Planet Alpha – Recensione

Sviluppatore: Planet Alpha ApS Publisher: Team17 Piattaforma: PS4 Genere: Platform Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 19,99 € Italiano:

Planet Alpha ApS è un piccolo team di sviluppo con base in Danimarca, formato da tre sviluppatori e una manciata di collaboratori provenienti da svariate parti del mondo. Nonostante questa premessa possa far intuire una modesta portata della loro opera, l’omonimo Planet Alpha, un publisher come Team17 (noto per aver pubblicato titoli di saghe del calibro di Worms), decide non solo di puntarci, ma di sceglierlo come centesimo titolo pubblicato, rendendolo quindi una pietra miliare della propria, variegata, storia. Se decidiamo quindi di comprendere le motivazioni dietro questa scelta, è importante analizzare non solo le figure che compongono lo studio, ma anche la storia di produzione del titolo.

Il CEO del team è Adrian Lazar, un veterano dell’industria del gaming, attivamente impegnato nello sviluppo di titoli come Hitman Absolution e Kane & Lynch 2: Dog Days, mentre la produzione del titolo è durata quasi cinque anni, un ammontare di tempo decisamente importante anche per un team composto da soli tre individui.

Bellezza di un altro pianeta

Planet Alpha ha quindi tutte le carte in regola per divenire una piccola sorpresa del panorama indie e decide di giocare il suo jolly immediatamente, dopo un breve e stordente preambolo. Siamo nei panni di un semplice astronauta, atterrato malamente su un pianeta che si mostra subito freddo e inospitale come le rocce che compongono il suo panorama. Arrancando, il protagonista avanza fino alla perdita dei sensi, dinnanzi a una statua umanoide (dal design simile a quello dei Moai dell’Isola di Pasqua); proprio in questo critico momento, il titolo esplode con potenza inaudita, regalando agli occhi del giocatore uno scenario semplicemente mozzafiato.

L’inespressivo mondo roccioso dell’introduzione viene scalzato da un ambiente rigoglioso e vibrante che pullula di biodiversità, dalle tinte sgargianti e allo stesso tempo armoniose. Il comparto grafico e artistico, che si avvale dell’ormai onnipresente Unreal Engine 4, è davvero degno di ogni lode possibile, grazie a una modellazione dei poligoni originale e ispirata e a un design azzeccatissimo, che riporta alla mente pellicole cardine della storia della fantascienza (in particolare Avatar, celeberrimo film di James Cameron) e, in alcuni frangenti, persino il surrealismo di Dalì. Ogni singolo ambiente proposto dall’opera, dalle radure al sottosuolo, da una sorta di tempio alle altitudini, risulta ispirato e emozionante, grazie anche a una gestione dell’illuminazione quasi sempre perfetta (in particolare la zona già citata del tempio, dove la luce penetra da una costruzione geometrica in modo quasi toccante).

Anche i modelli poligonali offerti sono di standard elevatissimo, come la fauna immaginifica che popola questo misterioso pianeta o come le nuvole (una vera e proprio piccola perla di design), dai riflessi sgargianti e dall’evanescenza tangibile.

Planet Alpha è davvero una gioia per gli occhi e il team ne è ben conscio, come facilmente intuibile dalla gestione della telecamera: se infatti lasciamo il joypad senza premere nessun tasto, essa si sposterà leggermente all’indietro, creando una sorta di effetto a grandangolo, quasi come se il titolo si mettesse in posa. Infine è da sottolineare il comparto audio, un tappeto musicale mai banale, che accompagna i momenti più tranquilli e amplifica quelli più concitati.

Platforming dall’alba al tramonto

Il lato gameplay di quest’opera si delinea sui classici stilemi dei puzzle platform con tinte stealth, una scelta già percorsa da vari esponenti del panorama indie (in particolare, è chiara l’ispirazione a capolavori videoludici come Limbo e Inside di Playdead, studio anch’esso danese) anche con grande successo. L’intero gameplay è basato sulla fuga per la sopravvivenza del nostro personaggio, in un mondo sconosciuto ed attaccato da una robotica minaccia; la struttura principale del titolo è quindi la componente platform, sfruttata bene sia in orizzontalità (specie nei ripidi dirupi che varieranno la velocità del titolo), sia che i verticalità, grazie anche ad un semplice meccanismo di arrampicata. Qui Planet Alpha mostra il fianco alle critiche con pecche abbastanza inspiegabili: nonostante le poche azioni disponibili al giocatore (saltare e accovacciarsi), esse risultano spesso leggermente legnose e poco reattive, difetti che portano a game over frustranti. La gestione degli enigmi non è molto ispirata per gran parte del titolo, divenendo abbastanza ripetitiva e scontata, anche se è doveroso segnalare alcuni ottimi, seppur semplici, enigmi nella fase finale del gioco. Infine, la componente stealth consiste nel cauto aggiramento di ronde effettuate dai robot invasori che, tramite un sistema di elusione dello sguardo molto old-school, costringeranno il giocatore a scegliere rapidamente e con cura quando saltare o quando accovacciarsi nell’erba alta, pena un game over quasi certo. Tali meccaniche comportano quindi l’introduzione del trial and error e non risultano implementate in maniera perfetta, specie quando, in un titolo 2D, ci troveremo a far fronte a nemici che invece si muovono in tre dimensioni.

