grafiche di stampo classico, votate alla raccolta di oggetti, alla loro combinazione e alla risoluzione di enigmi spesso complicati. Blacksad è invece un’avventura moderna che si rifà a quelle soluzioni di gameplay già viste nei lavori di Quantic Dream o, per restare sullo stesso genere, agli ultimi giochi della serie Sherlock Holmes. Da quest’ultimo ha sicuramente preso in prestito il sistema che permette di raggruppare gli indizi e le intuizioni di John Blacksad, per poi collegarli e ricavarne le deduzioni che permettono di proseguire nella fase investigativa. I sensi di gatto sono un ulteriore strumento per raccogliere prove che altrimenti passerebbero inosservate, come rilevare un particolare odore addosso a uno dei sospetti per capire dove è stato e chi ha incontrato, o aguzzare la vista per rilevare dettagli fondamentali nell’ambiente circostante.

Blacksad: Under the Skin

Alzi la mano chi, nel sistema di movimento, ci ha ritrovato l’intramontabile Grim Fandango. Ebbene sì, stiamo parlando degli amati (solo da Tim Schafer) e odiati comandi tank che, in ogni caso, accompagnati da una telecamera che svolge egregiamente il suo dovere, non ci hanno creato particolari disturbi. Le movenze di Blacksad sono lente e pigre (beh, è un gatto) ma l’ampiezza degli spazi giustifica la scelta di non introdurre alcun comando per incrementare il passo del protagonista. Per aggiungere un po’ di azione sono stati introdotti numerosi eventi Quick Time Event, spesso imprevedibili, che richiedono al giocatore massima attenzione anche nelle scene più insospettabili.

Tra l’altro, non è detto che il vostro comportamento debba essere per forza buono. Il gioco permette di modellare il vostro personalissimo Blacksad, temprando vari aspetti del carattere in base a scelte morali che capiteranno di tanto in tanto. Qui arriva uno dei tanti difetti di questa produzione e di tante altre: ha senso poter scegliere chi essere, se poi quelle scelte incidono poco sul corso degli eventi? E’ una domanda alla quale è difficile rispondere in modo corretto e obiettivo. E poi ancora: può esistere una bella storia senza un filo conduttore dettato dall’autore stesso? Probabilmente no. In Blacksad: Under the Skin c’è questo filo conduttore che prende per mano la trama e resta estraneo alle scelte, anche se potete concludere l’avventura con diverse morti sulla coscienza e assistere a qualche finale alternativo. Nel menù di gioco sono distribuite altre due perle: alla voce Progressi possiamo trovare l’avventura appena vissuta sotto forma di fumetto e, eventualmente, ritornare a un checkpoint precedente per fare scelte diverse. La Hall of Fame, invece, è oro colato per gli amanti dei collezionabili; ogni ambiente di gioco nasconde al suo interno figurine riguardanti i campioni della boxe, del football, dell’hockey e del baseball da inserire nei rispettivi album.

Blacksad: Under the Skin

Qualche incidente di percorso

Prima è stato pubblicato per errore con una settimana di anticipo sul PlayStation Store, poi è arrivata la prima patch che, tuttavia, non è riuscita a sistemare le numerose difficoltà tecniche di questa produzione. In generale Blacksad: Under the Skin sembra avere qualche problemino di troppo, ma nulla che vi costringa ad abbandonare il gioco o a non poter andare avanti nell’avventura. Fortunatamente la seconda patch ha sistemato gli importanti glitch grafici che affliggevano le sezioni in cui si usavano i sensi di gatto.

Graficamente il gioco non è assolutamente all’ultimo grido, ma adattare a un videogioco uno stile particolare come quello dei disegni di Canalez e Guarnido era davvero difficile e, secondo noi, Pendulo Studios ci è riuscita. Nel suo piccolo il prodotto riesce a mantenere l’originale atmosfera noir del fumetto. Purtroppo è impossibile non notare le tante texture di scarsa qualità. Il comparto audio è molto soddisfacente, con una colonna sonora, caratterizzata perlopiù da tromba e contrabbasso jazz, che accompagna alla perfezione l’avventura e un doppiaggio inglese veramente ottimo. Sono presenti i sottotitoli in italiano.

Trofeisticamente parlando: sotto la tua pelle

Se siete amanti delle avventure e allo stesso tempo cacciatori di trofei, Blacksad è il gioco che far per voi. Gran parte della rigiocabilità del titolo è dovuta alla presenza di alcuni trofei impossibili da ottenere con una sola run; alcuni di essi promettono tempesta, come quello che otterrete soltanto non morendo mai durante la storia. Tra l’altro il sistema di salvataggio automatico e l’impossibilità di saltare le scene d’intermezzo non facilitano l’impresa. Per ulteriori informazioni, date un’occhiata all’elenco trofei sul forum di PlayStationBit.

VERDETTO

Pur avendo molti difetti tecnici da sistemare al più presto, Blacksad: Under the Skin rimane una di quelle avventure che, quando finiscono, fanno sentire la loro mancanza. Il merito è in gran parte della bella caratterizzazione di John Blacksad, ad opera di Juan Díaz Canales e Juanjo Guarnido, e dell’ottimo livello dell’intreccio narrativo. Pendulo Studios, poi, è riuscita a portare tutta questa bellezza su schermo creando una stupenda New York degli anni Cinquanta, abitata da creature altrettanto fantastiche. Può sembrare banale, ma trasformare le atmosfere del fumetto in un videogioco in maniera convincente non è affatto un lavoro semplice. Quindi... missione compiuta!

Guida ai Voti

Salvatore Terlizzi
Scopre i videogiochi con Monkey Island e Indiana Jones, per poi rimanere legato a vita al genere delle avventure grafiche. Grazie a PlayStationBit scopre, quasi per caso, la serie Yakuza e finisce per innamorarsene. Ha ancora l'immenso piacere di farsi sorprendere da un settore in continua evoluzione. Ehi guarda laggiù! Sisi, c'è una scimmia a tre teste...