Illusion: A Tale of the Mind – Recensione

Sviluppatore: Frima Studio Publisher: Frima Studio Piattaforma: PS4 Genere: Avventura Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 19.99€ Italiano:

“La realtà esiste nella mente umana e non altrove”.
George Orwell

La mente è uno strumento complesso, tanto che nel corso dei secoli è stata oggetto di studi e soprattutto di numerosissime interpretazioni artistiche. Frima Studio ci fornisce, grazie a Illusion: A Tale of the Mind, la sua personale visione videloudica di ciò che ognuno di noi ha nella sua testa.

In trappola

Illusion: A Tale of the Mind ci porta nella Parigi del 1920, dove una ragazza di nome Emma si ritrova incatenata in un ambiente oscuro e all’apparenza ostile. A salvarla dalla prigionia ci pensa però Topsy, il suo fido coniglietto di pezza, che accompagnerà la ragazza come una sorta di spirito guida in un viaggio che si rivelerà ben diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Emma infatti scoprirà ben presto che tutto quello che sta vivendo con il suo stravagante compagno è un’illusione generata dai ricordi di un forzuto uomo, un fenomeno da circo diviso tra un amore burrascoso, la violenza della Prima Guerra Mondiale e un misterioso ipnotizzatore che sembra averlo circuito.

Lo stile grafico e l’ambientazione si ispirano liberamente ai romanzi di Lewis Carrol e alle opere di Tim Burton, con elementi fiabeschi come caroselli, tendoni e alberi di lecca-lecca che si alterneranno a zone di guerra, trincee ed esplosioni. In tutto questo dovremo cercare di ricostruire il passato dell’uomo e salvarlo da un destino crudele. L’incipit di Illusion fa decisamente ben sperare, accompagnato da una partenza lanciata e da un comparto audio che mostrerà fin da subito i muscoli, accompagnando in maniera molto accurata il viaggio negli onirici scenari ideati dai ragazzi di Frima Studio.

Cosa sto facendo?

Illusion: A Tale of the Mind è un titolo decisamente astratto che fin dalle prime battute metterà in chiaro come spesso ci troveremo di fronte a situazioni surreali e fuori dagli schemi. Il gameplay, di contro, è molto più lineare di quanto ci si potrebbe aspettare e vanterà un’alternanza di puzzle di varia natura e di sezioni platform nelle quali dovremo controllare Emma e Topsy cercando talvolta di schivare attacchi di una misteriosa melma nera, talvolta passare al contrattacco per cercare di sconfiggere il nostro nemico.

I comandi saranno molto semplici, dato che la visuale isometrica sarà quasi sempre a camera fissa e non verranno usati tasti del DualShock, eccezion fatta che per quello di interazione con oggetti ed eventualmente piattaforme presenti nelle sezioni di gioco. Nonostante la presenza di elementi platform, quindi, niente comandi per saltare o per scattare, fattore questo da non trascurare e che approfondiremo più in là nella recensione.

Il ruolo da protagonista sarà comunque svolto da una serie di intriganti puzzle che ci chiederanno di muovere la visuale per comporre delle figure, ruotare dischi per ottenere dei disegni o manipolare il surreale mondo di gioco per scoprire dei percorsi per proseguire la nostra avventura. Tutto molto bello nelle prime fasi di esplorazione, salvo poi accorgersi che il team di sviluppo ha deciso di riutilizzare più e più volte le stesse tipologie di enigma nel corso dell’avventura, il che genererà una sensazione di ripetitività in tutto ciò che faremo. Vedendo una parete azzurra capiremo subito che ci saranno dischi da ruotare, mentre il ritrovamento di frammenti di specchio lascerà presagire che a breve dovremo cimentarci nell’assemblaggio di una sorta di puzzle, togliendo in parte quel senso di meraviglia e scoperta che un gioco di questo tipo dovrebbe avere.

Non impari mai

Detto dei vari puzzle che andremo ad affrontare durante la nostra esplorazione, è doveroso parlare anche delle sezioni platform, non esattamente rose e fiori. Le sfide elaborate da Frima Studio saranno decisamente varie: passeremo da sezioni in cui dovremo scappare da un mostro enorme (sullo stile di Crash Bandicoot inseguito dalla palla, per rendere l’idea) a parti in cui dovremo studiare le evoluzioni dello scenario e decidere di conseguenza come muoverci per evitare la morte. Uno dei maggiori problemi che noteremo però fin dalle prime fasi di gioco sarà la frustrante lentezza di movimento di Emma; nonostante una discreta precisione nei comandi, il minimo errore nel percorso ci costerà caro dato che non saremo più in grado di recuperare terreno.

