My Time at Portia – Recensione

Sviluppatore: Pathea Games Publisher: Team17 Piattaforma: PS4 Genere: Simulazione Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 29,99 € Italiano:

Dopo un periodo di rodaggio grazie all’early access su Steam, My Time at Portia arriva anche su console. Si tratta, per la verità, di un gioco particolarmente magmatico, dato che l’editore Team17 ha già annunciato che, due-tre settimane dopo il lancio (previsto oggi), sarà rilasciato un aggiornamento piuttosto corposo in cui saranno implementate, in via del tutto gratuita, missioni della storia, oltre a quest secondarie, correzioni e aggiunte generali già viste su PC in precedenza.

Quando me ne andai a Portia

L’incipit narrativo sviluppa niente di più, niente di meno, ciò che ci si potrebbe aspettare a partire dal titolo. I ragazzi di Pathea Games (nome che, se non vi dice niente, è perfettamente normale: si tratta di un piccolo studio con sede a Chongqing, in Cina, e un distaccamento a Memphis, Stati Uniti) hanno previsto che il nostro alter ego, dopo una sistemata in uno sbrigativo editor, giunga nella suddetta Portia per prendere possesso della bottega abbandonata in fretta e furia dal padre, che per non meglio specificati motivi si è dovuto recare in campo al mondo in quattro e quattr’otto.

Ma che cos’è My Time at Portia? Stiamo parlando di un life simulator con una componente RPG di un certo peso, inspirato da Animal Crossing, Harvest Moon, Dark Cloud 2 e dalle opere dello Studio Ghibli. La colonna portante del gioco e del suo gameplay è il crafting; la prima cosa che ci verrà chiesta nelle missioni principali sarà costruire, costruire e ancora costruire, dopo avere recuperato almeno i materiali base (legno e pietra). Ecco allora che, dopo avere assemblato oggettistica davvero basica (asce, picconi, mazze), veniamo subito al dunque. E ci si è aperto un mondo davanti. Il bilanciamento delle meccaniche di My Time at Portia è stato pensato in ogni più minimo di dettaglio, così da avere un senso di progressione notevole e un gran senso di soddisfazione, dopo avere portato a termine il proprio compito.

Perché, ad esempio, per costruire una staccionata e dare una mano al vicino servirà qualche asse di legno. Per ottenerlo, bisognerà però costruire una sega di dimensioni piuttosto importanti, da piazzare nel giardino di casa. E per costruire questo fondamentale mezzo serviranno altra legna, qualche pietra e dei lingotti di materiale prezioso (rame, bronzo… ce ne sono di tutti i tipi). Come fare a ottenere il materiale prezioso? Semplice, andando a scavare in una delle miniere presenti del gioco, sostanzialmente le uniche zone del gioco in cui incroceremo nemici da sconfiggere tramite l’essenziale combat system. Questo le rende veri e propri mini-dungeon. Ma per andare in miniera e provare a scovare qualche reperto del mondo che fu, bisognerà versare una quota settimanale di monete per la manutenzione della miniera stessa. Ecco allora che queste monete le dovremo ottenere magari accettando qualche incarico alla Gilda di Portia. Ma siamo sicuri che quanto sarà richiesto non ci porterà a dovere costruire particolari macchinari o a recuperare strani materiali?

Ecco, arrivati a questo punto dovreste avere capito come My Time at Portia sia un grossa matrioska, piacevolissima da aprire, strato dopo strato, per via della capacità degli sviluppatori di gratificare il giocatore e dargli un continuo stimolo. E questo è solo uno scalfire la superficie, perché procedendo avremo anche modo di coltivare verdure, ampliare la nostra proprietà, allevare bestiame, pescare, cucinare e sbizzarrirci in una mezza miriade di minigiochi. Non a caso completare il titolo vi potrebbe portare via facilmente almeno cinquanta ore di gioco. E la cosa, apprezzatissima di My Time at Portia corrisponde ai diversi livelli di “lettura” presenti: il gioco è fruibile da un hardcore gamer, che sarà libero di scorrazzare come gli pare, ma anche da una casual gamer, visto che il pratico menù tiene bene conto e monitora tutte le attività che stiamo portando avanti. Tanto per fare nomi e cognomi: il gioco di cui stiamo parlando è superiore praticamente in tutto e per tutto a Yonder: The Cloud Catcher Chronicles e a quasi tutti gli altri esponenti del genere presenti su console (non molti e di qualità discutibile, per la verità).

