Rage 2 – Recensione

Sviluppatore: id Software, Avalanche Studios Publisher: Bethesda Softworks Piattaforma: PS4 Genere: FPS Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 69,99 € Italiano:

Otto anni dopo il primo Rage, Bethesda Softworks torna con il seguito dell’interessante sparatutto a tema post-apocalittico del 2011 (vi serve un ripasso? Trovate qui la nostra recensione). Dalle scelte pare proprio che l’intento della casa di sviluppo, nota per i capitoli di Elder Scrolls e di Fallout, fosse quello di innestare uno sparatutto ancora più adrenalinico e folle in un ampio e divertente free roaming. Saranno riusciti i nostri eroi nell’intento? Scopriamolo insieme.

Lo spunto (o pretesto) narrativo

In apertura del gioco, una voce narrante riassume brevemente il passato della Terra: nel 2029 la collisione con un enorme asteroide ha segnato la fine della civiltà e la devastazione del pianeta. Il progetto Eden ha permesso a una parte di umanità di salvarsi, interrando Arche (unità conservative criogeniche) pensate per riemergere solo dopo secoli in condizioni favorevoli, per cominciare la ricostruzione.

Il generale Martin Cross però aveva preventivamente sabotato il progetto per far riemergere solo le Arche con persone a lui fedeli, con lo scopo di costituire un regime dispotico, ovvero l’Autorità. I piani del generale, comunque, non sono andati del tutto a buon fine; molte altre Arche sono riemerse, popolando la Zona Devastata di qualunque genere di sbandato oltre che di un tenace gruppo anti-Autorità, la Resistenza. La fine del primo Rage aveva portato alla distruzione definitiva dell’Autorità proprio per mano della Resistenza… o almeno così pareva.

Scopriamo infatti che la voce narrante è quella di un redivivo generale Cross il quale, dopo trent’anni di fatiche, ha ricostruito l’Autorità. Il suo scopo non è cambiato, anzi. Sentendosi invincibile, muove guerra alla Resistenza per sistemare i conti una volta per tutte.

Dritti nella mischia!

Avrete capito che la trama è poco più di una scusa, uno sfondo non troppo importante per mettere in moto il gameplay e, anche in questo caso, non ci si perderà in minuzie. Ci ritroveremo nei panni di Walker, un soldato della Resistenza; pad alla mano, dovremo scegliere il sesso del nostro personaggio, scelta puramente estetica e poco incisiva considerato che la visuale è in prima persona.

A questo punto verremo catapultati nella mischia. Nella missione che ci farà da tutorial dovremo difenderci dall’incursione dell’Autorità, imparando le meccaniche alla base del gioco. I comandi sono quelli degli sparatutto più diffusi, anche i neofiti potranno padroneggiarli con facilità.

Le armi da fuoco (avremo a disposizione da subito pistola e fucile d’assalto) sono ovviamente l’ossatura del combattimento, i vari gadget invece (bombe e wingstick all’inizio) ci consentiranno un vantaggio tattico. Dopo poco otterremo anche la tuta da Ranger, soldato scelto della Resistenza. Si tratta di tecnologia pre-impatto conservata nelle Arche, definita infatti “arcaica”. Nel corso del gioco dovremo ricercare e confrontarci con questa antica tecnologia, che ci garantirà un vantaggio incredibile nel mondo post-apocalittico che esploreremo.

Follia o imprecisione?

Superato il tutorial, la componente sparatutto durante il gioco ci ha abbastanza convinto. Purtroppo è necessario aggiungere un “abbastanza” tenendo presente anche i diversi aspetti negativi della produzione. Una delle mancanze più evidenti è legata all’IA dei nemici, che non brilla certo per arguzia. Questi, infatti, potranno sopraffarci, forse, con la forza bruta, ma mai con tattiche da strateghi provetti. La grafica, poi, è volutamente rozza e grossolana; si tratta sia di una precisa scelta estetica (del tutto condivisibile) per caratterizzare questo mondo, sia di uno stratagemma per alleggerirla in chiava funzionale alla fluidità di combattimento.

Si può passare comunque oltre questi aspetti, se altri ne traggono beneficio. E c’è da ammettere che il divertimento dato dalla frenesia del combattimento è sicuramente garantito. Armi e abilità sono un’ottima combinazione, capaci di appassionare il giocatore negli scontri a fuoco. Peccato che poi, però, in fasi concitate o con presenze nemiche consistenti, il motore grafico presenti rallentamenti o imprecisioni, rendendo così ingiustificabile il discorso sin qui fatto. Bug grafici (minori ma sparsi) si possono trovare anche nei colloqui con gli NPC nelle città, durante le gare con i veicoli e nell’esplorazione della mappa.

