Immortal: Unchained – Recensione

Sviluppatore: Toadman Interactive Publisher: Toadman Interactive Piattaforma: PS4 Genere: Action RPG Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 29,99 € Italiano:

“E se facessimo un souls-like shooter con ambientazione sci-fi e ci lanciassimo nel mondo dei videogiochi con quest’opera? Cosa può andare storto?”. Probabilmente questo hanno pensando i direttori dello studio indipendente svedese Toadman Interactive, artefice di aver partorito un abominio che rimarrà indelebile nella storia di questa generazione.

Liberati e combatti

Dopo aver creato il vostro avatar (con una personalizzazione piuttosto barbara) sceglierete una delle classi giocabili che, così come nei Souls a cui questo gioco si ispira fortemente, sarà rilevante solamente nelle primissime fasi di gioco, poiché salendo di livello potrete mescolare le statistiche a vostro piacimento. Prese queste inutili scelte, assisterete a una rapida e dimenticabile cutscene in cui il protagonista si libererà da catene che lo hanno tenuto prigioniero e cercherà la fuga dalla stazione. Fuggiti dalla prigione verrete accolti da una specie di accolito e da un monolite che vi assegneranno la missione di salvare l’universo. Originalità a grappoli, insomma.

Chiusa l’introduzione sulla trama, la quale comunque vi terrà compagnia solo virtualmente durante la vostra avventura, addentriamoci in quelli che dovrebbero essere i cavalli di battaglia di un RPG souls-like, ossia il gameplay e le ambientazioni. I vari livelli di gioco sono ambientazioni sci-fi piuttosto ampie disseminate di nemici e di obelischi (i corrispettivi dei falò). Dovremo gestire le tre barre caratteristiche del protagonista: salute, stamina ed energia, quest’ultima necessaria per lanciare gli attacchi speciali delle armi. Saremo equipaggiati perennemente con delle spade per il corpo a corpo e due armi a distanza, una primaria e una secondaria, che potremo ricaricare e scambiare una volta raggiunto un qualsiasi obelisco.

Questo gioco è inconsapevolmente una beta. I difetti sono enormi e, alcuni di questi, davvero gravi. Diamo il via all’elenco: il corpo a corpo è legnoso come una quercia e spudoratamente inutile, considerati i danni che infliggiamo e quanto ci scopriamo agli attacchi nemici; le animazioni dei nemici sono a dir poco impresentabili; i modelli totalmente insignificanti.

A questo si aggiungono una modalità di mira del tutto mal calibrata che ci costringerà a utilizzare quella automatica e quindi rinnegare completamente ogni sprazzo di gameplay shooter, e la locazione degli obelischi senza un minimo di logica. Non possono mancare all’appello dei bug grafici e dei cali di frame rate piuttosto frequenti, oltre alla gestione della telecamera spesso incontrollabile. L’interfaccia è poco intuitiva e confusionaria, così come i comandi che fin da subito si rivelano nostri rivali a causa della loro scomodità.

Esteticamente non sembra male…

E’ la prima cosa che abbiamo pensato anche noi. Purtroppo siamo stati smentiti in tempo record. Le ambientazioni sono anonime, mentre la paletta di colori utilizzata, che alterna dei grigi spenti a dei gialli e dei verdi accesi, ci ha fatto risalire il pranzo di Natale dello scorso anno. L’unica cosa che si salva sono gli effetti di luce e le ombre programmate discretamente. San Francesco diceva che un raggio di luce fosse sufficiente per spazzar via molte ombre, una metafora su cui Square Enix ha costruito il suo successo con la saga di Kingdom Hearts, ma che Toadman Interactive deve aver ampiamente frainteso.

Vogliamo parlare anche del comparto sonoro? Ci piacerebbe farlo, ma a stento ci siamo accorti della sua esistenza. Gli unici suoni che sentiamo sono gli spari delle armi e qualche ambiguo effetto ambientale, mentre della colonna sonora non abbiamo avuto traccia se non nelle (tristissime) boss fight. E’ nostro dovere informarvi che molti giocatori si sono imbattuti in crash frequenti. A noi non è successo, ma vista la qualità media del titolo non possiamo escludere il fatto di esser stati più che fortunati.

