Giraffe and Annika – Recensione

Sviluppatore: atelier minima Publisher: NIS America Piattaforma: PS4 Genere: Rhythm Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 29,99 € Italiano:

Dopo un brillante esordio su Steam, il piccolo studio atelier minima porta anche su PlayStation 4, in collaborazione con NIS America, il suo curioso ibrido tra videogioco esplorativo e musicale Giraffe and Annika, di cui vi parliamo in una melodica recensione.

giraffe and annika

Streghe e giraffe

Descrivere con uno specifico genere Giraffe and Annika è un’impresa impossibile, dato che, come riporta anche la descrizione ufficiale, quello che abbiamo tra le mani è un rhythm game in cui si mischiano elementi narrativi e di esplorazione pacifica dei dungeon. Andiamo con ordine e analizziamo prima di tutto la storia, che per stile porterà subito alla mente degli appassionati i cartoni animati giapponesi firmati Studio Ghibli.

Annika, una ragazza dai tratti animaleschi realizzata in stile quasi furry, si ritroverà su un’isola senza memoria degli eventi che l’hanno portata lì e dovrà iniziare a esplorare una piccola mappa in cui farà la conoscenza di una serie di personaggi, tra cui il secondo protagonista Giraffe, che daranno però l’idea di conoscere perfettamente la nostra eroina. Proprio il nostro Giraffe, anch’esso disegnato con un aspetto ricco di tratti bestiali, chiederà ad Annika di dargli una mano a raccogliere tre frammenti stellari nascosti in altrettanti dungeon ricchi di pericoli.

La narrazione avviene tramite una serie di tavole stile manga dai disegni accettabili, che avranno però lo spiacevole svantaggio di spezzettare eccessivamente l’azione e soprattutto di non riuscire mai a trasmettere efficacemente emozioni al videogiocatore, fattore decisamente grave considerato che Giraffe and Annika punta quasi tutto sul coinvolgimento nella storia.

giraffe and annika

La via di Gandhi

La ricerca dei frammenti stellari introduce senza troppi preamboli i labirinti, che rappresentano uno dei due elementi di sfida inseriti da atelier minima. Annika dovrà infatti muoversi all’interno di aree più o meno vaste piene di ostacoli, buche e soprattutto pericolosi fantasmi simili a palle bianche fluttuanti, che potranno abbassarne la salute fino a farla svenire, obbligandoci a ripetere dall’inizio la sezione.

Questa esplorazione viene definita “pacifica” perché la nostra Annika, a differenza della maggior parte dei videogiochi che comportano dungeon e nemici, non avrà la possibilità di eseguire alcun tipo di attacco. Annika potrà infatti solo scappare, nascondersi e utilizzare una serie di cristalli sparsi per la mappa per rigenerare la propria salute. Si tratta di una meccanica estrema, che si potrà amare oppure odiare. Sfortunatamente saranno molti gli elementi che faranno pendere l’ago della bilancia verso la seconda opzione. L’assenza di una mappa renderà complicato orientarsi, obbligandoci a percorrere più e più volte la stessa strada o persino a perderci in zone in cui non si dovrebbe accedere, sbattendo peraltro contro terribili e fastidiosi muri invisibili. L’imprecisione dei comandi e della telecamera inoltre comporterà spesso problemi con i salti e più in generale con gli spostamenti, rendendo di fatto l’esplorazione pacifica solo per la protagonista, viste le profanità che Giraffe and Annika spingerà a pronunciare in certe situazioni.

Balla per me, balla balla

Vagare senza meta precisa e senza indicazioni nei dungeon porterà infine a trovare l’area in cui si cela l’agognato frammento stellare, ben protetto da un boss. In questi momenti emerge la natura rhythm di Giraffe and Annika, dato che il nemico andrà affrontato in una battaglia musicale in cui spostare la protagonista sui lati dello schermo per colpire a tempo delle sfere che ci verranno scagliate contro per danneggiare l’avversario e che, se mancate, ridurranno progressivamente la nostra salute.

