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Earthlock: Festival of Magic – Recensione

Publisher: SOEDESCO Developer: Snowcastle Games
Piattaforma: PS4 Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 29,99 €

Che ci crediate o no, c’è stato un tempo, nella storia dell’uomo, in cui i giochi di ruolo erano veramente tali; intendo, con una forte componente strategica, con turni più o meno rigidi, e quasi privi di qualsivoglia componente action per accontentare l’ultimo sbarbatello di turno (e ogni riferimento alla situazione attuale,  sì, è puramente voluto). I ragazzi norvegesi di Snowcastle Games devono pensarla più o meno così data la loro ultima fatica, quell’Earthlock: Festival of Magic, realizzato anche grazie a Kickstarter, che rappresenta un autentico tuffo al cuore, per quanto con evidenti limiti, per ogni appartenente alla cosiddetta “vecchia scuola”.

Una storia, un’avventura (o un’avvenutra, per carità)

Una volta tanto, partiamo dalle noti dolenti. Ciò che rende superbo un gioco di ruolo consiste, essenzialmente, in due fattori: uno è il sistema di combattimento, l’altro è una trama avvincente. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, Earthlock: Festival of Magic risulta piuttosto carente.

Le premesse sono intriganti, e i personaggi, in tutto sei, che formeranno il nostro party hanno un background potenzialmente degno di nota. Il protagonista è Amon, il classico “signor nessuno” di turno, che viene coinvolto in peripezie molto più grandi di lui e che sarà, al solito, chiamato a salvare il mondo, quello di Umbra, nello specifico. L’improbabile zio dalle fattezze di un pesce martello antropomorfo è rapito da una misteriosa setta, che, con il procedere della storia, scopriremo avere l’intenzione di ripetere un passato che ha quasi portato all’apocalisse.

Non fraintendente: la trama si lascia seguire con una certa piacevolezza nella sua narrazione, ma dall’inizio alla fine non assisterete a quasi nessun colpo di scena vagamente degno di nota. Al di là di questo, si ha la netta sensazione che, per questioni di budget, agli sviluppatori sia mancata la terra sotto ai piedi. Il destino di certi personaggi rimane campato per aria (in particolare quello di uno degli antagonisti secondari è completamente buttato al vento), e molte altre situazioni, troppe, rimangono “in potenza”. Davvero un peccato perché, come detto, il potenziale per confezionare un prodotto molto migliore sotto questo profilo c’era tutto (nonostante questo segnaliamo che per completare il gioco saranno comunque necessarie venti-venticinque ore).

Ciò che invece convince appieno è l’altra componente che abbiamo definito come fondamentale in un gioco di ruolo, ossia il sistema di combattimento. Earthlock è un GdR in tre dimensioni senza incontri casuali (per iniziare uno scontro dovremo entrare nelle vicinanze di un nemico, e premere con tempismo il tasto “X” vorrà dire avere in mano il primo turno), con scrigni da aprire, dungeon da esplorare, piccoli enigmi da risolvere per procedere, una barra dei Punti Vita (HP) e dei quadratini che si rigenerano di turno in turno, detti Amri, che sostituiscono i più canonici Magic Points (MP); la struttura del combat system è pressoché identica a quella dell’immortale Final Fantasy X o del più recente Digimon Story Cyber Sleuth, con turni rigidi e una linea temporale (non troppo chiara, nel caso di Earthlock, per la verità) dove è indicato a chi spetta la prossima mossa.

Ogni membro del party ha abilità e caratteristiche peculiari, oltre che – e questo è uno di quei dettagli che arricchiscono non poco l’esperienza complessiva – due stili tra cui “switchare”. Il ladro del deserto, nonché protagonista, Amon può alternare i colpi di fucile alle tecniche da ladro, per l’appunto; il suinconiglio Gnart curerà il party o ne aumenterà il valore grazie alle sue abilità di “concentrazione”; la giovane Ive farà affidamento alla balestra o alle trappole, che una volta “fissate” al nemico “scatteranno” nel momento in cui eseguirà un attacco fisico; il cane della tempesta Taika sfodererà tutta la sua potenza in attacchi e difese “elementali”; Olia ha dalla sua un forte potere fisico, sia in difesa che in offesa; infine, il robottino PAT alterna notevoli capacità difensive a quelle di attacco, sia a livello fisico che magico.

