Just Cause 4 – Recensione

Sviluppatore: Avalanche Studios Publisher: Square Enix Piattaforma: PS4 Genere: Azione Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 69,99 € Italiano:

In una tranquilla serata davanti al televisore potreste trovarvi a dover scegliere tra un film drammatico e strappalacrime, un colossal dal budget multimilionario e dal cast stellare e l’ultimo action all’americana con Jason Statham o Dwayne Johnson. L’equivalente videoludico di una simile, variegata offerta potrebbe vedere sul piatto un Life is Strange, un Red Dead Redemption 2 e… beh, inutile dire che il pensiero andrebbe a Just Cause. La serie di Avalanche Studios con protagonista Rico Rodriguez si è ritagliata un posto nella storia dei videogiochi proprio per l’esagerazione, l’azione e il gusto per la distruzione portati ai massimi livelli, il tutto a discapito del realismo e a completo sostegno del puro, esaltato divertimento. Con il quarto capitolo della saga l’approccio non è minimamente cambiato; piuttosto, Just Cause 4 si è rifatto il look e ha aumentato la dose di steroidi. O almeno, ci ha provato.

Back in action

Just Cause 4 è un sequel diretto dell’ultimo capitolo della serie uscito tre anni fa. L’ambientazione, però, torna a ispirarsi a quel Sud America che faceva da sfondo alla prima avventura di Rico Rodriguez. In questo caso ci troviamo nella nazione fittizia di Solìs e non abbiamo neanche il tempo di uscire dal menù iniziale che già siamo catapultati nel pieno dell’azione: un edificio apparentemente irraggiungibile che si erge tra le montagne, il dittatore Oscar Espinosa che vi si rifugia e Gabriela, leader dell’esercito della Mano nera, che si illude di poterci fermare. Non serve altro per convincere Rico a proiettarsi in avanti con il suo rampino, gettarsi nel vuoto alternando paracadute e tuta alare e dispiegare il suo intero arsenale di armi distruttive.

Ma il nostro eroe non ha fatto i conti con il cielo: strani eventi meteorologici interessano Solìs, e proprio una tempesta (unita a torrette difensive poco amichevoli) costringe Rico a rimandare la resa dei conti con Espinosa. E’ l’inizio di una guerra personale nella quale saremo affiancati dai ribelli dell’Armata del caos e che combatteremo tra la conquista e la liberazione di territori e l’eliminazione di edifici chiave. Di fronte a noi una Mano nera mai così aggressiva, ma soprattutto la minaccia di una vera e propria arma meteorologica sviluppata nell’ambito del progetto Illapa. In tutto ciò si inseriscono scoperte che hanno a che fare con il passato di Rico e con l’agenzia per la quale lavora sin dal primo Just Cause.

Distruggo, ergo sum

Una delle meccaniche principali del gioco è il sistema di conquista delle diverse aree di Solìs. La vasta mappa è suddivisa in numerose regioni e ognuna presenta una sotto-missione di cui occuparsi per indebolire la Mano nera, rafforzare l’Armata del caos e far avanzare il fronte della guerra di liberazione del Paese. Per portare avanti la trama principale dovremo dedicarci a queste attività, che prevedono liberazione e scorta di prigionieri, attivazione o distruzione di elementi come centrali elettriche o turbine, hackeraggio di sistemi di sicurezza, disinnesco di bombe e poche altre varianti.

Non è però sufficiente portare a termine l’obiettivo. Per spostare la linea del fronte ci servono squadre di ribelli, in numero variabile in base ai requisiti di ogni regione, e l’unico modo per ottenerle è distruggere come se non ci fosse un domani. Con l’artificio della barra del caos, che si riempie ogni volta che facciamo esplodere cisterne, antenne, serbatoi, veicoli, tralicci e quant’altro, gli sviluppatori giustificano il tratto distintivo di Just Cause e lo legano direttamente alla trama. Più distruggiamo, più squadre possiamo “spendere” per conquistare una regione e sbloccare nuove missioni primarie; ma soprattutto, più distruggiamo, più ci divertiamo. Due piccioni con una fava; anzi, con una bomba.

Che tempo che fa

In questo contesto abbastanza canonico per la serie si inserisce la novità rappresentata dagli eventi atmosferici che colpiscono le diverse aree della mappa di gioco. Direttamente legate alle vicende della trama principale, di cui rappresentano una sorta di mid-boss non umano, le catastrofi naturali generate dai sistemi del progetto Illapa costituiscono una gradita variazione sul tema e un modo per alzare ancor più il tasso di adrenalina e testosterone nel giocatore.

