Octahedron – Recensione

Sviluppatore: Demimonde Publisher: Square Enix Collective Piattaforma: PS4 Genere: Platform Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 12,99 € Italiano:

Il panorama dei videogiochi indipendenti si sta ampliando in maniera talmente prepotente da attirare, delle volte, l’attenzione delle aziende leader del settore videoludico disposte a investire su alcuni progetti. Octahedron appartiene ai suddetti casi; sviluppato da un’azienda svizzera composta da un solo membro (Marco Guardia, conosciuto per essere un compositore di musica elettronica sotto il nome d’arte “Monomirror”, e ancor prima come “Reverb” nel meraviglioso duo di musica trance Flutlicht insieme a Daniel Heinzer NdG), lo psichedelico platform che andremo ad analizzare in questa recensione ha convinto Square Enix Collective a puntarci fortemente.

Square Enix Collective è una divisione di Square Enix che si occupa dei prodotti indipendenti e che ha fra le mani (fra i tanti) Raji, Deiland, Pine e Moonlighter. Le premesse sono dunque convincenti, lo sarà anche il prodotto finale? Monomirror sarà riuscito a fondere musica e videogioco?

Un platform purissimo

Octahedron si presenta come un platform in 2D e, analizzandolo fin dalle prime battute, si nota come questa etichetta sia scolpita sulla pietra. Dopo una breve cutscene che presenta la trama del titolo (superflua ai fini del gioco), verremo catapultati in un breve tutorial. I comandi sono semplicissimi, possiamo muovere il nostro “omino”, saltare con X e premere Quadrato per creare una piattaforma sotto i nostri piedi. Le variabili di gameplay consistono nel fatto che la piattaforma può essere statica come dinamica, seppur di breve durata. Sarà inoltre possibile rendere la piattaforma offensiva per eliminare chi si para dinanzi a noi.

Insomma, un gioco di piattaforme vero e proprio, composto da cinquanta livelli di difficoltà crescente e disseminati di collezionabili e sfide, di cui parleremo più avanti. Demimonde ha quindi deciso di rispettare la tradizione, senza stravolgere il gameplay o la struttura, ma rendendolo “personale” solamente a livello estetico.

Vade retro, epilettici

A livello estetico, Octahedron dà il meglio e il peggio di sé, comunque differenziandosi da parte del mercato. Il level design è piuttosto minimalista e scarno di dettagli e originalità, ma è la scelta dei colori e della loro saturazione, trascinata fino all’estremo, a dominare la scena. Lo sfondo di qualsiasi livello sarà rigorosamente nero, mentre tutto il resto dell’ambientazione sarà colorato, brillante e fotonico, compreso il nostro protagonista. Questa scelta dello sviluppatore è molto coraggiosa, perché può generare dipendenza come disturbare il videogiocatore (tra l’altro è un percorso intrapreso da molte altre aziende, si pensi a Housemarque). La nostra esperienza ci porta a dire che la saturazione dei colori sarebbe potuta essere gestita con maggior parsimonia, poiché si tratta di un videogioco per console di casa e non per sale giochi, dove le partite possono durare qualche minuto e quindi si può trascinare all’estremo ogni organo sensoriale.

Intelligente invece l’utilizzo della colonna sonora chiptune, che vanta fra le sue fila la compositrice Chipzel (diventata leggenda con la colonna sonora di Crypt of the NecroDancer), che riesce con maestria a creare dei loop martellanti, che vengono accompagnati spesso dalle pulsazioni dell’ambiente di gioco. Si crea quindi una sinergia fra l’estremismo grafico e quello sonoro. Niente di nuovo sotto al sole, ma fa sempre piacere rimarcare questa cura della colonna sonora e come un minuscolo studio di produzione svizzero sia riuscito ad avvicinarsi e a collaborare con un’artista irlandese di caratura internazionale.

