Dead Cells – Recensione

Sviluppatore: Motion Twin Publisher: Motion Twin Piattaforma: PS4 Genere: Roguelike Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 24,99 € Italiano:

Trial and error e morte permanente sono elementi di gameplay spesso presenti nei videogiochi meno commerciali e vengono sfruttati, almeno per i giocatori più esigenti e amanti delle sfide, come valore aggiunto. A volte, però, la promessa di un’avventura in cui la morte è normale e necessaria per migliorarsi e approcciarsi con più abilità e consapevolezza al gioco si traduce in esperienze frustranti che tengono alla larga un pubblico non disponibile a investire troppo tempo e pazienza. Con il roguelike (con sfumature metroidvania) Dead Cells, Motion Twin trova un equilibrio perfetto e costruisce un titolo che non solo soddisferà gli amanti del genere, ma saprà attirare i neofiti, allargando il proprio bacino di utenza. Il segreto? Portare il giocatore non a temere né a mettere in conto morti frequenti, ma addirittura a desiderarle, per vivere appieno un titolo sorprendentemente profondo e stratificato.

Un corpo in fuga

Pur essendo fortemente improntato all’azione, Dead Cells poggia su una trama articolata. Non aspettatevi però di assistere a cutscene introduttive o di poter contare su una narrazione vera e propria; tutto quello che scoprirete sulla storia, o sarebbe meglio dire sulla lore, sarà ben celato tra documenti, iscrizioni, oggetti da reperire casualmente all’interno dei livelli. Non c’è alcuna linearità e per gran parte del tempo non capirete niente, anche se con il procedere del gioco (e se sarete attenti a esaminare i pochi elementi che lo permettono) inizierete a farvi un’idea delle vicende.

La voluta cripticità è evidente sin dall’inizio: assistiamo alla caduta di un ammasso di cellule verdastre nella cella di una prigione e alla loro presa di possesso del corpo di quello che sarà il protagonista dell’avventura, un prigioniero senza testa. Il nostro scopo sarà fuggire dalla prigione, potendo contare su un’arma reperibile appena dopo il punto della nostra rinascita e su tutto ciò che troveremo o acquisteremo da lì in avanti. Un incipit simile ci mette volutamente in confusione, soprattutto quando ci troviamo di fronte ai primissimi nemici; colpirli con l’arma principale risulta efficace solo se siamo abbastanza rapidi e se conosciamo l’approccio corretto, ma questa consapevolezza può nascere solo dopo l’inevitabile fallimento e la morte.

Il prigioniero è morto, viva il prigioniero!

Per l’appunto, è quasi scontato morire poco dopo l’inizio della prima run. Non ci sono checkpoint né salvataggi di sorta, perciò l’unico destino è quello di assistere alla scena iniziale di nuovo e ricominciare da capo. La differenza, sottile ma determinante, è data proprio dall’esperienza che abbiamo accumulato in precedenza e che, di partita in partita, ci consente di approcciarci all’avventura con maggiore attenzione. Non solo, con il tempo riusciremo ad acquisire abilità e potenziamenti permanenti che si trasferiranno da una run all’altra permettendoci di fare affidamento su un personaggio meno vulnerabile.

I livelli, come anticipato, vengono generati proceduralmente dopo ogni rinascita. Con il nostro protagonista ci troveremo a superare celle, fognature, ponti, cimiteri e tante altre location dentro e intorno al castello che ci tiene prigionieri. Una piccola mappa nella parte bassa dello schermo, che si rivela via via che accediamo a nuove aree, ci permette di tenere traccia della nostra posizione e di farci un’idea di dove cercare l’uscita dal livello. Trovata questa, avremo un minimo di respiro scoprendo un laboratorio nel quale spendere punti-cellula per nuove armi e abilità, acquisire mutazioni che ci potenziano e ricaricare la barra della salute. Solo in seguito accederemo al livello successivo (anche nella sequenza dei livelli non ci sono certezze e molto dipende dal percorso che scegliamo di intraprendere e dalle nuove vie che abilità avanzate sbloccano nel corso del gioco), ma non crediate che questa fase di passaggio renda più facile l’esperienza.

Complesso e complicato

Dead Cells è un gioco dannatamente complicato. La complessità è legata alle mille sfaccettature del gameplay, alla generazione procedurale dei livelli che funziona a meraviglia, alla trama che si dipana, mostrandosi senza raccontarsi, di run in run. Il nostro personaggio può eseguire salti e doppi salti, attacchi con spade, archi e armi speciali come bombe o torrette mitragliatrici, atterrare violentemente dall’alto su un nemico per ferirlo prima di attaccarlo, rotolare sotto a sezioni troppo basse, schivare gli attacchi nemici, distruggere porte accanto a un mostro per stordirlo prima di finirlo. L’impostazione di base è quella di un platform, ma esplorazione e combattimento si combinano in un mix perfetto tanto frenetico quanto irresistibile.

Pergamene sparse nei livelli, alcune liberamente acquisibili, altre nascoste dietro a porte da aprire con pagamento in oro o solo se siamo arrivati entro un certo tempo, altre ancora celate in forzieri nascosti, ci permettono di potenziare a scelta una delle tre caratteristiche del personaggio: Brutalità, Tattica e Sopravvivenza. Oltre che sulle statistiche delle armi o degli accessori correlati, questi upgrade influiscono sulla lunghezza della barra della salute, che si rivela fondamentale con l’avanzare del gioco. Spesso dovremo scendere a fondo esplorando i livelli per ottenere tutte le pergamene, ma comodi portali per il teletrasporto ci riporteranno nel punto iniziale, per proseguire l’avventura senza sorbirci la risalita.

