Primo PianoRise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration - Recensione

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration – Recensione

Da eroina PlayStation 4, in una contingenza storica nella quale i sentimenti contano sempre meno, non solo Lara Croft è diventata “multipiattaforma”, ma si è anche presa la briga di essere un’esclusiva Xbox One per un anno intero, di fatto. Roba da matti. La bella archeologa ha tentato di farsi perdonare attraverso questa edizione 20 Year Celebration, che celebra la sua storia ventennale e contiene al suo interno i miglioramenti effettuati al gioco originale, oltre che tutti i contenuti scaricabili usciti dopo la release. Si sarà dunque fatta perdonare? Sì. E pure alla grande.

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration

L’attesa del piacere è essa stessa il piacere

Dicevamo. In quanto possessori di PlayStation 4, abbiamo dovuto attendere un annetto per mettere le mani sull’ultima avventura della signorina Croft. Un anno, però, è anche il tempo della storia intercorso da quanto avvenuto nel reboot Tomb Raider e questo suo sequel diretto; tanto per cambiare, eccoci sempre alle prese con tombe da scoprire, nemici pronti a metterci i bastoni tra le ruote, colpi di scena e pretese di immortalità. Ma andiamo con ordine. Dopo essere venuti a conoscenza di alcune ricerche effettuate da nostro padre, caduto preda della depressione e pure della follia – almeno così si dice – in seguito alle stesse, decidiamo, ovviamente nei panni di Lara, di proseguirle, sia per non deludere il nostro vecchio che per riscattare la sua figura.

Dopo una breve introduzione eccoci dunque alla caccia della misconosciuta Tomba del Profeta, della città perduta (!) di Kitež e della promessa dell’immortalità, a cui si è già accennato. A tentare di farci desistere dall’impresa c’è Ana, la compagna del signor Croft; ma, ovviamente, facciamo orecchie da mercante (anche perché altrimenti il gioco durerebbe una mezz’oretta; un problema non da poco, ne converrete) e organizziamo una spedizione per la Siria. Qui incontriamo l’organizzazione paramilitare dedita al paranormale nota come Trinità, guidata dallo spietato Daniele Bossari Konstantin, ma, dopo un colpo di scena che non staremo qui a rovinarvi, ci troviamo in Siberia in compagnia del caro amico Jonah. Anche in questa fredda terra l’organizzazione ha messo le radici, per il nostro sommo dispiacere; si è stabilita in maniera così stabile che nemmeno Lara riuscirà a ottenere granché, per quanto scafata, nonostante la giovane età. Anzi, verrà imprigionata, e da qui in poi, nelle dieci-quindici ore di gioco totali della campagna, si susseguiranno una serie di sorprese, voltafaccia e colpi di scena, che non è il caso di svelare in sede di recensione…

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration

Da quel che avete potuto capire, la trama di Rise of the Tomb Raider si incanala nel filone delle più classiche avventure, siano esse videoludiche (Uncharted), siano esse cinematografiche (Indiana Jones), siano esse letterarie (L’isola del tesoro). C’è un obiettivo comune, ci sono due o più fazioni in lotta per raggiungerlo, di solito facilmente ascrivibili alle categorie dei “buoni” o dei “cattivi”, con alcuni personaggi pronti però a cambiare i propri alleati in base alla situazione, e c’è tanta azione, alimentata con più o meno continuità.

Le peripezie dunque si seguono con molto piacere, anche se nessuno probabilmente griderà al miracolo, nonostante le pregevoli cutscene e il carisma, intaccato, di Lara; bisogna sottolineare forse come i Naughty Dog siano ancora un gradino sopra tutti per quel che riguarda la piacevolezza della narrazione e la scrittura della sceneggiatura, ma, detto questo, ci troviamo davanti a un’opera di assoluta validità.

Free roaming, che passione!

Come ormai esigono i videogiocatori del 2016, Rise of the Tomb Raider vanta aree di gioco liberamente esplorabili, come già apprezzato per il precedente Tomb Raider o con il più recente Uncharted 4. Questo non vuol dire che questa iterazione della serie sia diventata un Grand Theft Auto, o un Mafia (per fortuna); vuol dire però che non potrete nemmeno limitarvi a seguire dei “corridoi”, ma dovrete stabilire un approccio alle diverse situazioni che vi si presenteranno. Grazie al comodissimo istinto di sopravvivenza, attivabile tramite la pressione dello stick analogico destro, vi sarà indicato il punto da raggiungere per procedere durante l’avventura; tra questo e Lara, però, ci potranno essere diverse situazioni da affrontare. Una serie di alberi da scalare, di piattaforme tra cui saltare e di nemici da superare senza farvi vedere, passando alle loro spalle, magari distraendoli lanciando una bottiglia in lontananza; altrimenti, scegliendo un altro percorso, potreste incappare in una mandria di lupi, o di altre belve feroci, da abbattere. Sul lungo termine, poi, la sostanza non cambia, ma gli script presenti sono presenti in maniera drasticamente minore rispetto al passato, piaccia o non piaccia.

