Shaq Fu: A Legend Reborn – Recensione

Sviluppatore: Big Deez Production Publisher: Mad Dog Games Piattaforma: PS4 Genere: Picchiaduro a Scorrimento Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 23,99 € Italiano:

Era il lontano 1994 e su Sega Mega Drive e Super Nintendo nacque l’originale Shaq Fu, un insolito picchiaduro in due dimensioni con protagonista il noto (all’epoca non ancora) ex-giocatore di basket Shaquille O’Neal. Nel tentativo di creare qualcosa di strano e frizzante, però, qualcosa andò storto, e Shaq Fu si aggiudicò l’epiteto di uno dei peggiori videogiochi mai creati di tutti i tempi, tanto da farlo diventare un cult. Tra gli annunci dei grandi classici in versione rimasterizzata, tra Crash Bandicoot, MediEvil o Spyro per citarne alcuni, ormai è risaputo… siamo nell’era dei revival. Poteva dunque Big Deez farsi scappare l’occasione di riesumare un titolo così famoso (anche se per i motivi sbagliati)? Certo che no.

So bad it’s so good

La storia di Shaq Fu: A Legend Reborn, per fortuna, si distacca da quella narrata nel 1994, pur mettendo ancora una volta Shaquille O’Neal al centro dell’attenzione. Il mondo è sull’orlo della distruzione a causa della misteriosa venuta di un demone, e le celebrità più importanti del momento rivelano il proprio volto con l’intento di schiavizzare l’intera umanità. Il prescelto è l’unico in grado di eliminare la grande minaccia, e questo è Shaq Fei Hung, un orfano cinese con una strana voglia sul collo che viene addestrato da un grande maestro delle arti marziali.

Shaq si ritroverà costretto ad abbandonare la sua monotona quanto spensierata vita per viaggiare nel mondo, dalla Cina all’Occidente, per eliminare le malvagie celebrità e salvare l’umanità da schiavitù certa, prendendo a calci tutti i seguaci demoniaci e, perché no, rompere più volte la quarta parete con una buona dose di comicità e autoironia. La trama non è certo delle più originali, e infatti persino i personaggi ne deridono la banalità, ma è presente e assurda quanto basta per darci motivo di proseguire con il gioco. Un vero peccato per la longevità esigua, ossia di circa tre ore. Ciò, considerando che la modalità principale è anche l’unica presente nell’intero titolo, ci farà riporre il gioco sullo scaffale dopo sole un paio di sessioni.

The rim breaker

Shaq Fu: A Legend Reborn si presenta come un classico picchiaduro a scorrimento, stavolta in 2.5D. All’inizio del gioco, dopo un breve filmato introduttivo, verremo catapultati nel primo stage dove, nelle sezioni iniziali, ci sarà un esaustivo tutorial su tutte le meccaniche di gioco. Oltre al colpo base eseguibile con il tasto Quadrato, Shaq potrà servirsi dei suoi giganteschi piedi con il tasto Cerchio (mossa che prende il nome di Attacco 57) proiettandone il movimento su larga scala durante una combo per infliggere ingenti danni ai nemici. Il protagonista può anche eseguire un breve scatto verso gli avversari per stordirli e farli ammassare, e ancora potrà scaricare tutta la sua furia colpendo violentemente il terreno ed eliminare le persone circostanti. Questi ultimi due attacchi consumano due barre specifiche, che si ricaricheranno colpendo i nemici.

A queste si aggiungono l’eliminazione al rallenty, un’abilità dall’attivazione casuale che tramortisce un nemico con un solo colpo, e i contrattacchi, che consistono in quick time event. Alcuni tipi di nemici possono essere sconfitti solo in questo modo, pertanto bisognerà stare attenti a chi si ha di fronte; ad esempio, per affrontare i demoni armati di frusta bisognerà prima stordirli con uno scatto, quelli armati di scudo con l’Attacco 57 e altri armati di manganello solo con i pugni normali. Oppure basterà raccogliere gli oggetti da terra, che elimineranno con pochi colpi anche i nemici più difficili da buttar giù e come se non bastasse, dopo pochi secondi, l’oggetto ritornerà magicamente al proprio posto anche dopo la sua distruzione, sputando sul concetto di conservazione degli oggetti ambientali caratteristico dei classici giochi da cabinato.

Completamente assente qualsiasi tipo di power-up fisico; il nostro Shaq rimarrà con la medesima forza dall’inizio alla fine e sarà impossibile spendere i punti accumulati durante gli stage (che, tra l’altro, non fanno nemmeno classifica). L’unico potenziamento, se così si può definire, lo si vede durante i segmenti Diesel Shaq e Shaqtus, delle aree in cui affronteremo centinaia e centinaia di nemici, armati di robot, o, che ci crediate o no, vestiti da cactus, in riferimento a uno dei molteplici soprannomi di Shaq, The Big Cactus. Durante le fasi Diesel Shaq il gameplay vede un minimo di cambiamento; tenendo premuto il tasto Quadrato sferreremo delle raffiche di pugni infinite, le quali andranno a riscaldare il motore del robot, che raffredderemo con un attacco devastante con il tasto Cerchio. La fase Shaqtus è una variante di quest’ultima, in cui lanceremo spine a più non posso addosso ai nostri avversari da lontano.

