Rift Keeper – Recensione

Sviluppatore: Frymore Publisher: Sometimes You Piattaforma: PS4 Genere: Roguelike Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 9,99 € Italiano:

Voglio fare un preambolo prendendola un po’ larga. Forse vi ricorderete di Dead Cells, vincitore del titolo di action game dell’anno ai TGA, recensito dal nostro Jury. Probabilmente vi starete anche chiedendo: “Perché ci stai parlando di Dead Cells nell’incipit della recensione di un altro gioco?”. Ancora non è finita, voglio portarvi alla mente anche un altro gioco: Paladins, definito ingiustamente “la brutta copia gratis per poveracci” di Overwatch. Bene. Rift Keeper altro non è che il Paladins di Dead Cells. Una brutta copia low budget (non gratis, ahi).

Un’altra premessa necessaria da fare è che lo studio di sviluppo Frymore è composto da sole due persone, due amici che hanno deciso di unire le forze per dar vita a Rift Keeper, pubblicato in collaborazione con Sometimes You. Vi dico tutto questo per aiutarvi a capire come molti dei problemi che il gioco ha siano comprensibili, anche se non giustificabili.

Rift Keeper

In quest’ora buia, salvaci, Rift Keeper

Il gioco inizia con una trama piuttosto debole e insignificante, che però serve quantomeno a contestualizzare cosa stiamo facendo e perché. I Rift Keeper sono i protettori delle fratture, varchi che fungono da porta verso altri mondi; sono guerrieri addestrati dai sacerdoti rossi che, tempo addietro, sono stati Rift Keeper a loro volta. Quando i guerrieri invecchiano e perdono la loro forza, diventano sacerdoti rossi per fare da mentori ai loro successori, oltre che per studiare e apprendere sempre più informazioni sulle fratture. I sacerdoti e i guerrieri sono i servitori della Keeper Mother, l’unica luce che illumina il vero percorso per i Keeper e li aiuta nella loro battaglia contro l’arcinemico dell’ordine, il Dio del Vuoto, Xal’Sheth.

Noi, in quanto guerrieri, in quanto Rift Keeper (che poi è l’unico nome con cui verrà chiamato il personaggio che controlleremo per tutta la durata del gioco), saremo convocati in una piccola e spettrale cittadina, nella quale dovremo compiere il nostro dovere e, portale dopo portale, arrivare fino a Xal’Sheth per sconfiggerlo.

Rift Keeper

Copia-incolla

Adesso arriviamo al tasto dolente, ciò che, in un titolo che si presenta essenzialmente come un roguelike, dovrebbe essere caratterizzante per il gioco, ciò che alla fin fine interessa davvero in un genere come questo ai videogiocatori: il gameplay.

L’hub centrale di gioco, il paese, il posto in cui torniamo ogni volta che avremo completato un dungeon, si compone di svariati elementi, come un cartello sul quale sono segnate tutte le nostre statistiche, tre venditori, una fontana grazie alle quale potremo potenziare i nostri parametri base (in una sorta di slancio RPG) e, infine, il portale dal quale accedere al dungeon successivo. Due venditori ci forniranno armi e accessori in grado di potenziare le statistiche in cambio di oro, l’ultimo dei tre (il primo in ordine di incontro) vi fornirà le stesse cose in cambio, però, di collezionabili, oggetti a forma di boccetta con le ali che troverete casualmente all’interno dei dungeon.

La progressione è abbastanza lineare: entrate nel portale, sconfiggete il 70% dei nemici per poter uscire, uscite e tornate in città per potenziarvi (inoltre, se completate il dungeon entro centottanta secondi, otterrete anche un forziere bonus) e ripetete tutto il procedimento. Ogni dieci dungeon dovrete affrontare un boss; in totale nel gioco ci sono tre boss, compreso quello finale, i quali però non risulteranno difficili da sconfiggere, anzi.

Rift Keeper

Dove casca l’asino

Come dicevamo, il gameplay dovrebbe essere un tratto caratterizzante e peculiare di questo genere di videogiochi, ed effettivamente qua si fa notare immediatamente… per la poca personalità. Rift Keeper presenta alcuni problemi, come, ad esempio, cali di frame rate abbastanza pesanti in alcuni dungeon specifici, cosa che inficia notevolmente la giocabilità del titolo. Altro caso è quello dei comandi; spesso gli input che impartirete dal vostro controller non vengono considerati.