La già sottolineata assenza di tasti dedicati a scatti o salti farà sì che se sbaglieremo strada andremo inevitabilmente incontro a un game over che evidenzierà un altro problema di Illusion. La caotica distribuzione dei checkpoint ci obbligherà infatti spesso a ripetere lunghe sezioni, qualora dovessimo sbagliare. Questa scelta, pensata probabilmente per aggiungere un certo grado di sfida al titolo, non farà altro che generare frustrazione nei giocatori che si ritroveranno quindi a dover ricominciare da zero a causa di problemi strutturali del titolo e non per errori personali. Decisamente meglio elaborate le sezioni con piattaforme a scomparsa e quelle di combattimento contro i boss del gioco, che oltre a dare un margine di errore al giocatore non faranno pesare eccessivamente la lentezza della protagonista.

Tra un dipinto e un romanzo

L’aspetto senza dubbio migliore di Illusion: A Tale of the Mind è quello artistico. I ragazzi di Frima Studio hanno il grande merito di riuscire a creare delle ambientazioni ispirate e tali da far sentire il giocatore davvero all’interno della mente di una persona. La presenza di enormi occhi, di strutture decisamente fuori dall’ordinario e la scelta di usare fotografie d’epoca e grammofoni per raccontarci la triste storia del forzuto protagonista, nonostante la prevedibilità di quelli che dovrebbero essere dei colpi di scena, creano un’insieme di elementi in grado di far viaggiare il giocatore in un mondo onirico e surreale ottimamente realizzato.

Oltre al comparto grafico, va anche segnalata una colonna sonora pressoché perfetta. Mai invadenti, strumenti come pianoforti e violini si faranno largo in punta di piedi nella nostra testa per aumentare la drammaticità di certi eventi, mentre le esplosioni delle zone di guerra ci riporteranno alla dura realtà di un gioco che cerca di affrontare temi importanti senza mai esagerare o diventare pesante. Altrettanto buono il doppiaggio, sfortunatamente solo in lingua inglese (con un curioso accento francese), così come i sottotitoli interamente in italiano, privi di errori e utili per apprezzare al meglio l’intrigante trama.

L’unico ma comunque grosso problema di Illusion è forse proprio questo. L’eccessiva cura di un’ambientazione e di una trama che progredirà senza intoppi e terrà incollato il giocatore per le 3-5 ore totali di longevità di gioco si contrappone a un gameplay troppo superficiale e un po’ abbandonato a se stesso. Da segnalare infine anche un fastidioso e speriamo solo casuale problema con i dati di gioco: spesso il sistema di salvataggio automatico non svolgerà a pieno il suo lavoro, obbligandoci a ripetere sezioni già affrontate o addirittura interi capitoli.

Trofeisticamente parlando: mission impossibile

Sono ben diciannove i trofei che compongono la lista di Illusion: A Tale of the Mind. La vera sorpresa, in questo senso, è l’assenza sia del trofeo di Platino che di coppe d’oro; ci sono solo tanti bronzi e due argenti, peraltro complicatissimi da ottenere. Se vorremo ottenere il 100% del gioco, infatti, dovremo essere in grado di terminarlo in meno di due ore e mezza e soprattutto evitare di morire per più di cinque volte in totale, impresa che al momento nessuno sembra essere riuscito a completare.

VERDETTO

Se dovessimo analizzare solo ambientazione e trama, come se si trattasse di un libro o di un film, Illusion: A Tale of the Mind meriterebbe un voto ben più alto della sufficienza che riesce a strappare. Però stiamo parlando di un videogioco, e proprio nella sua componente ludica Illusion mostra di avere grosse lacune; puzzle ben congegnati ma molto ripetitivi, nonostante la breve durata dell'avventura, si accompagneranno a sezioni platform lente e frustranti che ci faranno sperare di uscire dalla mente del nerboruto protagonista il prima possibile. Se apprezzate i puzzle game e le ambientazioni raffinate, comunque, vi suggeriamo di dargli una chance.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché insieme al collega e amico Gennaro è costretto a fare il factotum della città, tra mail da inviare e giochi improbabili da recensire (Joe Diner, sto guardando te). Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di impiegato amministrarivo e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.