A conti fatti, però, non rivestono l’importanza centrale che i trailer volevano far passare e non spostano l’asse di valutazione globale del gioco; superato il primo incontro con una di queste calamità si tornerà al solito gameplay, in attesa di dedicarsi alla successiva, senza che altri eventi meteorologici interessino casualmente la mappa nel nostro girovagare. E’ possibile riattivare una delle furie naturali in una data area per sperimentare nuovi approcci, ma molto meglio sarebbe stato dover gestire eventi inaspettati e più frequenti.

Rampino, se non ci fossi tu!

Il rampino è senza dubbio il più fidato compagno di Rico Rodriguez e, di conseguenza, diverrà per noi uno strumento irrinunciabile. Con un semplice tasto potremo agganciarci in ogni momento a spuntoni di roccia, pareti e veicoli per raggiungere rapidamente un luogo, arrivare sulla cima di un edificio o fuggire da una sparatoria che si mette male. Combinando la trazione garantita dal riavvolgimento del cavo del rampino all’apertura immediata del paracadute e alla planata in tuta alare possiamo anche proiettarci verso il cielo e coprire lunghe distanze in breve tempo, una modalità di spostamento più comoda e divertente della guida.

Ma il rampino serve a tutta una serie di altre attività che elencare sarebbe impossibile. Possiamo legare un barile a una porta, per trascinarcelo contro e aprirla con l’esplosione; possiamo legare un elicottero o una vettura nemica al suolo, per farla rovesciare; possiamo agganciare una leva, o una turbina, e tirarla sfruttando la forza del rampino; possiamo, grazie a un comodo potenziamento, collegare dei palloni a un veicolo o a un oggetto che intralcia il nostro cammino e lasciare che venga sollevato verso il cielo. Tutti i miglioramenti si possono applicare al rampino in un apposito menù, a testimonianza dell’importanza rivestita da questo gadget.

Giochiamo alla guerra

Quando giocavamo alla guerra da bambini era tutto meravigliosamente semplice: munizioni infinite, vicende che assecondavano le nostre necessità e soprattutto morte impossibile (a meno che ci fossimo accordati con il nostro avversario). Just Cause 4 trasporta quell’esperienza in un videogioco, il che non va inteso come un difetto, dal momento che è esattamente quel che ci si aspetta. Rico è un Chuck Norris che può tenere testa da solo a interi eserciti e sopravvivere all’attacco di droni e elicotteri da guerra, cedendo alla morte solo in casi rarissimi.

Nello specifico, il gunplay è estremamente semplificato e immediato, con la possibilità classica di sparare a casaccio o di soffermarsi a mirare, a cui aggiungere le munizioni secondarie per ogni arma, utilissime per le soluzioni più esplosive. L’aggancio del nemico è assistito e trucidare i soldati della Mano nera, anche dalla distanza, non sarà mai un problema, complice pure un’intelligenza artificiale non memorabile. Potremo inoltre assorbire una quantità impressionante di colpi ed esplosioni ravvicinate, e persino cadere da centinaia di metri di altezza senza riportare un graffio. L’unico problema potrebbe essere, in qualche occasione, la carenza di munizioni (il corpo a corpo, seppur implementato, è sconsigliato), ma nelle vicinanze si troverà sempre una cassa d’armi più che fornita; senza contare che i nemici sono generosi nel lasciare mitra e munizioni dopo che li abbiamo stesi.

Just Cause 4 è piuttosto accomodante, insomma, ma non per ingraziarsi il giocatore, bensì per permettergli di focalizzarsi sul lato principale del gioco: l’esagerata, esaltante, gagliarda, “maschia” distruzione di ogni cosa. Se compro Just Cause è perché voglio devastare tutto a colpi di lanciagranate e RPG e fuggire da una base che esplode alle mie spalle sparandomi in cielo con un rampino, quindi non posso preoccuparmi troppo di elementi secondari come la storia o, ancor più, la morte.

Bene il contenuto, ma la forma…

Essere l’action game caciarone per eccellenza e aver implementato qualche novità non può esimere Just Cause 4 da un’analisi del comparto tecnico. E’ proprio qui, però, che sorgono i pesantissimi lati negativi del titolo, tanto evidenti da farne precipitare il giudizio complessivo. Il primo problema, che lo è solo relativamente e che quindi sbrighiamo subito, è legato al sottile confine tra il ritmo frenetico e la confusione; i fan della serie ci saranno abituati e apprezzeranno, ma è innegabile che in alcune fasi i combattimenti si trasformino in una serie di sparatorie casuali verso tutto ciò che si muove, e non solo, intervallate da fughe altrettanto casuali sparando il rampino sul primo appiglio disponibile. Poco incisiva la storia, piuttosto pretestuosa, ma anche su questa non possiamo soffermarci troppo.