Avanti il prossimo. Scherzavo.

Il gameplay nel complesso è fruibile, immediato e per nulla complicato, anche se si sente un po’ troppo la mancanza delle variazioni di combo. La vera nota negativa sta nei nemici da affrontare: migliaia, ma poco diversificati. Ci ritroveremo contro interi eserciti di nemici, e avendo poche tecniche a disposizione il gioco diventa estremamente ripetitivo in fretta; passeremo la maggior parte del nostro tempo a raccogliere oggetti con cui massacrare nemici senza provare il minimo divertimento. Gli stessi avversari causeranno cali di frame rate dovuti all’eccessivo affollamento e, come se non bastasse, di tanto in tanto romperanno il gioco; nel corso delle nostre partite abbiamo dovuto riavviare dal checkpoint almeno un paio di volte, perché impossibilitati a muoverci in quanto accerchiati da nemici o perché siamo sprofondati inspiegabilmente al di sotto dello scenario.

La ripetitività e la mancanza di mordente colpiscono anche lo scontro con i boss. Si tratta di battaglie leggermente diverse dal solito, in cui bisognerà (o forse no, se abili abbastanza con l’Attacco 57) ideare una strategia per cogliere alle spalle il nemico e colpirlo ripetutamente, oppure, in alcuni casi, basterà tirar loro contro barili, e il gioco è fatto. Frenesia a livelli minimi. Apprezziamo d’altro canto le abilità speciali dei boss, i quali cambieranno pattern e diventeranno più pericolosi, ma non mancheranno segmenti completamente casuali in cui ci ritroveremo a ballare nel bel mezzo dello scontro.

Una nota negativa grossa tanto quanto il nostro devastatore di canestri è la completa assenza di un comparto multigiocatore. Il gioco è esclusivamente in single player, nessun multiplayer online né quantomeno locale. Un inaspettato passo indietro rispetto alla sua versione originale è anche la scelta del personaggio con cui giocare: mentre in alcune versioni era possibile impersonare addirittura sette personaggi, A Legend Reborn resta fisso su Shaq (se escludiamo il DLC fresco d’uscita Barack Fu, in cui impersoneremo l’ex-presidente degli Stati Uniti).

Una bella ripulita

Nonostante la terribile esecuzione, Shaq Fu: A Legend Reborn mostra i muscoli in ambito grafico e musicale. Gli scenari hanno un design vivace, colorato e a tratti cartoonesco, in linea con il semplice motore grafico utilizzato, che ha fatto breccia nel nostro cuore grazie agli effetti speciali ambientali… addirittura il terreno resta perennemente distrutto se colpito. Brillanti i character design: originali, assurdi e spassosi modelli realizzati anch’essi in stile fumettistico.

Tutte le azioni hanno suoni esagerati degni di un cartone animato; il doppiaggio è divertente e ben riuscito e le musiche sono estremamente accattivanti, grazie a una colonna sonora di tutto rispetto capitanata dalla main theme, cantata dal rapper Big Diesel, e da alcune hit parade del calibro di Beat it di Michael Jackson per le boss fight.

Trofeisticamente parlando: Shaq vale così poco?

Il triste elenco trofei di Shaq Fu: A Legend Reborn ci propone ventuno coppe di bronzo, senza nessun Platino, oro o argento. Per ottenerli tutti bisognerà essenzialmente finire il gioco ed eliminare una buona quantità di nemici con gli oggetti, oltre a farne fuori altri seicento nei panni di Diesel Shaq e lanciare cinquecento spine in forma Shaqtus. Si tratta di un 100% noioso e facile da ottenere, che potrebbe costringervi a ripetere alcune sezioni del gioco per accumulare uccisioni.

VERDETTO

La simpatia che suscita Shaq Fu: A Legend Reborn non basta a giustificare la tremenda esecuzione del gameplay. Ci sono troppi nemici, tanti bug e poca varietà; non è un brutto gioco, ma è sicuramente ripetitivo e noioso. Apprezziamo il comparto grafico e il sonoro, punti forti della produzione, ma non abbastanza da far meritare la sufficienza al titolo, che inoltre non rispetta il rapporto qualità-prezzo al lancio. Ci sentiamo di consigliarlo solo se in forte sconto e ai fan di Shaq Daddy.

Guida ai Voti

Andrea Letizia
Cresciuto a pane, Kamehameha e Crash Bandicoot, inglesizzato grazie a Kingdom Hearts. Grande amante degli action RPG e dei platform, dei cani e del wrestling.