Dai che ci arrivo… 

Il gameplay è strutturalmente banale, ma padroneggiarlo per completare tutti i livelli è tutt’altro che semplice. Anche e soprattutto perché la locazione dei vari checkpoint spesso ci obbligherà a ripetere delle intere sezioni molteplici volte, seppur ci sia da apprezzare il fatto che i checkpoint esistano, poiché spesso gli hardcore game decidono di non usufruirne per rendere l’esperienza più impegnativa, rischiando di passare rapidamente da “ludica” a “lurida” per i meno avvezzi. I nostri problemi saranno tendenzialmente rappresentati da creature non identificate con script di movimenti fissi e qualche ostacolo ambientale quale laser, trampolini e altri cliché del genere platform. Si tratta quindi di un titolo non per tutti, ma solo per i videogiocatori pazienti e ossessionati dal completamento, dal famigerato 100%. Sarà infattquesto ad arricchire enormemente l’esperienza di gioco che, altrimenti, risulterebbe monotona e priva di incentivi.

Raccogliere tutti i collezionabili e completare il livello senza mai morire sono probabilmente le due sfide meglio concepite (conteggiate alla fine di ogni livello e che, in caso di raggiungimento, vi garantiranno una delle quattro medaglie presenti nel titolo), soprattutto la prima. In ogni livello saranno presenti otto triangoli colorati; questi sono facilmente rintracciabili, ma non altrettanto facilmente raggiungibili. Delle volte sarà necessario scervellarsi per capire come arrivare in determinati punti del livello, delle altre sarà semplice capirlo ma complicato eseguirlo (in pieno stile platform). Insomma, per i completisti questo gioco offre una sfida accattivante, ma, per coloro che si accontentano di superare il livello, Octahedron ha davvero poco da offrire.

Serviva più coraggio

Arrivati a questo punto della recensione probabilmente starete pensando che Octahedron sia un ottimo esponente del genere platform e che Square Enix Collective ci abbia visto giusto. Purtroppo noi non siamo di questo avviso perché, pur stimando il lavoro svolto da Monomirror, che incentiviamo a continuare a lavorare nel mondo dei videogiochi oltre che in quello musicale, riteniamo Octahedron essere un gioco che non ha osato abbastanza.

Lo sviluppatore ha pescato a piene mani dagli stilemi del platform in 2D, mettendo il proprio stampo solamente a livello estetico e nella colonna sonora. Questo porta Octahedron a precipitare nell’anonimato più totale, a non imporsi in nessun modo e a gettare alle ortiche quel potenziale che sembrava manifestare nella prima ora di gioco ma che, progredendo, è andato inesorabilmente scemando. Non è una bocciatura in nessun modo, ma un debito da rimediare, come a scuola. Non ci sentiamo di dire che Monomirror sia bravo ma non si applica, perché collaborare con Chipzel è veramente tanta roba, ma in un mercato dove vige il cannibalismo e dove aziende nascono e muoiono come fiorellini è necessario fare di più, magari spingendosi oltre. La saturazione estrema e la OST non bastano, se immerse in un contesto anonimo sia come design che come gameplay.

Trofeisticamente parlando: icosahedron

L’elenco trofei non è molto ampio (venti coppe), ma piuttosto ricco, vantando ben nove ori oltre al famigerato Platino. Per accaparrarselo, tuttavia, sarà necessario padroneggiare totalmente il titolo e ottenere tutte le medaglie in tutti i livelli. Un’impresa davvero per pochi, a cui saremmo lieti di stringere la mano.

VERDETTO

Octahedron è un rammarico. Lo sviluppatore del titolo è un compositore di musica elettronica, ed è proprio in quel contesto che Octahedron emerge, coagulando ottimamente l'impatto sonoro con quello visivo. Purtroppo il level design eccessivamente minimalista e il gameplay, che (per i non ossessionati dal completamento) risulterà essere monotono in poche ore, rendono Octahedron uno dei tanti. Il potenziale c'è, serve solo maggior coraggio per distanziarsi dalla massa, dai tanti, appunto.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.