Luci e ombre

Il quadro, come potete intuire, offre le basi per boss fight accese e combattute sul filo del rasoio, come in effetti accade; non manca una certa componente “trial and error”, nel senso che una perfetta scelta dei quattro componenti del party che scenderanno in battaglia risulterà fondamentale ai fini della vittoria. Purtroppo il gioco non permette di effettuare cambi tra coloro che combattono e coloro che siedono in panchina, tanto per fare una metafora calcistica, scelta abbastanza inspiegabile; nel caso in cui fronteggiate un avversario tosto per la prima volta, dunque, vi potrà capitare di dovere riavviare tutto, una volta individuata la strategia giusta. In questo senso, segnaliamo una lacuna piuttosto grossa nel nostro gruppo di validi guerrieri: il suinconiglio Gnart sarà infatti l’unico a potere guarire gli altri componenti senza fare affidamento agli oggetti, ma alla magia, cosa che sbilancia l’utilizzo che a suo favore, rendendolo un “pezzo” fondamentale della vostra scacchiera.

Un’altra lacuna grossolana, e inspiegabile, è il fatto che per spostarsi da un punto all’altro della mappa di gioco dovremo per forza fare tappa presso Plumpet Island, il nostro quartiere generale; nulla di irrimediabile o particolarmente fastidioso, anzi, ma una particolarità come questa rende sempre più tangibile come la probabilità che il periodo di sviluppo si sia dovuto velocizzare a tutti i costi, causa mancanza di fondi, sia piuttosto concreta.

Sempre per ciò che attiene Plumpet Island, qui avremo la possibilità di intraprendere una delle pochissime attività secondarie disponibili (altro difetto che attribuiamo ai pochi soldi a disposizione, perché i ragazzi di Snowcatle Games hanno dimostrato di saperci fare), ossia la ricerca dei cirripedi, quattro piccoli esserini sparsi per il non troppo esteso mondo di gioco, capaci di regalarci, se nutriti, fondamentali oggetti per il crafting.

Sì, Earthlock ha pure un sistema di crafting utile a costruire le munizioni per il fucile di Amon o la balestra di Ive, per le quali sarà fondamentale coltivare pianticelle nell’orto dell’isola, a loro volta capaci di elargirci utili oggetti. Ma non solo. Non si tratta di costruire munizioni, ma anche di Talenti. I Talenti sono i componenti fondamentali per lo sviluppo di ogni singolo personaggio; per quanto riguarda il potenziamento dei nostri eroi, ci troveremo davanti una “scacchiera” da riempire in perfetto stile Final Fantasy XII. Dovremo riempirla proprio con i suddetti, che in base alla tipologia miglioreranno le statistiche, aggiungeranno un’abilità oppure attiveranno bonus “passivi”, i quali, ed è questa un’ulteriore chicca che relega il gameplay di Earthlock tra quelli particolarmente degni di nota, saranno frutto anche dello sviluppo del legame tra i diversi combattenti.

Spalla contro spalla, fino alla fine

Non è un caso che si combatta in quattro; questo fa sì che vengano formate un paio di coppie, ognuna dotata di una barra riempibile con l’interagire dei personaggi. A riempimento completato, potremo entrare in una sorta d modalità “super” che ci permetterà di scagliare attacchi o incantesimi difensivi molto più potenti del normale; la barra stessa è oggetto di sviluppo con il procedere dei livelli e delle battaglie, fino a che non raggiungerà cinque segmenti totali, cosa che ci permetterà di inanellare diverse mosse potenziate per un risultato devastante. Il chiaroscuro a cui siamo stati abituati fino a qui prosegue però anche in questo senso, dal momento che il level cap è tristemente fissato a venti e, senza “grindare” particolarmente, potreste arrivare a raggiungere il vostro “limite” anche prima del boss finale. Un altro, chiaro indizio di scarso budget e di cantiere in corso, a nostro avviso.

Chiudiamo questa (speriamo) esaustiva recensione facendo cenno al comparto audio e video; i brani di accompagnamento sono assolutamente riusciti e vi entreranno in testa, anche al di fuori del gioco. Non ci esprimiamo sul doppiaggio dal momento che… non c’è, le cut-scene infatti, essendo una produzione indipendente, sono estremamente risicate (da applausi a scena aperta invece la scelta della localizzazione italiana del testo, che alleggerisce non poco l’esperienza ludica rispetto a quella inglese). La grafica, per quanto spartana, è capace di regalare scorci interessanti ed evocativi grazie all’atmosfera riuscita, anche se sono presenti cali di frame-rate davvero (davvero) inspiegabili.

Trofeisticamente parlando: sarà lunga, ma non difficile

Il set di trofei di Earthlock: Festival of Magic vanta una coppa di platino, oltre a preziosi ori. Raggiungere il trofeo più ambito non sarà difficile ma vi porterà via circa venticinque ore, non proprio una bazzecola; tra le richieste troviamo il finire il gioco (ma dai), sconfiggere un paio di boss opzionali, curare il nostro orto di Plumpet Island e “maxare” i personaggi.

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.