Durante la campagna pubblicitaria di Rage 2, Bethesda ha accostato più volte la parola “follia” alla sua creatura. Il trailer di lancio, distillato di tamarragine, si conclude con l’affermazione che “l’unica regola è la follia”. Alla luce di quanto detto, appare chiaro come il gameplay abbia centrato a pieno l’obiettivo, con un mix di esplosioni, abilità sovrumane, sangue e pestaggi, risultando indubbiamente “folle”, nel senso di frenetico. La grafica, al contrario, si rivela “folle” solo perché sciagurata in certe scelte, che la penalizzano senza dare qualcosa di consistente in cambio.

Vivere senza gabbie, perdersi senza strade

Conclusa abbastanza velocemente la prima missione tutorial, si apriranno i cancelli sulla Zona Devastata, il mondo post-apocalittico casa di banditi, mutanti e ogni altro genere di abominio, dove regna l’anarchia più totale e la legge del più forte. Ci verrà assegnato un mezzo arcaico per l’esplorazione e una serie di compiti che ci spediranno nei diversi angoli della mappa. Fin dall’inizio, non avremo quindi una singola missione principale (sebbene un obiettivo ben chiaro ci sia, ma evitiamo gli spoiler); piuttosto, potremo scegliere liberamente a quale incarico dedicarci o se scorrazzare senza una meta per la Zona Devastata, incappando in incontri di vario tipo e miriadi di subquest.

Sulla carta tutto bene, quindi. Cos’è invece che non funziona? Semplicemente, la descrizione di queste prime fasi di gioco può estendersi al gioco nella sua interezza. Tutta l’avventura, infatti, consisterà in missioni abbastanza simili, fatte di spostamenti, risoluzione di un obiettivo (spesso tramite scontri a fuoco), nuovo spostamento e nuovo obiettivo. Difficilmente una missione principale rappresenterà qualcosa di particolare o, perlomeno diverso da quello che si fa di solito, ovvero sbudellare nemici. Le subquest e gli incontri possono sembrare più variegate, ma una volta comprese le diverse logiche, le meccaniche non potranno che apparirci ripetitive all’inverosimile.

Inoltre, le novità più stuzzicanti in fatto di armi e poteri si troveranno nelle varie Arche sparse in giro per il mondo, le quali saranno spesso effettivamente proprio sotto al naso, ma non obbligatorie per proseguire nella storia principale. C’è dunque il rischio che un giocatore non troppo interessato a scoprire i segreti dello scenario, si perda pezzi anche importanti di gameplay. E, come detto, il mondo di per sé non invita all’esplorazione; la devastazione della trama non può costituire una scusa per la monotonia delle azioni da compiere. Un mondo privo di vincoli, forse troppo, che rischia di venire messo da parte.

Proposta interessante, piatto mal realizzato

Per ogni aspetto positivo, Rage 2 ne dimostra altrettanti di fragilità. Cosa non ha funzionato? Anche se id Software e Avalanche Studio sono paragonabili a ingredienti validi, il cocktail non è stato preparato nella maniera corretta. Assaggiandolo, è chiaro come qualcosa sia andato storto e che il risultato sarebbe potuto essere stato ben altro.

Fuori di metafora, possiamo evidenziare come la software house di Wolfenstein e DOOM abbia impresso il suo marchio estetico riconoscibilissimo a Rage 2, ma abbia peccato in altri aspetti (il coinvolgimento, innanzitutto) che invece avrebbero dato spessore al gioco. Avalanche ha portato la propria idea di free roaming, quella alla Just Cause per intenderci. Un open world dove si può, più che altro, avere spazio per devastare il vuoto e dove le missioni secondarie sono sì numerose, ma tutte simili e ripetitive.

A questo si aggiungono dettagli che sarebbero passati in secondo piano con una diversa realizzazione. Prima tra tutte la durata, una decina di ore circa per finire la storia in totale tranquillità. Uno standard per un FPS, ma sicuramente troppo poco per un open world. Dopodiché, i doppiaggi (quelli in italiano almeno) a volte si perdono sui finali, parendo inadatti alla situazione in-game. Sbavature, che però rendono maggiormente sgradevole un sapore già amaricante.

Trofeisticamente parlando: Natale nella Zona Contaminata

Rage 2 vi regalerà quarantaquattro trofei e un Platino piuttosto facile (molto più semplice del primo capitolo). Stando attenti a un paio di trofei e giocando con un occhio di riguardo verso delle specie di collezionabili, vi basterà una sola run per platinarlo. Tutti i consigli li potete trovare sul nostro forum, nell’apposita sezione dedicata ai trofei del gioco.

VERDETTO

Rage 2 genera emozioni contrastanti. Come sparatutto è divertente, non innovativo, ma sicuramente piacevole. La parte free roaming, invece, è imbottita di quest di ripetitive e, al contempo, vuota di attività interessanti. Non si può parlare di occasione mancata, perché il risultato è più che positivo; peccato però, perché gli ingredienti per fare qualcosa di migliore c'erano tutti. Se la terza volta è quella buona, incrociamo le dita per un eventuale Rage 3.

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