Planet of the Eyes – Recensione

Sviluppatore: Cococucumber Publisher: Cococucumber Piattaforma: PS4 Genere: Azione/Avventura Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 9,99 € Italiano:

Oltre un anno fa usciva Planet of the Eyes, ambizioso titolo adventure in due dimensioni che proponeva al videogiocatore una sfilata di enigmi ambientali immersi in un’atmosfera misteriosa. Il titolo è arrivato in finale ai Canadian Videogames Awards come miglior gioco indipendente, motivo per cui abbiamo deciso di provarlo e di esporvi la nostra analisi, non propriamente in linea con la suddetta nomina.

Io, robot

Il protagonista dell’avventura che vi ritroverete a comandare è un automa di servizio di piccole dimensioni che fuoriesce da una navicella deragliata su un pianeta sconosciuto. L’obiettivo iniziale appare essere quello di trovare un modo per fuggire dal pianeta, ma ben presto ritroveremo delle audiocassette, registrate da un membro dell’equipaggio che si capisce subito essere in ottimi rapporti con il protagonista e avere un ruolo anche nella sua esistenza, che devieranno l’obiettivo nella ricerca dell’uomo in questione.

La trama, purtroppo, non impenna mai, nonostante le nove audiocassette (scritte in maniera pregevole da Will O’Neill) svelino gradualmente alcune sfumature dell’esistenza del robot, del motivo per il quale siamo finiti su quel pianeta infausto e di alcune esperienza passate dall’uomo che le ha registrate. Ci aspettavamo una trama più densa non di avvenimenti, perché un robot che cerca risposte su un pianeta sconosciuto non deve essere necessariamente attaccato da creature aliene ogni dieci secondi, bensì di messaggi. Il concept fantascientifico di cui si serve Planet of the Eyes si presta agevolmente a fornire degli input per trasmettere messaggi etici di un certo spessore. Registi come Ridley Scott e Stanley Kubrick ci hanno costruito una carriera, ecco perché ci aspettavamo di più sotto questo aspetto ed ecco perché riteniamo il lavoro di Cococucumber parzialmente incompiuto e motivo di rimorso.

Nello spazio con furore

Il gameplay di Planet of the Eyes non offre nulla di innovativo, ma si presenta come la tradizionale avventura in due dimensioni con risoluzione di enigmi ambientali, un genere molto diffuso nel panorama indipendente poiché è possibile realizzare un prodotto di altissimo livello a basso budget. Sotto il profilo della giocabilità, Planet of the Eyes non spicca ma neanche delude, offrendo al videogiocatore una serie di enigmi dalla semplice risoluzione ma ideati nella maniera corretta. Inoltre, c’è un’innumerevole quantità di checkpoint che renderà l’esperienza piacevole anche laddove questa possa portare a un momentaneo fallimento. Le possibilità di cui dispone il robot sono limitate al salto, al movimento orizzontale e al trascinare alcuni oggetti dello scenario. Ci sentiamo di condividere la scelta degli sviluppatori a riguardo, in titoli di questo genere è necessario e spesso sufficiente l’essenziale.

L’avventura durerà 60-80 minuti e non potrà essere in alcun modo prolungata, essendo sui binari. Non sarà infatti possibile esplorare e non ci sono collezionabili di alcun tipo, eccezion fatta per le audiocassette che sono localizzate in modo tale da essere immancabili. Siamo inoltre felici di annunciarvi che è presente la localizzazione in italiano, sempre più rara per i titoli di seconda fascia. L’esperienza che offre il lavoro di Cococucumber è assolutamente godibile, ma anche qui si poteva fare di più. L’impossibilità di esplorazione e l’eccessiva facilità di risoluzione della maggior parte degli enigmi rende il gameplay un espediente per andare avanti nella trama che, come abbiamo già detto, non offre i giusti incentivi. Tutto questo genera un circolo vizioso che non porta alla rassegnazione perché la longevità è bilanciata ottimamente; se il titolo fosse durato anche solo due o tre ore, trovare gli stimoli per arrivare in fondo sarebbe stata un’impresa. Arthur Conan Doyle diceva che “il tocco supremo dell’artista è sapere quando fermarsi”, ma in questo caso riteniamo che se ne sia abusato.