Nonostante questi difetti, leggeri, ma comunque presenti, il gameplay di Planet Alpha rimane valido, grazie anche a due scelte particolari e riuscite: in primo luogo, il protagonista, prima in apposite zone, poi praticamente ovunque, potrà variare il ciclo giorno-notte (altrimenti comunque dinamico), condizionando la flora che lo circonda e creando percorsi e vie di uscita altrimenti irraggiungibili. Questa meccanica non è solo riuscita in termini di gameplay, ma sottolinea ancor di più la natura estetica del titolo, in quanto le variazioni di illuminazione del giorno e della notte, con relative alba e tramonto, regalano nuovi fantastici scorci all’avventura. La seconda, invece, consiste in particolari zone simili a warp zone, dette anomalie, utili per evitare passaggi particolarmente complicati; entrando in esse, ci troveremo in una zona parallela in cui la gravità ha un peso diverso sul giocatore, rendendo fattibili salti impossibili (grazie allo sfruttamento dell’inerzia del protagonista su di un corpo in movimento) e quindi variando radicalmente lo stile di platforming che ci accompagna per tutta l’avventura. Infine, è importante sottolineare come il team danese gestisca in ottimo modo il ritmo: vi sono infatti momenti di pausa, utili per ammirare il panorama, alternati a momenti molto più concitati, in cui la sopravvivenza sarà garantita solo da riflessi pronti e ingegno.

Il racconto muto dell’ambiente

Planet Alpha decide di esprimersi semplicemente grazie alla sua estetica, senza proferir parola per tutta la durata del titolo (circa quattro-sei ore), nella più classica delle narrative implicite tipiche di molte produzioni indie, e non, di questo periodo. Il tema principale è sicuramente quello dell’eterno duello tra natura e tecnologia, tra organico e inorganico; non è certamente un caso che l’identità del nemico sia quella di anonimi e freddi robot, così come non è casuale la scelta di non affidare al giocatore nessuna arma a disposizione, in quanto l’unico modo per sopravvivere sarà sfruttando il pianeta stesso (che, ovviamente, non farà differenza tra noi e i robot, in quanto entrambi invasori). La nostra perenne fuga avrà sullo sfondo tutti gli effetti della guerra in corso, un conflitto che metterà in serio pericolo lo splendido ecosistema in cui siamo capitati e tutto ciò sarà narrato semplicemente con la forza delle immagini. Infine, il team guidato da Lazar decide di aggiungere una piccola, ma apprezzatissima ed elegante, sorpresa: all’interno di alcune anomalie si potrà raccogliere un particolare tipo di collezionabili (gli unici del gioco assieme a particolari fiori luminescenti), detti artefatti, che, se raccolti tutti, regaleranno un finale segreto. Un delicato e, allo stesso tempo, importante regalo, che farà vedere l’intera opera e alcuni suoi apparentemente dimenticabili dettagli sotto un’altra ottica (oltre ad aggiungere una piccola nota di rigiocabilità).

Trofeisticamente parlando: una passeggiata interplanetaria

Infine, trofeisticamente parlando, Planet Alpha non darà grossi grattacapi a tutti i cacciatori di trofei. Il titolo non ha un Platino, ma è ottenibile solo il 100%. Ciò che viene richiesto è la raccolta di entrambi i tipi di collezionabili (quindi sia artefatti che fiori luminescenti, fortunatamente in numero veramente esiguo) e di alcune specifiche azioni. L’ultimo trofeo è legato al finale segreto del gioco, che sarà ottenibile solo tramite la raccolta di tutti e quattro gli artefatti.

VERDETTO

Planet Alpha si dimostra un titolo estremamente valido, specie per l'immaginario che riesce a dipingere negli occhi del giocatore. Nonostante ludicamente sia qualcosa di già visto e alcune sue meccaniche risultino abbastanza imprecise, il lato gameplay si dimostra più che accettabile, grazie anche a una durata consona. La narrativa può essere apprezzata o meno, ma è anch'essa da promuovere, specie se riuscirete a ottenere il finale segreto. Insomma, questo erede spirituale di Another World è davvero da considerare un piccolo successo, anche se purtroppo abbastanza lontano dai capolavori del genere a cui appartiene. Il prezzo (19,99 euro) può sembrare un po' alto, ma, magari sfruttando futuri eventuali saldi, questo titolo saprà emozionarvi e soprattutto sorprendervi.

Guida ai Voti

Vittorio Iannotti
Classe '94, studente di Scienze Biologiche. Cresce a pane e videogiochi da quando ha memoria. Vive nel paradosso dell'amore per la natura e per tutto ciò che è intrattenimento, dal cinema, alla letteratura, fino al gaming (che lo costringe a chiudersi in camera). Insaziabile viaggiatore, specie verso Est. In segreto, di notte, prega dinnanzi ad una statua di Kefka Palazzo.