Primo PianoMafia III - Recensione

Mafia III – Recensione

Mafia III parte forte. Ma proprio forte, fortissimo. Complici un comparto narrativo potente e una colonna sonora d’altri tempi, considerazione quanto più opportuna sia in termini qualitativi che cronologici dato che ci troviamo nel ’68, complici questi due fattori, dicevamo, ci siamo messi comodi sulla poltrona per gustarci un potenziale capolavoro targato 2K Games e Hangar 13. Purtroppo, le cose non sono andate esattamente come speravamo.

mafia_logoLa Terra di Mezzo: L’Ombra di New Bordeaux

La prima cosa che abbiamo citato, o quasi, è stato il comparto narrativo, elogiandolo. Forse, però, sarebbe stato più opportuno parlare di narrazione in senso stretto perché, sì, la trama di Mafia III ci ha convinto ma quello che poi ci ha fatto non gridare al miracolo, ma quasi, è stato il “come” le vicende vengono raccontate. Un flashback, un flashforward, una sparatoria nel presente, poi un altro passo avanti, uno indietro, e via così, fino a che non riusciremo concretamente a capirci qualcosa e tirare le somme del discorso; in quel preciso istante le cose si stabilizzeranno, ma l’incipit di Mafia III è veramente qualcosa di sorprendente, non solo a livello videoludico, ma anche sotto il profilo cinematografico. E’ un peccato che poi la trama diventi molto, molto più lineare, concedendosi solo qualche commento dei superstiti di lì a qualche anno rispetto alle vicende narrate.

Ma qual è la trama di Mafia III? Noi vestiremo i panni di Lincoln Clay, afroamericano reduce dalla guerra del Vietnam e tornato, in men che non si dica dopo il rimpatrio, nel bel mezzo di giri loschi, come forse inevitabile nella New Bordeaux (in realtà New Orleans) degli anni Sessanta, corrotta, violenta, sporca e razzista. Un crimine tira l’altro, fino a ritrovarci a tentare il grande slam; le cose non vanno proprio come dovrebbero andare, anzi, la situazione precipita, e ben presto, tra voltafaccia, promesse non mantenute e ipocrisia, eccoci vivi per miracolo, senza più nulla di quel (già) poco che avevamo. La storia di Lincoln Clay, così come quella di Mafia III, è intrisa di vendetta, di sangue, di violenza e di opportunismo. Come accennato, le peripezie in sé non sono poi così complicate e nemmeno i colpi di scena così frequenti; aggiungiamoci anche dei personaggi che, per quanto piuttosto ispirati, non riescono poi autenticamente a bucare lo schermo, ed eccoci davanti a un prodotto che senza dubbio convince, ma che non verrà ricordato tra una decina di anni come chissà quale capolavoro. Questo sotto il profilo di trama, personaggi e via discorrendo.

mafia-iii-recensione-002Passando al discorso gameplay, Mafia III è un classico free roaming, con il suo mondo da esplorare (vasto il giusto) e le sue missioni, primarie e secondarie, da completare. Ci teniamo a mettere subito i puntini sulle “i” affermando come le attività da svolgere nel titolo Hangar 13 non siano poi molte, a differenza del titolo che ha settato nuovi standard in questo genere, ossia il campione di vendite multimilionario Grand Theft Auto V. Il timore è che queste vengano inserite piano piano a pagamento, un po’ come accaduto di recente con Fallout 4, dato che i contenuti del season pass non sono ancora stati specificati minuziosamente, e stando alle descrizioni che si trovano online apprendiamo che ognuna delle tre espansioni previste porterà in dote “nuove storie, personaggi e funzionalità di gioco legati al mondo criminale di New Bordeaux”.

