In rays of the Light – Recensione

Sviluppatore: Sergey Noskov Publisher: Sometimes You Piattaforma: PS5 (disponibile anche per PS5) Genere: Avventura Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 7,99 € Italiano: N/A

La Russia, si sa, è madre di avventure indipendenti in prima persona con sfumature horror. In rays of the Light si inserisce in tale catalogo raggiungendo il PlayStation Store (traguardo che spetta a pochi titoli appartenenti a questo genere), proponendo un viaggio che vuole sensibilizzare il videogiocatore su tematiche estremamente delicate.

Lo sviluppatore dell’opera originaria, dal nome In Light, è Sergey Noskov, celebre sia in patria che fuori per la sua smisurata passione per i videogiochi dallo sfondo apocalittico. In Light uscì solamente su Steam nel 2012. Sometimes You è il publisher che, ancora una volta, ha deciso di investire su Noskov e di proporre con un remake il suo progetto. Diciamo nuovamente perché la collaborazione tra Noskov e Sometimes You la si era già vista con l’ottimo 7th Sector. Il risultato finale di questo remake? Scopritelo nella nostra recensione!

Abbandonato

Vestiremo i panni di un soggetto non identificato che si ritroverà a investigare un’infrastruttura abbandonata e mal ridotta. L’obiettivo, non dichiarato ma immediatamente percepibile, è quello di scoprire quanto è accaduto. Per farlo, dovremo interpretare i vari dettagli ambientali e trovare i collezionabili del gioco, rappresentati da alcune testimonianze scritte su dei fogliettini sparsi in qua e là.

La sensazione che abbiamo provato nelle prime fasi di gioco è stata simile a quella percepita in Everybody’s Gone to the Rapture. La principale differenza è che il titolo di The Chinese Room ingranava nella narrazione coinvolgendo in maniera diretta il fruitore, gettandolo in un mondo vivo seppur abbandonato. In In rays of the Light, il nostro coinvolgimento è andato man mano scemando. Scopriremo quasi subito cosa è avvenuto. Di conseguenza, l’esplorazione propone una pochezza di spunti che trasforma le quattro ore circa richieste per completare il viaggio in un’Odissea, complici occasionalmente dei comandi poco fluidi.

In particolare, abbiamo subito la fase di esplorazione dei sotterranei, estremamente dispersiva e inutilmente longeva. Una sezione che ci ha fatto sentire abbandonati quasi più degli ambienti che stavamo visitando. Non escludiamo che questa sensazione fosse un obiettivo di Noskov, ma riteniamo la scelta poco funzionale.

Impossibile evacuare

Non possiamo svelarvi il concetto attorno al quale ruota il messaggio di In rays of the Light, poiché, almeno a livello teorico, si tratterebbe di uno spoiler piuttosto pesante. Ci limiteremo a dire che gli aforismi, le immagini e i messaggi trasmessi in quest’opera sono tanto nobili quanto banali. Noskov non condivide alcuni specifici atteggiamenti umani, e ha deciso di utilizzare un videogioco esplorativo come mezzo di trasmissione di questa sua idea.

Ci duole dire che il risultato finale fatica a essere efficace, sebbene il messaggio sia evidente e ben chiaro. Non contestiamo il messaggio ma il modo in cui questo viene trasmesso, poco d’impatto e veramente troppo stereotipato.

Lo specchio dell’anima

Se fino a ora ci siamo soffermati sugli aspetti meno riusciti di In rays of the Light, l’analisi estetica e sonora ci spinge a esaltarlo. La composizione dei brani è stata affidata a Dmitry Nikolaev, che ha deciso di ergere il pianoforte a protagonista assoluto. Le tracce sono prevalentemente ambientali e molto nebbiose a livello compositivo, ma riescono a trasmettere inquietudine e angoscia nei punti in cui questo gli viene richiesto. Non troviamo melodie memorabili, ma tutti suoni ben amalgamati che, in cuffia, esplodono in tutto il loro potenziale.

Per quanto invece concerne l’estetica ci inchiniamo all’ottimo lavoro svolto da Noskov in origine con un engine spesso sottovalutato come Unity. L’infrastruttura è un’accademia che esiste nella realtà ed è stata riprodotta in maniera estremamente fedele e curata. Considerato il budget a disposizione e il fatto che lo sviluppo sia stato curato da una singola persona, siamo rimasti impressionati dalla quantità notevole di modelli differenti e dalla cura riposta nel design degli ambienti. Ottima invece la rivisitazione che, graficamente, pecca solamente su qualche effetto di luce rivedibile e sui modelli dell’erba e delle foglie in 2D che non fanno proprio una bella figura. Buone invece le texture generali.

Qua la mano

In conclusione, In rays of the Light è un titolo con sprazzi di qualità, soprattutto nel design e nello studio dei suoni, che cade rovinosamente nell’anonimato a causa di una gestione del ritmo esplorativo mal calibrata e di una narrazione povera di contenuti. Qualche problema tecnico e un messaggio di fondo che potrebbe risultare stucchevole per molti sono la condanna definitiva di un prodotto che, purtroppo, dimenticheremo presto.

Ci teniamo a sottolineare che, sebbene nel complesso valutiamo In rays of the Light come un prodotto insufficiente, nutriamo enorme stima nei confronti di Sergey Noskov, sviluppatore indipendente con una propria identità e un marchio di fabbrica riconoscibile. Si possono commettere degli errori, ma quando la strada percorsa è quella giusta, prima o poi si giungerà a destinazione. Stringiamo quindi virtualmente la mano a Noskov, la cui passione per le proprie opere traspare innegabilmente anche in questo titolo.

Trofeisticamente parlando: luci e ombre

Per mettere le mani sulla discretamente ricca lista trofei di In rays of the Light dovrete raccogliere tutti i collezionabili e sbloccare entrambi i finali. Quello più ostico vi richiederà di non utilizzare la torcia e di stare il meno possibile negli spazi aperti a contatto con la luce. Dopo aver esplorato l’accademia durante la prima run, sarà semplice ottenere questo finale.

VERDETTO

In Rays of the Light è un walking simulator che si presenta bene a livello estetico e sonoro ma che, al netto di un messaggo di fondo assolutamente nobile, risulta essere povero di contenuti. La passione di Noskov e le sue intenzioni sono facilmente riconoscibili, ma il modo in cui l'autore russo ha cercato di trasmettercele attraverso un videogioco è perlopiù fallace. Visto il prezzo irrisorio, non sconsigliamo l'acquisto, ma vi mettiamo in guardia da un gioco che molti hanno sopravvalutato solamente per l'etica di fondo inattaccabile.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.