Nidhogg 2 – Recensione

E’ doveroso aprire la recensione con una premessa di carattere storico. E’ ormai molto gettonato il dibattito sull’abbonamento PlayStation Plus indispensabile per accedere al multigiocatore in rete, ma ricordiamo ai videogiocatori con un po’ di barba che, all’epoca delle console Sony più datate, l’unico modo per giocare in compagnia era attaccare un secondo joypad e cambiare la propria posizione sul divano da orizzontale a verticale per far posto a un proprio amico. Questo era il multigiocatore dell’epoca, probabilmente molto più coinvolgente perché “reale” ma che ha indiscutibilmente generato delle fratture in alcune amicizie (vero Crash Bash? Worms? Soul Calibur?).

Bene, Nidhogg cercò di abbracciare di nuovo quest’epoca, proponendo un titolo concepito per essere giocato in locale e per divertirsi in compagnia, appoggiandosi a un gameplay molto intuitivo come meccaniche e impatto visivo, ma frenetico come pochi. Personalmente mi sono trovato a trascorrere numerose serate in compagnia di amici a giocare al primo Nidhogg divertendomi molto, sia come giocatore attivo che come spettatore. A distanza di qualche anno arriva il sequel di Nidhogg, il quale ricalca le ombre del predecessore senza molta convinzione, essendo molteplici gli stravolgimenti apportati dagli sviluppatori.

Medaglia olimpica

In questo capitolo non saremo armati unicamente di uno stocco, ma a ogni respawn ci ritroveremo casualmente una delle quattro armi previste dal gioco: stocco, spada, pugnale e arco. A prima vista questa scelta sembra poter aggiungere varietà al gameplay. Effettivamente questo accade, ma purtroppo è un aspetto distruttivo. Il motivo è presto detto: le armi sono sbilanciate. Lo stocco è esattamente lo stesso del primo capitolo, la spada può disarmare l’avversario se questo para il nostro colpo ma sarà più lenta, il pugnale permette attacchi rapidi ma a corto raggio e quando viene lanciato è molto più veloce nella sua traiettoria, seppur schivabile con maggior facilità.

Poi c’è l’arco. L’arco è inutile. La cadenza di fuoco è ridicola, così come la mobilità e l’impossibilità di difendersi nel corpo a corpo che subiremo quando impugneremo la rudimentale arma. Inoltre, le frecce possono essere rispedite al mittente se parate con il giusto tempismo. Insomma, un disastro. Sembra un dettaglio di poco conto, ma in un titolo da giocarsi quasi esclusivamente in locale con gli amici e che si ergeva a titolo skill-based a tutti gli effetti, questa scelta distrugge tutta la sua essenza, aggiungendo una discreta dose di fortuna nel respawn e rompendo il ritmo in alcuni frangenti.

Ciao verme, chi si rivede!

Lo scopo del gioco è rimasto invariato. Ogni giocatore dovrà correre in orizzontale cercando di raggiungere la fine dello scenario in una delle due direzioni, con l’unico scopo di finire in pasto a un verme gigante (il Níðhöggr, appunto).

Il restyling grafico è molto valido. Dieci livelli contro i quattro del primo capitolo, alcuni dei quali davvero affascinanti (in particolar modo il livello sulle nuvole e quello in discoteca), pieni di colori e con ostacoli ambientali peculiari, aumentano drasticamente la varietà del gameplay, ma stavolta in positivo. Grande passo in avanti anche per la colonna sonora che, seppur composta da loop di massimo venti secondi, ci accompagna senza invadere la nostra sanità mentale ma rimanendoci in testa anche a livello completato.

Meglio mal accompagnati che soli

Così come il predecessore, la modalità principale non offre praticamente nulla, se non una prospettiva molto marginale dei livelli di gioco, essendo l’IA davvero mal calibrata e necessitando di massimo trenta minuti per essere completata. Anche la modalità online non stupisce, seppur sia stata strutturata con maggior cura. Questo perché il gameplay è sì divertente, può una partita durare anche quindici minuti… ma se non si ha accanto un amico da prendere in giro o a cui tirare uno schiaffo, il divertimento viene affossato. Chiariamoci, non è vietato fargli i complimenti, ma tradizionalmente non è una reazione comune.

E qui si arriva al punto forte del gioco, che ricalca pienamente il solco disegnato dal predecessore: il multiplayer locale. In compagnia il gioco fiorisce nella sua più totale essenza e offre tutto ciò che gli sviluppatori avevano in mente. Purtroppo, però, offre minore longevità nel breve periodo rispetto a Nidhogg poiché, nonostante il maggior numero di livelli, nonostante le quattro armi, nonostante ci sia la customizzazione del proprio “omino”, il divertimento si affievolisce molto più rapidamente rispetto al precedente capitolo. Questo è dovuto sostanzialmente ai difetti descritti precedentemente, i quali rendono l’esperienza meno divertente, non lasciando quella sensazione di “dai, facciamo un’altra partita” se non per una rivincita dettata dall’orgoglio personale, che tuttavia dominerebbe anche per una partita di briscola.

Torna la prossima volta, verme

In sostanza, Nidhogg 2 è un netto passo indietro rispetto al suo predecessore poiché, essendo sostanzialmente un picchiaduro arcade a scorrimento concepito per il multigiocatore, nel momento in cui questo non diverte quanto il primo, non può che essere altrimenti. Non si tratta tuttavia di un flop, essendo un videogioco che comunque può far passare quell’oretta in compagnia tra risate e imprecazioni. Lascerà però l’amaro in bocca a coloro che passavano le nottate a giocare al primo capitolo. L’assenza di un tutorial o anche solo di un menù con i comandi suggerisce quanto questo capitolo fosse inesorabilmente diretto ai fan del primo. A confermare questa nostra impressione pesa anche il prezzo di acquisto, per nulla simbolico.

Abbiamo per le mani il classico videogioco senza infamia e senza lode, che tuttavia non deve frenare gli sviluppatori che si sono lanciati in un’azione di rinnovamento del proprio titolo cercando di offrire al mercato un qualcosa di nuovo, che avesse il sapore del vecchio. Purtroppo questo titolo ha solamente l’odore del vecchio, poco più, e questo non basta. Noi del Bit avevamo delle aspettative su Nidhogg 2 che non sono state rispettate, ma l’incidente di percorso deve servire per comprendere gli errori e sfornare in futuro qualcosa di migliore. Attendiamo Nidhogg 3, magari cross-gen, che faccia tesoro di quanto emerso dal secondo capitolo e tiri fuori un vero sequel del primo capitolo, con tanto di attributi (rigorosamente pixellosi).

Trofeisticamente Parlando: mangia questo!

Nidhogg 2 ha una lista trofei composta da tredici trofei: sette di bronzo e sei d’argento. Ottenere il 100% non sarà una passeggiata, poiché vi sarà richiesto di completare la modalità principale in meno di venti minuti, e soprattutto di “dominarla”, cioè completarla senza mai morire. Vi sarà anche richiesto di vincere cento partite classificate online e, considerata la scarsità numerica di oppositori, questo trofeo potrebbe diventare a breve irraggiungibile.

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.