Scappa finché puoi

Arriviamo a quello che secondo noi è il difetto più grave di questo titolo, vale a dire la gestione delle munizioni. Quiz di matematica: fra un obelisco e il successivo vi imbatterete in 35 avversari, ognuno dei quali richiede 10 proiettili per essere ucciso. Avete a disposizione 160 proiettili, poiché potete ricaricare le munizioni solamente nei pressi dei suddetti obelischi. Come fate a raggiungere l’obelisco successivo? E’ un problema con due soluzioni. La prima consiste nello scappare dai nemici, i quali giustamente saranno dotati di gittata infinita e libertà di movimento illimitata, mentre la seconda consiste nel premere il tasto PS e uscire dal gioco. Quale delle due sia la scelta giusta spetta a voi deciderlo, ma penso saremo tutti d’accordo che non è questo il criterio con cui simulare un Souls.

Questo titolo è ingiusto, cosa che i Souls non sono. La loro proverbiale difficoltà sta nella comprensione dell’ambiente circostante e dello stile di combattimento dei nemici, da affrontare con pazienza e concentrazione. Immortal: Unchained dimostra di non aver compreso assolutamente niente dell’opera da cui pretende miserabilmente di copiare. Le trappole ambientali sono del tutto invisibili, mentre gli attacchi dei nemici non si distinguono per la loro complessità, ma per il loro eccessivo sbilanciamento. Noi abbiamo poche munizioni, gittata minima e limiti di resistenza ed energia, mentre i nostri nemici non godono di nessun vincolo.

A questo si aggiunge un design delle mappe di gioco delirante. Corridoi lunghissimi senza via di fuga con un nemico che ci aspetta alla fine, i cui proiettili non saranno schivabili in alcun modo; mappe a più piani “forati”, che consentiranno ai nemici di tartassarci di proiettili da tutte le posizioni. Il gioco da souls-shooter si tramuterà presto in un nascondino privo di ogni logica, vi ritroverete a girovagare per mappe brutte, tutte uguali e colme di nemici che non potete né uccidere né evitare, alla ricerca di obelischi posizionati nei luoghi più impensabili.

Per noi è GOTY

Alla luce di quanto detto in tutta la recensione, riteniamo Immortal: Unchained il peggior videogioco del 2018, se non addirittura il peggiore della generazione. Solitamente non spariamo sugli sviluppatori indipendenti (perlopiù esordienti), ma la sfacciataggine con cui i ragazzi di Toadman Interactive hanno lanciato un prodotto così fetente merita una valutazione pesante. Gli sviluppatori non hanno indovinato una virgola (tranne la colonna sonora del trailer qui sotto NdG) e, se davvero amano i videogiochi, dovrebbero ritirarsi da questo mondo e dedicarsi alla pesca dei merluzzi, che lassù in Svezia è alquanto profittevole. Chiudete le tende, davvero, i videogiochi non fanno per voi.

Trofeisticamente parlando: al volo!

La lista trofei di Immortal: Unchained, provvista di Platino, vi richiederà di completare la storia, uccidere molteplici nemici con le varie armi disponibili e raccogliere tutti i collezionabili. Vi immaginate andarne alla ricerca mentre fuggite rincorsi da quindici abomini inaffrontabili? Ecco, vi consigliamo di lasciare questa esperienza alla vostra immaginazione.

VERDETTO

Un titolo che tenta miserabilmente di fondere i Souls con uno shooter sci-fi, che fallisce sotto ogni punti di vista. Tecnicamente inqualificabile sia a livello estetico sia a livello sonoro. Una modalità di mira che non funziona e l'eccessivo sbilanciamento fra le vostre possibilità e quelle dei vostri nemici vi costringeranno spesso alla fuga verso non si sa dove. Non si salvano neanche le ambientazioni, l'interfaccia e i menù, per non parlare della trama. Statene alla larga.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.