Anche qua come per l’esplorazione, il team di atelier minima ha solo abbozzato una meccanica che avrebbe meritato un certo approfondimento, offrendo più un minigioco scialbo e privo di mordente che una sfida. La possibilità di selezionare tre difficoltà e di riaffrontare in qualsiasi momento le prove già superate per migliorare il proprio punteggio, senza però trarne alcun beneficio, non riesce a migliorare una proposta che ha lo stesso sapore di un piatto di pasta sciapa. Superata la prova, poi, ci si troverà nuovamente nell’hub principale, in cui spostarsi rigorosamente senza mappa, perdendo di conseguenza svariati minuti per orientarsi, per dirigersi verso un nuovo dungeon oppure affrontare missioni secondarie necessarie per proseguire con la campagna principale. Si tratta di un altro elemento di gameplay solo abbozzato e tutt’altro che interessante per via della ripetitività delle richieste, che saranno solitamente di recuperare un oggetto e portarlo a un personaggio.

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In tutto questo pot-pourri di aromi mal miscelati è stato inserito anche un ciclo giorno-notte assolutamente inutile, se non per il fatto che alcuni eventi saranno attivabili per ragioni più o meno valide solo in determinate fasi della giornata. Ecco quindi che ci si ritroverà a cercare uno dei letti sparsi per la mappa solo per riposare fino al sopraggiungere della notte o del mattino, senza altri scopi pratici, per poter proseguire con una campagna che durerà solo cinque o sei ore circa.

Povero Hayao Miyazaki…

Lo stile di Giraffe and Annika è volutamente ispirato alle opere dello Studio Ghibli, con personaggi dall’aspetto animalesco che puntano a ricordare opere come Il mio vicino Totoro oppure Kiki: Consegne a domicilio. Sfortunatamente però una grafica compassata e l’inspiegabile assenza di filmati in stile anime, sostituiti da anonime vignette statiche, privano il videogioco di ogni fascino narrativo e spingono a dedicare ben poca attenzione a una storia che, se ben raccontata, avrebbe potuto sicuramente conquistare i fan del genere e sarebbe potuta essere un punto di forza. L’isola e i suoi dungeon soffrono dello stesso complesso di mediocrità: ambientazioni tutte uguali tra loro, prive di mordente e spesso addirittura confondenti nella loro povertà e ripetitività.

La colonna sonora è l’unica vera eccezione, l’elemento che più di tutti spicca sugli altri per qualità. Toni delicati accompagneranno il videogiocatore durante l’esplorazione, sostituiti da temi più sostenuti e orecchiabili durante gli scontri con i boss, perfetti per sottolineare il momento e garantire il giusto ritmo da seguire per rispondere agli attacchi del nostro avversario. Sfortunatamente però questo unico elemento pregevole non è in grado di reggere il peso di un prodotto che cerca di mischiare tantissimi generi senza però riuscire a trovare la giusta amalgama.

Trofeisticamente parlando: tieni il tempo

La lista trofei di Giraffe and Annika vanta un succulento Platino. Per ottenerlo sarà però necessario completare Giraffe and Annika in meno di quattro ore e mezza, ottenere il massimo punteggio in ogni canzone al livello di difficoltà massima e soprattutto completare tutte le stesse canzoni senza errori. Una sfida non esageratamente complicata, ma che forse allontanerà tutti coloro che non amano i giochi musicali.

VERDETTO

Secondo una legge matematica, unendo uno o più elementi positivi se ne otterrà sempre qualcosa di positivo. Giraffe e Annika probabilmente non sono ferrati in materia, così come i ragazzi di atelier minima. Il videogioco, che sarebbe dovuto essere il giusto mix di esplorazione, rhythym e narrazione, non riesce a eccellere in nessuno dei tre insiemi di appartenenza, risultando anonimo e privo di mordente. Svariati difetti, tra cui l'assenza di una mappa, una grafica datata, una generale ripetitività e un prezzo elevato in relazione alla longevità, danno il quadro di un titolo che potrebbe andar bene per introdurre i propri figli al genere dei giochi musicali, vista anche la qualità della colonna sonora e lo stile tipico dei cartoni animati, ma che di fatto cadrà purtroppo nel dimenticatoio.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.