Dopo le ultime dichiarazioni di Sony, sembra quasi ironico aver messo le mani su un titolo come Escape String. Sviluppato da 7 Raven Studios il titolo è un indie a bassissimo budget dalla durata effimera. Oltre al velocissimo Platino, però, non ci sentiamo di demolire così tanto l’idea alla base di questo puzzle game, anche se contenutisticamente rasenta lo zero. Mettetevi comodi, dunque, preparatevi a un assicurato nuovo trofeo di Platino e a leggere di un titolo, che pubblicato altrove, magari avrebbe avuto più senso d’esistere.

We are the robots
Escape String è un puzzle game in due dimensioni ambientato in uno spazio e in un tempo indefiniti. Un piccolo robot umanoide si sveglia in mezzo ai detriti di una grande fabbrica. Riceve messaggi strani ed enigmatici, da qualcuno che probabilmente vuole prestargli aiuto. Lo scopo del robot è quello di esplorare la fabbrica in cerca di risposte su chi è e su chi sono i suoi misteriosi abitanti.
Questa è la storia che accompagnerà il giocatore durante i livelli del titolo. Nient’altro. Nessun colpo di scena, nessun filmato, nulla che non siano messaggi criptici con rumori statici di sottofondo. Capiamo la volontà di focalizzarsi al massimo sulla parte giocata ma, come scoprirete nella prossima sezione, anche in quel caso, Escape String, non brilla assolutamente.

Io, Robot
La parte più corposa del titolo è sicuramente quella giocata, seppur messa lì solo per dare un senso a questo velocissimo Platino. Concettualmente ci troviamo davanti ad un’idea anche interessante, ma che su schermo poi risulterà noiosa e sviluppata malissimo.
Il compito del giocatore è quello di far superare i livelli di una fabbrica al robot dandogli dei comandi tramite delle stringhe, da qui il titolo. Ogni livello avrà un numero massimo di stringhe e comandi da poter utilizzare. Vien da sé pensare che il gioco ricompenserà il videogiocatore che utilizzerà meno stringhe e comandi possibile per risolvere il puzzle che gli si porrà davanti. I comandi da poter dare al robot sono quelli relativi solamente alle quattro direzioni, niente più. A rendere più peperina l’esperienza troveremo degli ostacoli ambientali che fungeranno solo da ornamenti, poiché la soluzione non renderà mai difficile la vita del videogiocatore.
Cosa? Vi aspettavate altro dal gameplay? E’ finita qui, non troverete nient’altro. Anche le musiche non risulteranno degne di nota. Ad onor del vero, non ci sarà nulla di realmente memorabile in questo titolo. Ecco perché si parlava di idea sprecata. Escape String è nient’altro che un giochino da smartphone da rapide sessioni in bagno, tra una partita con un vero videogioco e un altro.

Trofeisticamente parlando: Escape Platino
Come dicevamo all’inizio di questa recensione, l’elenco trofei di Escape String è proprio tutto ciò di cui in questi giorni si è lamentata Sony. Raggiungere la coppa di Platino impiegherà solo quindici minuti del tempo di un qualsiasi videogiocatore. Tra i trofei troveremo quelli relativi a sbloccare tre skin, lasciarsi colpire dall’elettricità e cadere nel vuoto, oltre che avviare il gioco e completare qualche livello. Non sarà neanche necessario terminare il gioco per ritrovarsi tra le mani una nuova coppa da sfoggiare in bacheca. DING!