Ti tengo d’occhio!

Il potenziale di Planet of the Eyes emerge nel comparto artistico. Ci ha colpito in particolar modo il comparto audio, composto da una moltitudine di effetti (fra cui i passi del robot) splendidamente realizzati, così come la colonna sonora, non sempre presente, che accompagna il nostro viaggio. Un errore che spesso viene commesso è quello di non considerare i silenzi come fossero musica. La scelta dei compositori di non lanciare un loop fisso di musiche ma di tenerle in sottofondo inserendole in mezzo a dei silenzi profondi, trasmette la sensazione di dispersione del robot, possibile solo in questo modo.

Anche a livello visivo il lavoro è apprezzabile, con un design degli ambienti che ci ha ricordato molto l’italianissimo forma.8 e che sfrutta una paletta cromatica incentrata maggiormente su blu, rosso e viola. Nonostante l’avventura sia decisamente breve, la varietà degli scenari che attraverseremo è molto marcata e in alcuni frangenti è stata riposta una cura dei dettagli non indifferente (come ad esempio l’occhio delle alghe che segue i vostri movimenti).

Arte non implica qualità

Negli ultimi anni, il videogioco è diventato un mezzo con il quale non ci si limita solamente a offrire del mero intrattenimento, ma si cerca (soprattutto nel panorama indipendente) di regalare esperienze artistiche e trasmettere messaggi forti.

Ecco che si creano delle opere d’arte, che tuttavia non sono sinonimo di prodotto di alta qualità, e Planet of the Eyes ne è l’esempio. Si tratta di un titolo valido nella sua interezza che tuttavia termina la sua corsa lasciando un grande vuoto nel fruitore. Spesso le opere di fantascienza mirano a lasciare una lacuna riflessiva e interpretativa, ma in questo caso ci troviamo dinanzi a un vuoto tecnico. Per quanto i difetti di Planet of the Eyes non siano gravi e numerosi, anche i pregi non sono sublimi, facendo precipitare il titolo di Cococucumber nell’anonimato più assoluto.

Fatichiamo a capire come questo titolo possa essere arrivato in fondo nella nomina di miglior gioco indipendente, per quanto questi premi possano valere. Il titolo aveva sicuramente del potenziale ma non è stato sfruttato in maniera adeguata. Riteniamo inoltre eccessivo il prezzo, pari a 9,99 euro, considerando la scarsissima longevità e la quasi totale assenza di rigiocabilità, nonostante sia presente una selezione dei capitoli.

Trofeisticamente parlando: noi due, insieme

La lista trofei di Planet of the Eyes è composta da sole quindici coppe, tra cui è però presente l’ambito Platino. Per farlo vostro, sarà sufficiente completare il gioco compiendo alcune azioni particolari dalla difficoltà pressoché nulla. Seguite la nostra guida ai trofei per scoprire cosa fare.

VERDETTO

Planet of the Eyes è un'avventura indipendente molto ambiziosa, che cerca di portare nelle vostre case il fascino della fantascienza, riuscendovi tuttavia solo parzialmente. E' stato sprecato un enorme potenziale artistico: scenari dal design ben curato e molto ispirato che non sono tuttavia esplorabili, una sceneggiatura interessante raccontata dalle videocassette che non viene sfruttata nel migliore dei modi, una colonna sonora giostrata alla perfezione che accompagna fasi di gameplay spesso fini a sé stesse. La strada è quella giusta, ma le imperfezioni sono numerose. Sarà per la prossima volta, siamo molto fiduciosi.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.

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