C’era una volta una piccola stella che attraversava il cielo notturno in compagnia di altre stelle. Per uno sfortunato caso, la nostra amica sbagliò la rotta e andò a sbattere contro un’alta roccia, ritrovandosi a terra, sola e spaesata in un luogo sconosciuto. Prima che cadesse nella disperazione, sentì il rumore di qualcuno che si avvicinava e, con suo gran stupore, si trovò faccia a faccia con una simpatica pietra. Questa rincuorò la stella e, con un eloquente gioco di sguardi, le mostrò un monte alle loro spalle e le lasciò intendere che, raggiungendo la vetta, avrebbe potuto riprendere a volare e ricongiungersi alle sue compagne. Mano nella mano, le due nuove amiche si incamminarono verso la loro meta e diedero inizio a un viaggio unico e meraviglioso.
Due amiche speciali
La pietra e la stella non erano una pietra e una stella comuni. Entrambe potevano contare su speciali abilità, che non avrebbero tardato a sfruttare per terminare nel modo più rapido e indolore la loro ascesa. La pietra sapeva emanare un’energia in grado di stimolare la crescita di cristalli, i quali rendevano più gradevole l’ambiente oscuro e spoglio all’interno del monte e potevano, in qualche caso, rivelare nuove vie di accesso a zone prima irraggiungibili. La stella, dal canto suo, illuminandosi favoriva la crescita di piante e fiori, con i medesimi effetti dei cristalli.
Le due amiche sapevano fare molto altro e ognuna era specializzata in qualcosa di diverso. La pietra era anche capace di far schiudere boccioli di fiore, portare alla luce prismi che racchiudevano lucciole collezionabili, farsi piccola per entrare in stretti cunicoli, trasportare blocchi di pietra e attivare, con il peso o con il suo potere, sensori utili per aprire passaggi particolari verso l’uscita. La stella riusciva invece a compiere salti lunghissimi, a rivelare incisioni luminose sulle pareti di roccia e a teletrasportarsi da un punto a un altro; un potere, quest’ultimo, che poteva trasferire anche alla pietra, semplicemente facendosi prendere nella sua larga bocca e diventando un tutt’uno con l’amica.
L’unione fa la forza
L’interno del monte era un luogo al sicuro da qualunque tipo di nemico, ma la sua conformazione rendeva davvero arduo raggiungere alcune aree. Per questo le due protagoniste dovevano darsi man forte e collaborare in ogni singola stanza che si trovava lungo il loro cammino verso la vetta. Nelle situazioni più semplici era sufficiente che una permettesse all’altra di salirle sulla testa e saltare su una piattaforma più alta, per poi sbloccare una via secondaria per l’amica. In altri casi, sempre più complessi via via che il viaggio proseguiva, occorreva spremere le meningi e individuare forme di interazione superiori sfruttando i relativi poteri.
L’interno del monte nascondeva un albero che, sviluppandosi in altezza, avrebbe potuto condurre la pietra e la stella in cima. Per farlo crescere, le amiche dovevano risolvere alcuni enigmi finali posti al termine di una serie di stanze, di solito più complessi dei precedenti, anche se mai impossibili e generalmente molto ispirati a livello creativo. In un caso, per esempio, la soluzione prevedeva di far schiudere solo determinati fiori per suonare un accordo preciso in una sorta di enorme organo floreale, ma le situazioni che si presentavano erano davvero varie e fantasiose.
Un’atmosfera magica e rilassante
Il viaggio proseguiva quasi senza che le due protagoniste se ne rendessero conto. L’atmosfera negli ambienti che attraversavano, non molto vari in termini estetici ma comunque gradevoli e ben realizzati, era pervasa da serenità e pace, al punto che lo smarrimento iniziale della stella sembrava ora un fatto positivo, alla luce della nuova amicizia di cui era stato artefice. Era così bello collaborare e proseguire mano nella mano che la fretta e la necessità di risolvere alcuni enigmi passavano quasi in secondo piano, scavalcati dalla volontà di esplorare, di osservare un’incisione luminosa e carpirne il significato, o anche solo di assicurarsi che tutte le piante e i fiori possibili fossero cresciuti, per portare vita e bellezza nell’ambiente.
In questo modo anche le (poche) sezioni più complesse, quelle che richiedevano un ragionamento più approfondito, diventavano gestibili senza frustrazione, ma nell’ottica di una serie di tentativi che, una volta giunti a quello corretto, mostravano sempre un fondamento logico. C’era insomma un’ottima cura nella realizzazione di ogni enigma, ammesso e non concesso che ci fosse qualcuno dietro alla loro esistenza.
Il gioco è bello quando è corto?
La stessa cura era ben evidente anche negli elementi delle stanze che attraversavano, cartooneschi e arrotondati ma per nulla semplici e abbozzati. La vegetazione e i cristalli che prendevano vita erano una meraviglia per gli occhi, così come i laghetti, le cascate e gli effetti luminosi. Uno splendido sottofondo musicale, aderente al tono rilassante del viaggio, accompagnava le due amiche e raggiungeva di tanto in tanto picchi di intensità capaci di toccare le corde emozionali più vibranti.
L’unico, piccolo problema di tutta l’avventura era in qualche salto della pietra e della stella, che risultava meno preciso e le faceva cadere nel vuoto come se non ci fosse un perfetto allineamento tra loro e le piattaforme su cui volevano atterrare. Se cadevano, la loro ricomparsa era comunque immediata a poca distanza dal punto precedente. Il vero aspetto negativo del viaggio, semmai, era la sua durata, forse troppo limitata. E’ pur sempre da ricordare che le esperienze migliori sono quelle non eccessivamente diluite, ma era così bello per le due amiche stare insieme e lavorare per un progetto comune che avrebbero tanto voluto poter proseguire un po’ più a lungo. Chissà che, un giorno, non possano incontrarsi ancora e compiere un nuovo viaggio, se possibile più emozionante e stimolante.
Trofeisticamente parlando: un Platino di cui non si sente la mancanza
Una storia come quello della stella e della pietra non poteva non portare qualche ricompensa. Ben sette coppe tra bronzo e argento vennero ottenute per la sola progressione verso la vetta e per aver contribuito alla crescita di piante e cristalli, mentre altre due, d’oro, erano legate al ritrovamento per nulla impossibile di lucciole e incisioni luminose nascoste. Nessuna traccia del Platino, ma mai come in questo caso il viaggio appare più importante di tutto il resto.