La zona contaminata (?)

Siete liberi di crederci o meno, ma il contesto narrativo di My Time At Portia è quello di un mondo post-apocalittico. Così, mentre avremo la possibilità di gestire come meglio crediamo la nostra esistenza (sposarci o rimanere single? Essere odiosi con il vicinato o barcamenarsi tra un buongiornissimo e l’altro?), immutabile e statico sarà la particolare situazione circostante. La chiesa crede infatti che solo alcuni strumenti legati al mondo che è stato vadano utilizzati, mentre la scienza è un (bel) po’ più intraprendente su questo fronte e crede che ogni mezzo debba essere ripristinato, se possibile.

Ciò su cui potremo sempre fare affidamento, in ogni caso, sarà il prezioso quaderno del nostro vecchio, in cui sarà ben illustrato cosa serve, in quale misura e in che modo utilizzarlo per creare i macchinari fondamentali, dopo averlo recuperato nel variegato ma non vastissimo mondo – e non perché si sia andati al risparmio, ma per una questione di prediligere la qualità a dispetto di una esagerata quantità. Completa il quadro un albero delle abilità da completare mano a mano che si sale di livello (in My Time at Portia, praticamente ogni azione vi farà conquistare punti esperienza), migliorando le nostre doti di crafting, esplorazione e combattimento. In particolare questi ultimi due aspetti consistono nella componente RPG del titolo, non molto profonda ma che risulta essere un piacevolissimo diversivo tra una sessione di crafting e l’altra. Scelta scomoda ma che ci sta in un contesto del genere: si salvano i progressi solo quando si dorme.

Il lato tecnico è quello che maggiormente presta il fianco a critiche, per quanto riguarda il prodotto confezionato da Pathea Games. Prima di tutto: bug non molto sporadici (ma che dovrebbero essere presto corretti). Le animazioni sono così così, e anche il character design degli oltre cinquanta NPC presenti non è che sia così stupefacente. Stesso discorso per Portia stessa o il level design di quelli che costituiscono i dungeon del gioco. Detto questo, visto che il gioco prevede un ciclo giorno-notte, alcuni scorci paesaggistici al tramonto saranno in grado di stupire anche il videogiocatore più scafato. Per quanto riguarda l’audio: il doppiaggio e pressoché inconsistente (le cutscene sono infatti estremamente grezze), mentre una nota di plauso va alla localizzazione italiana (mai scontata, anche se qualcosa è rimasto in altre lingue: un trofeo è in francese, una domanda ci è stata posta in spagnolo) e alla colonna sonora, capace di conquistarci con brani davvero orecchiabili.

Trofeisticamente parlando: la mia vita a Portia

Il titolo del gioco parla di un’esistenza passata a Portia, e più o meno quel lasso di tempo vi servirà anche per platinare il gioco. Non sarà particolarmente difficile ottenere l’agognato 100%, ma mettete comunque in conto tante, tante ore di gioco. Leggere l’elenco trofei, privo di spoiler, vi potrebbe aiutare a direzionare i vostri sforzi nella direzione giusta senza compromettere l’esperienza ludica.

VERDETTO

Chiunque sarà capace di scalfire la superficie di My Time at Portia, figlia di un aspetto visivo non esaltante e di animazioni legnose, si ritroverà per le mani una reliquia preziosa, e in continua evoluzione, capace di offrire spunti di riflessione non banali ma, soprattutto, una valanga di attività da svolgere in una spirale di soddisfacente progressione. Il gioco sviluppato da Pathea Games e pubblicato da Team17 è una miniera da cui è difficile smettere di ricavare oro.

Guida ai Voti

Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.

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