Il sistema di progressione è regolato da un moltiplicatore che aumenta vita e danno dei nemici di 1,25 a ogni singolo dungeon. Se, sfortunatamente, morirete durante l’avanzata verso il trentesimo e ultimo dungeon (per quel che concerne la storia, almeno), perderete tutti gli equipaggiamenti e gli accessori e dovrete ricominciare dal primo dungeon, cioè dall’inizio del gioco.

Rift Keeper

Per concludere: il gameplay di Rift Keeper non riesce a fare presa sul giocatore e non lo invoglia a continuare a esplorare e avanzare, anzi, dopo pochi dungeon procura un senso di noia e ripetitività. Questo misto di emozioni vi farà abbandonare il titolo per qualche ora, salvo riprenderlo presi dalla golosità di un trofeo di Platino molto facile. Tutto questo, unito ai problemi sopra citati, non può che significare il suo fallimento, quantomeno parziale, come roguelike.

Lavorazione artigianale

Abbiamo appurato che Rift Keeper non brilla in quanto a giocabilità, ma non possiamo dire altrettanto riguardo al comparto audiovisivo. Per quanto concerne la grafica, si nota subito l’ispirazione a Dead Cells, anche se dobbiamo ammettere che i ragazzi di Frymore hanno fatto davvero un ottimo lavoro a livello artistico, da elogiare ancor più perché è un’opera manuale. Tutti i dungeon, i personaggi, i nemici e gli equipaggiamenti sono disegnati a mano e ben riprodotti su schermo. Nota di pregio anche per le animazioni.

Rift Keeper

A livello di soundtrack, le tracce durante la caccia a Xal’Sheth sono composte synthwave e, pur essendo in linea con la relativa dinamicità dei combattimenti e dell’esplorazione, tendono a stonare con l’ambiente dei dungeon. Rimangono comunque un pregio del titolo targato Frymore perché, se non altro, vi verrà voglia di ascoltarle anche fuori dal gioco.

Trofeisticamente parlando: ripeti, ripeti e ripeti… per fortuna che esiste il backup!

Rift Keeper ha quello che molti videogiocatori vedono come un valore aggiunto, e che magari potrebbe anche invogliare l’acquisto: il Platino. L’ottenimento della fantomatica coppa è paragonabile a fare una passeggiata. Facilissimo, ma relativamente lungo. Abbiamo trofei inerenti l’uccisione dei boss, il raggiungere un certo numero di dungeon completati di fila, l’ottenimento di armi specifiche; per tutte le informazioni più dettagliate, vi rimando alla guida ai trofei presente su nostro forum!

https://www.youtube.com/watch?v=efY3yi2y0gM

VERDETTO

Rift Keeper si presenta da subito come una brutta copia di Dead Cells. Il gameplay scialbo e poco accattivante, la perdita totale di ogni equipaggiamento non appena si muore e il dover ripetere un consistente numero di volte ben trenta dungeon per poter arrivare alla conclusione. Tutti questi elementi non riescono a far presa sul giocatore, portandolo anzi alla frustrazione e all'abbandono di un gioco che funziona e non è terribile, ma che è dimenticabile. Consigliato solo agli appassionati di roguelike, tutti gli altri ne stiano alla larga.

Guida ai Voti

Valerio Domenici
Instancabile videogiocatore sin dalla più tenera età, non ha mai smesso di coltivare la propria passione. Detesta i giochi sportivi e si narra che stia ancora cercando l'ultimo collezionabile in Hyper Light Drifter...

2 Commenti

  1. Peccato. Ma paliamo di Sometimes You, perciò non ci si stupisce. E’ comunque un peccato perché a volte (seppur raramente) qualcosa di buono nei loro titoli si trova anche, così come nei titoli Ratalaika, ma sembra quasi che si faccia apposta, al di la dei mezzi e delle competenze, a mortificare il proprio lavoro riducendolo ad un titolino racimola soldi facili, in cambio di platini facili. Sarebbe ora di cambiare rotta, magari puntando alla qualità.

    • Come hai detto tu, però, a volte le sorprese non mancano, sia nel caso di Ratalaika che nel caso di Sometimes You.

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