Pharaonic – Recensione

Sviluppatore: Milkstone Studios Publisher: Milkstone Studios Piattaforma: PS4 Genere: Action RPG Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 15,99 € Italiano:

Pharaonic lo si può definire, senza mezzi termini, il “Dark Souls d’Egitto”. Non perché gli sviluppatori provengano da quelle parti, ma proprio per il setting di gioco, che riprende chiaramente le meccaniche della celebre saga From Software e le applica a un mondo a due dimensioni (e mezzo). Premesse molto interessanti, ne converrete, per un gioco che merita una recensione su queste pagine.

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Tutto inizia quando vestiremo i panni di un povero schiavo in una prigione dell’Antico Egitto, che, grazie a intercessione divina, o quasi, riuscirà a fuggire. Una volta tornato alla libertà, apprenderà ben presto che il suo desino trascende, e non di poco, quello di un semplice fuggiasco; nelle terre in cui il gioco è ambientato, infatti, vige il caos, tra guerre intestine, esterne e calamità varie e assortite. Sulla bocca di tutti è inoltre il temibile Faraone Rosso, a cui scopriremo essere legati, e che dovremo raggiungere aprendo le porte di Tebe con quattro chiavi da ottenere da altrettanti boss.

Interrompiamo qui il racconto delle peripezie un po’ perché è preferibile che le scopriate voi, e un po’ perché, a dirla tutta, queste non sono poi così interessanti e/o avvincenti. Se abbiamo iniziato l’articolo paragonando la produzione indipendente firmata Milkstone Studios con Dark Souls, ritrattiamo temporaneamente, affermando che la lore di Pharaonic è di un livello di svariati gradini più basso. Non solo per il contenuto, ma anche per la forma con la quale le peripezie vengono narrate, davvero arida.

Il punto di forza del titolo consiste invece nel gameplay, che è appunto molto simile a quello di Dark Souls ambientato in un mondo 2,5D. In alto a sinistra avremo la barra della vita, della magia e della stamina, indispensabile per potere compiere qualsiasi tipo di azione, più o meno dispendiosa in termini di “fatica”. Queste vanno dalle più banali, come attaccare, schivare o parare, a quelle un po’ più complesse, dunque parliamo del celebre “parry” (una parata eseguita con tempismo perfetto, che stordisce il nemico) e dell’esecuzione di incantesimi di supporto (maggiore velocità, più danni inflitti e simili) od offensivi (attacchi dalla distanza, di gruppo e così via). Questi ultimi dipendono da quale zaino stiamo indossando a livello di equipaggiamento. Troviamo infatti, in un fornito ma non troppo comodo menù, tutta una serie di slot da riempire con elmi, armi, scudi, gambiere, armature, anelli e zaini. Tutte queste componenti, prese nel complesso, forniranno al sistema di gioco i nostri valori di attacco, difesa, stamina, velocità e peso trasportato.

Nemici diversi richiedono strategie (molto) diverse, dunque farete poca strada se sceglierete di utilizzare un set di equipaggiamento predefinito dall’inizio alla fine del gioco. Spade corte, lunghe, pugnali, asce e lance vanno opportunamente utilizzate al momento giusto, pena un facile game over. Perché, sì, la difficoltà molto alta di Dark Souls è rimasta pressoché intatta, accompagnata da una profondità di gameplay estremamente soddisfacente. Poteva essere meglio calibrata l’efficacia del parry, dato che questo non vi porterà così tanti vantaggi in relazione ai rischi; spesso e volentieri vi ritroverete a schivare, per maggiori garanzie. Digressioni, comunque, che non intaccano la bontà del sistema di combattimento.