La difficoltà del gioco è invece relativa. Nell’ormai famigerata tradizione dei souls-like, ai quali Dead Cells non nega di fare l’occhiolino, tutto dipende dalla nostra capacità di studio e apprendimento dei nemici che ci si presentano davanti. Ognuno ha precise richieste in termini di attacchi: dallo zombi facilmente eliminabile, ma fatale se tardiamo appena un istante, al granatiere che combina poco nel corpo a corpo ma può toglierci molta energia con uno dei suoi ordigni lanciati a distanza; dall’arciere, che conviene colpire a nostra volta con frecce, allo scheletro armato di scudo, a cui dobbiamo rotolare alle spalle per spezzarne le difese. Ma ci sono decine di altri nemici che dovremo conoscere e spesso affrontare insieme, ritrovandoci letteralmente a far danzare le dita sul pad, inanellando combinazioni esaltanti di salti, schivate, attacchi diretti o frecce scagliate in volo, bombe congelanti e doppie balestre. E’ davvero difficile trasmettere la sensazione di esaltazione che spesso si prova in alcune sezioni.

Non mancano i boss naturalmente. Per questi vale lo stesso discorso dei nemici comuni, ma la differenza è che possono contare su una barra dell’energia molto più lunga e che i loro attacchi sono davvero letali. Nessuna differenza però nel nostro approccio, che deve essere oculato e furbo e che per il successo richiede una certa esperienza, una velocità nella risposta alle azioni nemiche e, fortuna e oro permettendo, una build adatta a sfruttare i punti deboli dell’avversario e le nostre abilità. In base alla vostra dimestichezza con questo genere di giochi potreste soffrire molto prima di avere la meglio su un boss e procedere con il gioco; non capirete, morirete, riproverete, ma alla fine tutto risulterà naturale e incredibilmente più facile. Il concetto “muori-impara-vinci” è spesso abusato nelle presentazioni dei giochi, ma in Dead Cells è implementato alla perfezione, è straordinariamente naturale, è meravigliosamente desiderabile.

Ancora cinque minuti

Non riuscirete a staccarvi facilmente da Dead Cells. Una partita tira l’altra, sia grazie al desiderio di andare un pochino oltre con l’avventura, sia grazie al fatto che le ambientazioni sono sempre familiari eppure diverse e possono riservare sorprese inaspettate, portando nuove informazioni sulla storia. E’ possibile approcciarsi a ogni run in modo diverso, ora decidendo di esplorare ogni anfratto e raccogliere ogni upgrade, ora sfrecciando verso la porta di accesso al livello successivo. Tra la costruzione dell’equipaggiamento ottimale e la raccolta delle cellule e dell’oro con l’uccisione dei nemici, da usare poi per sviluppare nuove armi e abilità, il tempo sembra volare e non ci si annoia davvero mai. Non capita spesso di poter attendere con trepidazione di rimettere mano a un gioco e di desiderare che il momento di spegnere la console arrivi il più tardi possibile, ma è quanto potreste sperimentare con Dead Cells.

La grafica in pixel art si adatta perfettamente, non è fastidiosa né degradante, ma al contrario conferisce uno stile ben definito, anche se non certo inedito, al titolo. I movimenti sono fluidi, il combattimento risulta naturale e si ha sempre la piena padronanza del personaggio e delle sue movenze. Allo stesso modo una colonna sonora non anonima, ma con una propria personalità e ben adattata alle diverse situazioni, testimonia una cura attenta degli sviluppatori nel confezionare un gioco che vuole conquistare, e che ci riesce.

Trofeisticamente parlando: lasciamoci catturare

I trofei di Dead Cells sono ben cinquantaquattro, con quarantuno coppe di bronzo, undici d’argento e una d’oro prima del Platino. La maggior parte delle richieste consiste nella scoperta di nuovi livelli e nell’uccisione dei boss (anche senza subire danni), mentre altri trofei ricadono nelle azioni specifiche ma semplicemente realizzabili e nello sblocco di elementi di gioco. Peccato per la necessità di finire il gioco quattro volte dopo la prima in altrettante modalità in stile New Game + a difficoltà crescente. Parliamo insomma di un Platino onesto, realizzabile, ma di difficoltà più che elevata.

VERDETTO

Se avete già sentito parlare di Dead Cells, probabilmente è stato in termini positivi. La nostra prova non può che confermare l'ottimo prodotto che i ragazzi di Motion Twin hanno sviluppato, un platform roguelike basato su combattimenti frenetici e variegati, con un'impostazione souls-like e numerose abilità e potenziamenti da sbloccare nel corso dell'avventura. Grazie alle sue meccaniche semplici inserite in un contesto molto articolato, al trial and error e alla permadeath che favorisce davvero una crescita del giocatore, senza diventare frustrante e generare un rifiuto, Dead Cells è un titolo adatto sia ai fan del genere che ai neofiti. Non provarlo significherebbe davvero perdersi qualcosa.

Guida ai Voti

Jury Livorati
Classe ’85, divido il tempo tra la moglie e i tre figli e le più svariate passioni. Amo la lettura, la scrittura e i videogiochi e recito dal 2004 con l'Associazione Culturale VecchioBorgo. Eterno bambino, amo la vita e guardo sempre allo step successivo, soprattutto se è più in alto del precedente. Sono grato a PlayStationBit per avermi fatto scoprire la (sana) caccia ai trofei e i Metroidvania.