Il problema più grave, invece, è che la stessa confusione individuabile nel gameplay trova riscontro nel comparto visivo in generale. Le ambientazioni, infatti, al netto dello sforzo degli sviluppatori di differenziare i biomi e di ampliare l’estensione della mappa, risultano spesso poco definite, generiche, con elementi ripetuti all’infinito in un copia-incolla che aumenta il senso di ripetitività e deja-vu già riscontrabile in certe missioni. Complici anche un sistema di illuminazione non ottimale, un effetto pop-up evidentissimo soprattutto nelle fasi di volo, una scarsa pulizia di alcune texture e qualche vero e proprio bug grafico, si ha l’impressione di muoversi in un mondo non ben rifinito e non si ha mai la piena padronanza di gioco, movimento e pianificazione che deriverebbero da una gestione più curata del setting.

Ancor più grave, l’esperienza su PlayStation 4 è minata da un effetto di sfocatura che interessa tutto lo scenario intorno a Rico ogni volta che si ruota la visuale della telecamera con la levetta destra. Si tratta di un fenomeno che, muovendosi a piedi, disturba, ma che, guidando veicoli, rende addirittura irriconoscibili gli elementi di gioco; sbucando da una curva non ci è stato possibile, ad esempio, riconoscere una carcassa di automobile in mezzo alla strada, trasformata in una nuvola confusa di pixel, finché la telecamera non si è ristabilizzata. Gli sviluppatori hanno promesso una patch correttiva, ma al momento della recensione questo resta un problema davvero limitante e non trascurabile.

L’Apex non convince

Il nuovo motore di gioco Apex usato da Avalanche Studios non si presenta nel migliore dei modi sulla versione PlayStation 4. Se la profondità di campo è effettivamente molto elevata, se la resa grafica dei personaggi principali è discreta e se le fasi in cui affrontiamo le calamità naturali sono ben gestite, non si possono ignorare la poca cura nella realizzazione di alcuni elementi del paesaggio, i pop-up frequenti, l’insipidezza dei modelli usati per i soldati della Mano nera e del popolo comune, il sistema di illuminazione a volte scandaloso che, per esempio, accende i capelli di Rico come se emanassero luce propria e il già citato effetto blur. Senza esagerare, in alcune scene sembra di trovarsi ancora nel primo Just Cause su PlayStation 2. Buono invece il comparto audio, sia nel doppiaggio italiano convincente che negli effetti sonori, così come nella colonna sonora che accompagna l’azione.

Trofeisticamente parlando: una normale giornata di follia

I trentaquattro trofei di Just Cause 4, comprensivi del Platino, non costituiscono niente di particolarmente difficile, ma alcuni richiederanno un po’ di tempo. Oltre a quelli legati alla trama, molti dipendono dal completamento di missioni secondarie, dalla liberazione di tutte le regioni di Solìs e dalla scoperta di tutti i luoghi della mappa, mentre altri hanno a che fare con acrobazie e azioni particolari. La nostra guida ai trofei sarà aggiornata quanto prima con tutte le spiegazioni del caso.

VERDETTO

Just Cause 4, almeno su PlayStation 4, fa mezzo passo avanti e due indietro. Se le aspettative per la nuova avventura di Rico Rodriguez vengono rispettate in termini di libertà, frenesia e distruttibilità ambientale, con l'aggiunta di eventi meteorologici estremi con cui interagire, è il comparto tecnico a zoppicare vistosamente. Texture poco rifinite, illuminazione scadente e che genera una certa difficoltà a distinguere gli elementi di gioco, pop-up anche a breve distanza e soprattutto un motion blur estremo rendono l'esperienza a tratti sgradevole e costringono a non soprassedere su alcuni difetti storici della serie, in primis la ripetitività di certe missioni, l'IA inesistente e la banalità della storia. Nel voto assegniamo mezzo punto in più sulla fiducia, considerata la promessa di una imminente patch correttiva e l'indubbio divertimento di certe situazioni.

Guida ai Voti

Jury Livorati
Classe ’85, divido il tempo tra la moglie e i tre figli e le più svariate passioni. Amo la lettura, la scrittura e i videogiochi e recito dal 2004 con l'Associazione Culturale VecchioBorgo. Eterno bambino, amo la vita e guardo sempre allo step successivo, soprattutto se è più in alto del precedente. Sono grato a PlayStationBit per avermi fatto scoprire la (sana) caccia ai trofei e i Metroidvania.

3 Commenti

Comments are closed.