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration

Rispetto al precedente Tomb Raider sono aumentate le sezioni puramente stealth, che prevedono l’utilizzo di ripari, di uccisioni furtive, con l’arco o con il pugnale, ad esempio, e simili, al fine di passare da una zona all’altra senza allarmare le forze nemiche. Potrete anche scegliere un approccio degno di Rambo, però, anzi, a volte dovrete sceglierlo; a questo proposito segnaliamo che, mentre per lo stealth Lara può confrontarsi a testa alta con Nathan Drake, lo stesso non si può dire delle sparatorie, a partire da un’intelligenza artificiale meno sofisticata e, soprattutto, un sistema di coperture molto, molto più approssimativo.

Ma, al di là delle differenze specifiche, non sarebbe troppo conveniente prolungare il discorso sul confronto tra la serie Crystal Dynamics e tra quella Naughty Dog, perché, non appena si entra un po’ più nel merito, emergono differenze macroscopiche. L’avventura di Lara è contraddistinta da un tono molto più survival (specie alle difficoltà più elevate) e, se vogliamo, cupo. Di accampamento in accampamento, punti sparsi per il mondo gioco che fungono da quartier generale, miglioreremo le abilità di Lara, così come le armi e l’attrezzatura. Come se non bastasse, saremo costretti a ricorrere a un intenso crafting per sopravvivere creando munizioni, potenziamenti per l’arsenale, esplosivi e oggetti utili per il recupero della salute, sulla falsariga di Fallout 4. Il tutto dopo avere recuperato legno dagli alberi, pelli dagli animali e ferraglia varia dai nemici abbattuti o dalle loro basi. Si tratta di meccaniche di gioco diverse, al di là dell’appartenenza allo stesso genere videoludico, figlie dei protagonisti dei rispettivi titoli: da una parte Lara Croft, fotografata agli albori della sua carriera, dall’altra Nathan Drake, immortalato alla conclusione della stessa. Rientra allora nell’ordine delle cose adottare uno stile di gioco più simulativo per il primo, e, se vogliamo, più arcade e immediato per il secondo. Senza che queste due distinzioni comportino anche un giudizio di valore, ci mancherebbe.

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration

Inoltre si aggiungono una mezza miriade di collezionabili da trovare, utili a espandere il background narrativo, darci una mano in termini di armamentario o ancora fornire un upgrade alle abilità e intrinseche e accessorie di Lara. Stando attenti alle trappole disseminate nei luoghi più impensabili, ma scovabili grazie al suddetto istinto di sopravvivenza. Ad aumentare non poco la longevità troviamo anche side quest, costituite dalla richiesta di un autoctono, di solito, o dall’entrata di una tomba, che sarà nostro compito esplorare in cambio di ricche (e facoltative) ricompense. Ma non è tutto. Vi ricordate che a inizio articolo abbiamo parlato di contenuti aggiuntivi a pagamento, per la concorrenza, introdotti in questa 20 Year Celebreation in forma gratuita? Ecco…

Con uno stile di gioco così, i DLC possono accompagnare solo

Se esclusive temporanee Xbox vogliono dire: “Tra un anno vi giocherete lo stesso titolo ma migliorato, ampliato, potenziato e pure a prezzo ridotto”, beh, ragazzi, ben vengano. L’offerta nel caso in cui procediate all’acquisto è infatti assolutamente devastante, in quanto a mole e varietà di contenuti senza che, lo precisiamo ancora una volta, vi sia richiesto un esborso al di là di quello del gioco completo. Sarebbe lunghissimo e forse inutile stare qui a descrivere, una per una, le nuove aggiunte, motivo per cui le passiamo velocemente in rassegna.

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration

C’è il nuovo capitolo Legami di sangue, giocabile con PlayStation VR; la nuova modalità per giocatore singolo o cooperativa Stoicismo; c’è pure il livello di difficoltà Questione di sopravvivenza per la campagna principale, al quale, per fortuna, non è legato nessun trofeo per ottenere l’ambita coppa Platino; e infine troviamo un completo e una pistola per la celebrazione dei venti anni, oltre a cinque skin classiche. Ma alla lista mancano pure diversi DLC, come Baba Jaga: Il tempio della strega, Il risveglio della fredda oscurità, dodici completi, sette armi e trentacinque Carte Spedizione.

Chiudiamo la recensione, prima di passare alla parentesi trofeistica, facendo un plauso agli sviluppatori per il lato tecnico di Rise of the Tomb Raider, pregevolissimo e addirittura emozionante per alcuni scorci paesaggistici o per le animazioni facciali (aggiungiamo che un upgrade ulteriore è in arrivo in occasione del rilascio di PlayStation 4 Pro); molto buona anche la versatile colonna sonora, capace di mantenersi sempre su buoni livelli, così come il doppiaggio, convincente e, last but not least, localizzato in lingua italiana.

Trofeisticamente parlando: Platino ventennale

Sono una mezza infinità le coppe virtuali di Rise of the Tomb Raider in versione PlayStation 4, anche perché i DLC aumentano la longevità a dismisura, fino a cinquanta ore di gioco. Per fortuna non stiamo parlando di una cammino verso il Platino troppo difficoltoso, visto che basterà completare la storia a difficoltà Sopravvivenza (cosa fattibile anche alla prima run), e poi eseguire un clean-up di missioni e collezionabili, per ottenere il trofeo azzurro. Fate molta attenzione solo al DLC Baba Jaga: stando a quanto si dice in giro, allo stato attuale delle cose, questo compromette l’ottenimento di alcuni trofei presenti nel gioco base, dunque completatelo solo nel post-game!

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.

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