Qualsiasi cosa voglia dire, le attività che potrete svolgere al momento al di fuori delle missioni sono davvero poche. Ma, allora, in cosa consistono queste missioni? Purtroppo o per fortuna, è presto detto. Lo schema che si sussegue in Mafia III è infatti estremamente ripetitivo, monotono, forse, sul lungo termine, pure noioso. Proprio la ripetizione continua delle meccaniche di gioco, insieme a un level design quasi assente, costituisce il maggior difetto dell’opera di Hangar 13. Che cosa intendiamo con ciò? Intendiamo dire che, dall’inizio alla fine del gioco, non dovrete fare altro che: individuare chi sta a capo di un determinato racket; minare le sue fondamenta interrogando gli informatori, distruggendo le sue proprietà o uccidendo i suoi scagnozzi; affrontarlo in un faccia a faccia, dopo averlo intercettato tramite cimici nel caso in cui lo si voglia assoldare, al fine di aumentare i vostri introiti; affidare il racket a uno dei vostri alleati, quelli che si intravedono nei diversi trailer diffusi prima dell’uscita del gioco; ripartire dall’inizio, scalando mano a mano la piramide che vi porterà ad affrontare Sal Marcano, il responsabile principale, ma non l’unico, delle vostre più recenti sofferenze. Il procedimento è molto simile a quanto visto ne La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor, senza che però ne vengano replicate le apprezzabili sfumature relazionali. Insomma, non ci capita molto spesso di dirlo, ma un (bel) po’ più di script sarebbe stata una manna dal cielo.

Essere imbecilli. Ma con stile.

Non che svolgere questi compiti ci sia in realtà dispiaciuto, non fraintendete; le sparatorie sono divertenti, le armi a disposizione del giocatore più che sufficienti per saziare la fame di piombo e il sistema di coperture riesce a conferire il giusto senso tattico agli scontri tra l’esercito di Lincoln e quello dei suoi nemici. Rimane però il fatto, insindacabile in sede di recensione, che a chi non è in grado di chiudere un occhio sulla monotonia della faccenda potrebbe sopraggiungere, un po’ troppo presto per i nostri gusti, il fattore noia. A onor di completezza, potrete intraprendere le missioni anche con un approccio stealth, a base di uccisioni furtive e di passaggi silenziosi alle spalle di chi ce l’ha con noi.

mafia 3 001In questo senso, però, ci duole constatare come l’intelligenza artificiale sia, senza mezzi termini, imbecille; potrete attirare il malcapitato di turno fischiettando, agguantarlo causando rumore, gemiti, imprecazioni, senza che il tizio con cui stava conducendo un’amabile conversazione fino a pochi secondi prima muova un dito, né si ponga minimamente il problema di vedere il proprio interlocutore sparire nel nulla. Le lacune sono talmente grossolane che speriamo vengano presto colmate con un aggiornamento di gioco gratuito, aggiornamenti che si stanno ripetendo con una certa continuità, a testimoniare la volontà degli sviluppatori di volere tenere viva la propria creatura anche dopo l’uscita nei negozi.

Sublime, davvero, il comparto sonoro di Mafia III; ci ritroveremo catapultati negli anni Sessanta a stelle e strisce con alcune azzeccatissime scelte, sia a livello qualitativo che quantitativo, di brani musicali da ascoltare sulla radio del nostro bolide, che sia di nostra appartenenza o piuttosto “preso in prestito” a qualche ignaro cittadino. Meno bene, ma comunque pregevole, tolti alcuni inevitabili bug quando si lavora a un mondo di gioco così vasto, il lato tecnico; il frame rate è assolutamente solido, inoltre ci riteniamo soddisfatti dell’impatto visivo generale, specie per alcuni scorci paesaggistici e per le cinematografiche e riuscite cutscene.

Chiudiamo questa recensione, prima della consueta parentesi trofeistica, facendo un plauso ad Hangar 13 per come sia stata capace di realizzare, di ricreare il clima di quelle coordinate spaziali e cronologiche; il fascino di Mafia III, infatti, consiste anche e principalmente in questo, e nella maturità degli sviluppatori nell’affrontare un tema quale il razzismo con la giusta asprezza e intelligenza, qualità mai troppo rilevate nella “prigione dorata” del medium videoludico.

Trofeisticamente parlando: two is megl che uan

A sorpresa, visto il genere videoludico di appartenenza, il set di trofei di Mafia III vi consentirà di portarvi a casa l’ambita coppa di Platino con (almeno) due run. In una dovrete salvare tutti, nell’altra ucciderli, sostanzialmente; dopodiché vi toccherà mettervi a cercare tutti i collezionabili possibili e immaginabili, tra cui segnaliamo diversi numeri della rivista Playboy, cosa che certamente costituisce uno sprone non da poco. Altro che le piume di Assassin’s Creed.

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.