Qualche difetto che comunque fa indispettire il giocatore è comunque presente. Partiamo dal molto poco intuitivo sistema di posizionamento legato alle mappe dell’area di gioco in cui vi trovate. Queste vanno prima di tutto trovate in un baule o comprate dai mercanti, e fino a questo punto potremmo anche essere d’accordo; una volta entrati in possesso di queste, però, raccapezzarsi diventerà un’impresa abbastanza ardua. Un po’ perché le mappe mostrano le strade, ma non tutte (?), e inoltre per il fatto che la vostra posizione non sarà indicata in alcun modo, dunque capire dove siete, specie se un’area si sviluppa anche in verticale, non è per niente semplice, anche avendo una mappa. Anche il sistema di hitbox non è sempre perfetto, e forse i checkpoint potevano essere posizionati un po’ meglio. Checkpoint in cui, ovviamente, dovremo pregare con un fuocherello davanti… vi ricorda qualcosa? In riferimento a Dark Souls c’è anche un easter egg ben più marcato subito dopo avere sconfitto un boss, ma lasciamo a voi il piacere di individuarlo – è possibile comunque parlarne sul nostro forum, qualora non lo troviate.

Un passo avanti, uno indietro

Pharaonic prevede non solo un vasto assortimento di strategie da adottare e equipaggiamenti da selezionare, ma anche un più semplice sistema di livelli che aumenteranno di volta in volta le nostre statistiche.

 

Per salire di livello serve esperienza, e per quanto non possiate “retrocedere”, ne perderete a ogni (frequente) morte, data anche, magari, da qualche subdola trappola. A voi il compito di recuperarla recandovi al punto esatto in cui avete lasciato le penne; qui troverete una sfera luminosa, i vostri “ricordi”, che vi restituiranno i punti esperienza persi. Al contrario, progressi fatti in termini di equipaggiamento e di gioco in senso stretto (una leva spostata, una porta sbloccata) rimarranno salvati, cosicché le situazioni proposte siano costantemente diverse e la ripetitività scongiurata. Un altro grado di personalizzazione e miglioramento del personaggio è legato alle gemme Shabti, ossia particolari oggetti che troverete nei bauli, vi saranno assegnati al completamento di semplici missioni secondarie oppure potrete comprare; queste gemme vi permetteranno di potere utilizzare, con malus ridotti in termini di peso, pezzi di equipaggiamento via via più prestanti.

Per quanto riguarda invece i comparti visivi e sonori, il secondo risulta piuttosto anonimo, e lascia spazio ad alcune perplessità quando si crea il proprio personaggio – potremo infatti assegnare una voce maschile a un personaggio femminile. Colonna sonora e doppiaggio, che comunque consiste in gridi di dolore per le ferite ricevute e di impeto per quelle procurate, lasciano il tempo che trovano – segnaliamo in ogni caso la mai troppo scontata localizzazione italiana a livello di testo. Mentre le location risultano veramente ispirate a livello di design, con un Antico Egitto davvero evocativo tra miniere, delta del Nilo e saltuarie oasi, lo stesso non si può dire dell’impatto e del generale livello tecnico, che rimanda non a una, ma a due generazioni di console fa, senza esagerare.

Trofeistivamente parlando: proprio come “quell’altro”

Abbiamo iniziato la recensione con copiosi riferimenti a Dark Souls e, beh, il set di trofei di Pharaonic non si discosta più di tanto da questo mantra. Il Platino e tutti gli altri, numerosi trofei da conquistare per ottenerlo sono tanto appaganti quanto piuttosto difficili da ottenere, anche se in larga parte legati alla storia e alle lineari missioni secondarie presenti. Si segnalano anche alcune coppe legate ad azioni in-game e ai tre finali multipli; per evitare di fare altrettante run, basterà fare un backup del salvataggio una volta arrivati al palazzo del Faraone Rosso.

VERDETTO

A sorpresa, ecco che Milkstone Studios se ne esce con un validissimo titolo, che altro non è se non un erede spirituale dei titoli From Software bidimensionale e ambientato nell'Antico Egitto. Difetti la produzione ne ha, in larga parte legati al piccolo budget a disposizione, su tutti l'aspetto tecnico. Ma chi riuscirà a chiudere un occhio, in tutti i sensi, avrà una decina di ore abbondanti di divertimento, condito da sonore bestemmie, assicurato.

Guida ai Voti

Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.